Dipendente stressato risarcito anche se non mobbizzato

Tratto da ItaliaOggi.it

Il dipendente stressato dal clima teso con i colleghi ha diritto a essere risarcito anche se non è stato affatto mobbizzato. Il datore deve sempre preservare l’ambiente di lavoro da tensioni e incomprensioni.


l dipendente stressato dal clima teso con i colleghi ha diritto a essere risarcito anche se non è stato affatto mobbizzato. Il datore deve sempre preservare l’ambiente di lavoro da tensioni e incomprensioni. La Corte di cassazione – sezione lavoro, con l’ordinanza n. 4279 del 16 febbraio 2024, che potrebbe aprire la strada a una valanga di ricorsi, ha accolto la tesi di una impiegata. La vicenda riguarda una dipendente del Ministero ma il principio affermato può essere esteso a qualunque azienda. In fondo a una lunga quanto interessante motivazione, gli Ermellini hanno affermato che «in una causa avviata dal lavoratore per lamentare un danno da dequalificazione professionale, il lavoratore ha l’onere di allegare le mansioni effettivamente svolte, nonché il comparto di appartenenza e il proprio livello di inquadramento, mentre è dovere del giudice porre a raffronto tali dati con la contrattazione applicabile, per verificare la fondatezza o meno dell’assunto secondo cui l’attività non sarebbe stata coerente con l’inquadramento formale. Di più. In caso di accertata insussistenza dell’ipotesi di mobbing in ambito lavorativo, il giudice del merito deve comunque accertare se, sulla base dei medesimi fatti allegati a sostegno della domanda, sussista un’ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per non avere adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano possibili e necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore; su quest’ultimo grava l’onere della prova della sussistenza del danno e del nesso causale tra l’ambiente di lavoro e il danno, mentre grava sul datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le misure necessarie». In altre parole, «è illegittimo che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori, lungo la falsariga della responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l’esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute, cioè nociva, ancora secondo il paradigma di cui all’art. 2087 cod. civ.». La Cassazione non ha ancora chiuso definitivamente il sipario sulla vicenda. Ha infatti bocciato la decisione di merito invitando i giudici a celebrare un altro appello con il quale riconoscere il ristoro alla lavoratrice.