La differenza tra “andare al lavoro” e il lavoro. Compresa questa, si comprende a cosa serva lo smart working

Tratto da blOgLIVERI

Non si risponde mai alla domanda “domani che fai?” non “lavoro”, ma “vado a lavorare”. “Andare a lavorare” è un endiadi; si considera che si lavora se si “va” nella specifica sede ove lavorare: la terra da coltivare, la fabbrica, l’ufficio. Spesso è l’azione di “andare” a lavorare che, nel pensare comune, qualifica il lavoro. “Come sono stanco: ho messo un’ora ad andare e un’ora a tornare dal lavoro”. Non stanca tanto il lavoro, quanto l’azione di andarci. Questa viene raccontata e vissuta come sacrificio. O come “nobilitazione” dell’azione lavorativa. Sulla base di questa visione, tanto radicata quanto fuori tempo, si pensa che se non si “va” a lavorare, ma semplicemente si lavora, non sia lavoro, sia un privilegio. Per qui, un’avversione che è culturale, anzi, sotto-culturale, allo smart working. Infatti, con il lavoro agile, specie se da casa, non “si va”. Non conta quel che si fa, per molti. Conta la fatica per andare a “timbrare”. Quel che accade tra una timbratura e l’altra può anche non contare, se si è “andati”. Una sub-cultura che, forse, l’emergenza contribuirà a sradicare e a far capire che il lavoro vecchio stile è cambiato ed anche la sua regolamentazione e, soprattutto, concezione devono cambiare.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

5 Risposte a “La differenza tra “andare al lavoro” e il lavoro. Compresa questa, si comprende a cosa serva lo smart working”

  1. X Salvo forse non e’ informato relativamente ai prepensionamenti.
    Prima considerazione non si tratta di prepensionamenti, relativamente al contratto 1. poiche’ il personale aveva gia’ abbondantemete superato la data del pensionamento ,pre fornero, quindi doveva gia’ essere in pensione secondo la normativa con 36 anni di servizio e 60 di eta’. Grazie alla fornero si è rimesso tutto in discussione, dopo aver progettato , alcuni essersi indebitati, per poi vedere cambiato da un giorno all’altro il loro diritto acquisito.
    L’eta’ media di chi è stato come dice lei prepensionato e’ di 64/65 anni, nonchè 38/40 di servizio.
    Quindi non è stato un privilegio ma un danno. Tanto piu’ che si è dovuto anche rinunciare al 10% dell’assegno.
    Secondo Il .T.F.R. nessuno lo ha percepito prima dei 67 anni, io ne ho 68 ed ancora dovro’ aspettare un altro anno.
    Io non ho mai parlato di privilegi, ma di condizioni favorevoli rispetto ad altri che ci dovrebbero far riflettere, sulle vere priorita’ che il momento impone.
    Molti ragazzi ,nostri figli o parenti, laureati ,diplomati e non ,sono in mezzo una strada, o lavorano in nero o a contratti a termine, con 600 euro al mese. Non esistono piu’ concorsi per le amministrazioni pubbliche o leggi che hanno permesso , come è successo a noi , per poter ambire ad un posto che garantisce, un futuro dignitoso.
    Quindi ripeto non parlo che siamo privilegiati, ma sono dell’opinione che dovremmo mettere , almeno in periodi come questi, in secondo piano le nostre richieste, magari legittime ma non di vitale importanza.
    Infine non ho mai detto che ‘ il lavoro agile è un privilegio, ma solo che lo ritengo dannoso per i motivi gia’ esposti, , ma che non diventi una modalita’ definitiva.
    Chiaramente lei è in servizio, ma mi creda andare in pensione non è un privilegio, ma significa che il tempo inesorabilmente è passato, passera’ anche per lei.Vedra il mondo sotto un’altra dimensione.cordialmente.

  2. Signor Sansone,
    Seguo il blog anche se non scrivo quasi mai, ma, a questo punto una domanda nasce spontanea: ma per i dipendenti pubblici è un privilegio solo il lavoro agile? Come mai non ritiene privilegio il suo prepensionamento che da quello capisco è avvenuto abbondantemente prima dell’età prevista dal privato? Come mai non considera un privilegio la sua buonuscita che reclama a gran voce prima dei 67 che avrebbe dovuto maturare in servizio?
    I ragionamenti vanno fatti per intero e non a trasi e niesci.

  3. Ma volete veramente la guerra civile.
    Vi rendete conto che aumentate a dismisura il divario tra privato e pubblico?
    Avete un po’ di rossore in faccia, rispetto a quelli che durante il picco della pandemia vi hanno garantito la sopravvivenza, sanitaria , alimentare ecc………rischiando veramente la vita, con stipendi nella maggior parte dei casi con stipendi inadeguati se non da fame.
    Noi dipendenti pubblici siamo, almeno sino ad oggi garantiti da uno stipendio , basso ad alto che sia sicuro.
    Non abbiamo subito nessun disagio economico, anzi a volte siamo riusciti a risparmiare non avendo possibilita’ di spesa a discapito dei commercianti costretti a chiudere.
    Adesso se nessuno si alza per andare a lavorare, non solo chiudono altre categorie, bar, paninerie, mense, ma saremo oltremodo additati come fannulloni piu’ di prima.
    Cerchiamo di non continuare ad alimentare questo odio che esiste da secoli contro il dipendente pubblico, una volta ingiustificato, oggi non piu’ se si continua questa strada pericolosa del lavoro a casa.

  4. Levando il periodo attuale perche’ c’e’ il rischio di contagio, ma veramente volete morire seduti in una sedia davanti adn un coputer?
    Andare a lavoro è attivare il gli arti inferiori superiori, attivare il cuore, non solo con il movimento, ma con senzazioni, emozioni di conoscere un nuovo/a collega, un nuovo dirigente.
    Andare a lavoro è formarsi professionalmente, giorno per giorno.
    Ma veramente vi siete laureati, diplomati o semplicemente superato la scuola d’obbligo per chiudervi in quattro mura, senza avere contatti umani.
    Professionalita’ significa confrontarsi con il collega della porta accanto, ricevere l’utente, confrontarsi con il dirigente ,tale perche’ raccomandato, o perche’ è veramete una tua guida.
    Vero e’ bisogna rendere piu’ efficenti i trasporti, meno inquinanti, ma non bisogna abolirli poiche’ sedi di vita quotidiana, di sguardi, di incontri tra generi diversi, di commenti, di fonti di riflessione, per scrittori, giornalisti, attori, professionisti dello spettacolo, pittori ( vedi la vucciria).
    Gli incontri sono vita la sedia è la morte fisica e celebrale.
    Non capisco questo accanimento dei sindacati che difendono con accanimento questo sistema di lavoro , forse perche’ gia’ ne sono vittime?

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