CGIL, CISL e UIL. Ovvero della serie “dopu ca a Santa Rusulia arrubbaru ci misiru a rara di ferru”

Il governo vuol licenziare 280.000 statali.

Sembrerebbe già ufficiale. È circa il 10% dei dipendenti pubblici.

Non c’è neppure bisogno di una nuova legge, basta e avanza la “Brunetta”.

Se ne stanno accorgendo ora anche i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL che, dopo avere consentito a questo e al precedente governo di fare il buono e il cattivo tempo sulla pelle dei lavoratori dipendenti, ora che è troppo tardi lanciano il grido di allarme.

Ho già affrontato questo argomento nel post del 24 marzo quando ho parlato dell’applicabilità dell’articolo 18 ai dipendenti pubblici.

In quel post ho scritto che “la disciplina del licenziamento per ragioni economiche è stata già introdotta da alcuni mesi nell’ambito del pubblico impiego, cioè dall’entrata in vigore della legge 183/2011 (c.d. legge di stabilità).

Tale legge ha modificato l’articolo 33 del citato D.lgs 165/01 introducendo una sorta di cassa integrazione per i dipendenti pubblici.

In sostanza l’art 33 del dlgs 165/2001, come modificato dall’art. 16 della legge 183/2011, prevede che nel caso in cui uno o più dipendenti siano dichiarati in esubero, in quanto non più utilmente impiegabili nell’ambito dell’organizzazione, né li si possa trasferire in altre amministrazioni, vengono messi «in disponibilità», cioè sulle soglie del licenziamento, per 24 mesi, nel corso dei quali percepiscono uno stipendio pari all’80% di quello precedente e sono vincolati ad accettare eventuali proposte di altre amministrazioni che intendano assumerli.

Le amministrazioni hanno l’obbligo di procedere necessariamente ogni anno alla rilevazione del personale in servizio, per verificare che non emergano casi di lavoratori in eccedenza.

In sostanza ogni datore di lavoro pubblico deve in modo continuativo, almeno ogni anno, controllare che la quantità dei dipendenti sia adeguata all’organizzazione e non vi siano eccedenze di personale. Se non lo fa è prevista una doppia sanzione:

  1. Le amministrazioni pubbliche che non adempiono alla ricognizione annuale non possono effettuare assunzioni o instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di contratto pena la nullità degli atti posti in essere.
  2. La mancata attivazione delle procedure di ricognizione da parte del dirigente responsabile è valutabile ai fini della responsabilità disciplinare.

Quindi, per il lavoro pubblico il licenziamento per ragioni economiche è da considerare già sussistente. BASTA APPLICARE LA NORMA!

Qualcuno potrebbe obiettare che la Regione Siciliana è a statuto autonomo e che sarebbe necessario un recepimento.

ERRORE!

Con la L.R.10/2000 la Regione Siciliana ha recepito il D.L. 29/93 e successive modifiche e integrazioni.

Corriere della Sera – Allarme dei sindacati per gli statali L’ipotesi di 276 mila esuberi

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

Una risposta a “CGIL, CISL e UIL. Ovvero della serie “dopu ca a Santa Rusulia arrubbaru ci misiru a rara di ferru””

  1. La responsabilità di tutto questo è IN LARGHISSIMA PARTE proprio dei sindacati confederali, che nei decenni passati hanno marciato, allineati e coperti assieme ai compagni di merenda del mondo politico, secondo deleterie logiche clientelari per perseguire interessi particolari ed egoistici. Se ne sono fregati tutti alla grande del bene della collettività (quello che hanno combinato nel mondo della scuola, ad esempio, è semplicemente DISASTROSO).
    Adesso che i nodi vengono al pettine, è chiaro che a farne le spese sono come sempre i più deboli. Ma quando un veicolo è lanciato a velocità folle e dietro La curva c’è un muro (quello che sta capitando oggi) evitare di sbattere è praticamente impossibile.
    Ragazzi!, ogni volta che penso che la maggioranza degli italiani ha consentito a Silvio Berlusconi di governare (si fa per dire) così a lungo questo Paese mi rendo conto dell’abisso in cui l’Italia è sprofondata. Risalire la china sarà durissimo. E, purtroppo, forse anche cruento.
    Quello che non vogliamo capire è che la Politica e il Sindacato (con le iniziali maiuscole) sono tutt’altra cosa. Quando giustizia, legalità, correttezza, onestà, lealtà, preoccupazione per la cosa pubblica prima che per “il mio orto”, torneranno nei posti d’onore che loro competono – oggi sono relegati nel sottoscala, chiusi a doppia mandata e “sorvegliati a vista” – e saranno percepiti da ciascuno come delle condizioni imprescindibili per costruire una società meravigliosa allora, forse, il tanto citato “benessere” avrà connotazioni e livelli tutt’affatto diversi di quelli attuali.
    Sapete però cosa penso?… Siccome è vero che “la storia è maestra di vita”, ma solo nel senso che insegna che nessuno impara mai da lei, non ho alcuna fiducia che ciò potrà MAI accadere.

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