Con i conguagli negativi nella busta paga di febbraio in tanti si stanno interrogando sulla portata della riforma fiscale (taglio del cuneo fiscale e riforma dell’irpef con il passaggio da 4 a 3 scaglioni)

Vi ripropongo un paio di articoli che ho pubblicato nei mesi scorsi relativi al taglio del cuneo fiscale e alla riforma del fisco con il passeggio da 4 a 3 scaglioni.


Il “trucco” nel taglio (da luglio a dicembre) del cuneo fiscale: a pagare un miliardo sui 4 totali sono gli stessi lavoratori (con l’Irpef). Le simulazioni

Estratto da Il Fatto Quotidiano

Altro che il “tesoretto da 4 miliardi” di cui parla Giorgia Meloni nell’ormai famoso video sulle misure varate durante il cdm del Primo Maggio. Le risorse per il taglio del cuneo contributivo a carico dei dipendenti stanziate dal governo (in deficit) si fermano a 2,9 miliardi. Il resto, circa 1,1 miliardi, da dove arriva? Stando all’ultima bozza del decreto Lavoro sono le maggiori imposte che verranno versate dagli stessi lavoratori per effetto della riduzione dei contributi. I contributi infatti sono deducibili e all’aumentare dell’esonero sale la base imponibile su cui si applica l’Irpef. Risultato: stando alle prime simulazioni della Cgil, chi guadagna intorno a 20mila euro lordi l’anno da luglio avrà un beneficio aggiuntivo di circa 59 euro al mese. Sommando i circa 45 euro previsti dal taglio del cuneo già in vigore, si arriva a oltre 100. Ma il beneficio netto si fermerà a una settantina di euro totali. Per chi ha una retribuzione lorda di 15mila euro il vantaggio complessivo si fermerà invece a 62 euro perché quasi 20 se li mangerà il fisco.

A prima vista è una beffa non da poco. Ma il meccanismo non è certo nuovo: funziona sempre così quando invece che “tagliare le tasse” – come la premier rivendica di aver fatto – si agisce sulla parte di cuneo relativa alla contribuzione che va a finanziare la previdenza.


Riforma dell’Irpef: si passa da 4 a 3 scaglioni. Ecco chi saranno i vincitori e i perdenti

Il governo Meloni procede spedito sul fisco e un passo importante è stato il via libera del Parlamento al disegno di legge delega sulla riforma fiscale che come obiettivo ha la riforma dell’Irpef (l’Imposta sul reddito delle persone fisiche) e l’introduzione della flat tax, ovvero dell’aliquota unica per tutti i contribuenti. Prima di arrivare al traguardo si passerà però da una fase intermedia che prevede una revisione degli scaglioni di imposta e delle rispettive aliquote. A cui dovrà anche aggiungersi una revisione di detrazioni e deduzioni fiscali (note anche come tax expenditure).

La riforma Draghi: da 5 a 4 scaglioni 
Il processo di revisione dell’Irpef è già iniziato con il precedente governo Draghi che ha ridotto gli scaglioni da 5 a 4. Il governo in carica intende rapidamente passare a 3 scaglioni. I dettagli della riforma ancora non si conoscono. Circolano solo delle ipotesi e quella più accreditata è quella messa a punto dalla Ragioneria di Stato. La più accredita per il semplice motivo che mettere le mani sul fisco ha un costo (la riforma di Draghi sopra accennata è costata ben 8 miliardi di euro) e come noto i conti pubblici italiani sono in perenne sofferenza.

Il punto su scaglioni e aliquote attuali 
Prima di passare all’ipotesi della Ragioniera di Stato è utile ricordare lo stato dell’arte ovvero gli scaglioni e le aliquote attuali. La prima fascia di tassazione (fino a 15 mila euro di reddito) prevede un prelievo del 23%. La seconda (da 15 a 28 mila) un’aliquota del 25%. La terza (da 28 a 50 mila) del 35% e infine la quarta (sopra i 50 mila) del 43%.

Scaglioni e aliquote della riforma Meloni 
Come detto il governo Meloni intende arrivare a tre fasce di reddito e l’ipotesi più probabile prevede l’accorpamento del secondo e del terzo scaglione in un’unica fascia. Dunque una sola aliquota da 15 a 50 mila euro di reddito da tassare al 27%. E’ evidente che il guadagno maggiore lo avrebbero i contribuenti compresi tra i 28 e i 50 mila euro che vedrebbero scendere la tassazione di ben 8 punti percentuali (dall’attuale 35 al 27%). Ad essere penalizzati sarebbero invece i redditi fino a 28 mila euro (la prima fascia non viene toccata mentre dai 15 ai 28 si avrebbe un inasprimento fiscale di 2 punti percentuali).

L’impatto della riforma in termini quantitativi (ovvero in soldoni)
Sempre con riferimento all’ipotesi di riforma della Ragioneria di Stato il Corriere della Sera ha fornito anche delle stime quantitative (ovvero in soldoni) degli effetti per diverse fasce di guadagno. Un reddito di 20 mila euro oggi versa 4700 euro di Irpef, con la riforma Meloni ne pagherebbe 4800 con un aggravio di 100 euro ovvero del 2,13%. Un reddito di 35 mila euro pagherebbe 8850 euro (contro i 9150 euro di oggi) con uno sgravio di 300 euro (-3,28%). Un reddito di 50 mila euro passerebbe dai 14400 euro di oggi a 12900 euro, con un risparmio di ben 1500 euro (-10,42%). Infine un reddito di 60 mila euro passerebbe dai 18700 di oggi a 17200 euro con uno sgravio di 1500 euro pari a -8,02%.

Conclusione: la riforma Meloni avvantaggia i redditi medio alti 
La conclusione è evidente: la riforma Irpef del governo Meloni avvantaggerebbe in particolare i reddito medio alti mentre i redditi più bassi avrebbero o vantaggi nulli (fino a 15 mila euro) oppure addirittura dei rincari. Come detto prima rimane però aperto il quadro delle tax expenditure ovvero la revisione delle detrazioni e delle deduzioni che potrebbe limare gli effetti distorsivi e riequilibrare i benefici. Un fatto oggettivo però si può già dire anche senza conoscere i dettagli della riforma: la via che porta alla flat tax è vantaggiosa soprattutto per i contribuenti più ricchi.