Blocco dei contratti. Per i pubblici dipendenti (dipendenti regionali compreso) la Grecia è dietro l’angolo

Siamo in Grecia senza manco accorgercene.

Abbiamo assistito a ciò che accadeva dall’altra parte dello Jonio in maniera distratta, quasi assente, consapevoli di aver in noi, nel nostro sistema, gli  anticorpi efficaci per evitare che tutto ciò che vedevamo in tv potesse accadere; ebbene, ci sbagliavamo di grosso: il crollo di quello che un tempo veniva chiamato “ceto medio”, alimentato da milioni di impiegati pubblici che riuscivano, pur con attenzione ad arrivare con dignità alla fine del mese, cambia il profilo e l’essenza stessa di questo Paese. Toglie dignità a chi, in nome dello Stato, ne esercita funzioni e ne regola l’attività.

Blocco dei contratti. Ecco a quanto ammonta, mediamente, la perdita annua.

2.575 euro all’anno a regime in meno per gli impiegati degli enti locali, che con il loro stipendio medio inferiore ai 28mila euro lordi annui sono sul gradino più basso della categoria. Per i loro colleghi di Palazzo Chigi, che di euro ne guadagnano in media quasi 43mila, la tagliola vale a regime poco meno di 4mila euro, e le cifre crescono ovviamente man mano che si sale la scala gerarchica delle amministrazioni.

Il sacrificio è permanente, perché le norme escludono espressamente ogni possibilità di recupero di quanto perso alla ripresa dei rinnovi. Ma a rendere “eterna” la sforbiciata sono anche i suoi effetti sugli assegni previdenziali, in particolare per chi va in pensione in questi anni: chi si avvicina all’uscita oggi ha circa la metà della pensione calcolata con il sistema retributivo, e sconterà sull’assegno circa l’80% del costo complessivo del blocco.