Referendum costituzionale. Sì avanti di un soffio ma in netto calo

Repubblica_dell'11_luglio_2016
Repubblica dell’11 luglio 2016. Per scaricare l’articolo dal sito dell’Ars, clicca sopra l’immagine

Referendum costituzionale. In crescita i No e gli indecisi che diventano un terzo degli elettori.

Il referendum sulla riforma costituzionale, che si svolgerà (probabilmente) nel prossimo autunno, ha cambiato e sta, progressivamente, cambiando di significato. Di contenuto.

In origine, mirava a dare legittimazione sociale alla riforma costituzionale che si propone di superare il bicameralismo paritario.

La riforma ha goduto, all’inizio, di un largo consenso popolare. Così Matteo Renzi l’ha utilizzata per altri fini, oltre a quello originale e originario. In primo luogo: per caratterizzare l’azione del suo governo. Un governo “riformatore”. In secondo luogo, per rafforzarne il sostegno, attirando settori di elettorato estranei e lontani. Non solo al PD, ma alla politica.

Il ridimensionamento dei poteri del Senato e del numero di senatori, infatti, piace a molti italiani. Non solo per ragioni di “rendimento istituzionale”. Ma, ancor più, per ragioni “antipolitiche”. Perché tagliare una Camera e un buon numero di senatori, risparmiare sui “costi” dei “politici”: intercetta la diffidenza diffusa verso il “Palazzo”.

Annunciando l’intenzione di dimettersi, nel caso la riforma non venisse approvata, Renzi ha ulteriormente ri-definito il significato della consultazione. L’ha trasformata in un referendum (secondo Gianfranco Pasquino: un plebiscito) sul proprio governo e su se stesso. In questo modo il premier ha inteso non solo esercitare pressione sugli elettori. Ma “rimediare” al deficit di legittimazione che lo angustia.

In questo modo, però, come ho già scritto, Renzi ha politicizzato un referendum antipolitico. E ne ha eroso, in parte contraddetto, le ragioni che gli garantivano consenso.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir