L’ATTACCO AI DIPENDENTI PUBBLICI: IL “JOBS ACT” STRUMENTO PER LICENZIARLI (di Turi Comito)

Di Turi Comito

Della questione della riforma dello Statuto dei Lavoratori si fa un gran parlare in queste settimane dopo l’approvazione della Legge Delega al governo (conosciuta come “Jobs Act”) avvenuta in Senato la scorsa settimana. Presso i pubblici dipendenti questa riforma – i cui effetti si dispiegheranno nei prossimi mesi, dopo la definitiva approvazione alla Camera e la promulgazione delle leggi delegate governative – sta passando inosservata, nonostante gli elementi che rendono preoccupante la prospettiva che si va delineando.

Il contenuto della legge delega

Il governo Renzi metterà mano in particolare su questi tre temi: introduzione del contratto unico a “tutele crescenti” (che dovrebbe nel tempo ridurre la pletora di contratti atipici); modifica del già modificato art. 18 dello Statuto dei lavoratori, laddove il licenziamento per motivi economici dovrà prevedere un risarcimento per il lavoratore licenziato e non più il suo reintegro; modifica dell’art. 13 dello Statuto che concerne il cosidetto “demansionamento” ovvero la possibilità per il datore di lavoro di spostare ad altra mansione (inferiore e meno pagata) un lavoratore precedentemente assunto con qualifica e competenze superiori.

Esubero, demansionamento, licenziamento.

La questione del licenziamento per motivi economici e del demansionamento sollevano perplessità, in relazione ai lavoratori del settore privato che apparentemente  sarebbe quello più colpito da queste misure.

In realtà le cose stanno diversamente: il settore che verrà più colpito e in maniera estremamente pesante è quello pubblico, cioè i dipendenti dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e delle Società partecipate.

Il licenziamento per motivi economici e il demansionamento, presso il settore privato, a dispetto dello Statuto dei lavoratori, sono prassi assolutamente già praticate (con successo …) attraverso una serie di stratagemmi noti a tutti. Il licenziamento per motivi economici, ad esempio, è largamente praticato da quelle aziende che superano i 15 dipendenti attraverso la scissione delle aziende in più piccole unità economiche che stanno al di sotto di quella soglia senza quindi più dovere applicare l’art. 18 dello Statuto. Un’altra prassi è quella di procedere alla fusione di più aziende oltre i 15 dipendenti, rimodulare carichi di lavoro, competenze, piante organiche, ecc. in questo modo – quasi sempre – “scoprendo” che esistono “doppioni”, quindi esuberi, e procedendo al licenziamento per motivi economici con giustificato motivo.

Il “demansionamento” è prassi altrettanto diffusa il cui scopo è il taglio dei salari. Il meccanismo è abbastanza semplice e assai diffuso. Il datore di lavoro in difficoltà o che comunque vuole ristrutturare la propria azienda propone al dipendente ingegnere due soluzioni: il licenziamento oppure la conservazione del posto di lavoro ma con contratto diverso (in livelli inferiori).

Se, dunque, l’art. 18 e il demansionamento non hanno mai veramente rappresentato (almeno negli ultimi venti anni) un problema per il settore privato, per quale motivo questo “accanimento” nel volerli modificare? La risposta appare semplice: perché quei due articoli trovano pressoché totale integrazione nel settore dei dipendenti pubblici.

Un passo indietro per capire meglio.

Nel marzo di quest’anno – ben prima, dunque, della polemica estiva sulla riforma dello Statuto dei Lavoratori – il Commissario alla “Spending Review”, Carlo Cottarelli, aveva individuato un risparmio per le casse dello Stato di circa 3 miliardi di euro per il 2016 bloccando le nuove assunzioni nel pubblico impiego. Allo stesso tempo aveva “scoperto” circa 85mila esuberi nello stesso settore.

Poichè il blocco delle assunzioni è già in vigore da tempo nella P.A., il commissario puntava evidentemente all’esubero, proponendo due possibili soluzioni per liberarsi di questa “zavorra”.

La prima era quella del “collocamento in disponibilità” del personale in eccesso (praticamente la Cassa integrazione) e la seconda era quella di un incentivo in denaro una tantum per chi volesse “abbandonare” la P.A.

Queste ipotesi di lavoro, come si vede, erano già previste e proposte ben prima della legge delega di cui si parla in queste settimane. Il che significa che quando le leggi delegate del Governo Renzi entreranno in vigore il primo settore in cui verranno applicate sarà la P.A. laddove, cioè, il governo è il datore di lavoro ed è impossibile delocalizzare (almeno per il momento) e procedere al demansionamento per tagliare i salari.

In conclusione

Le ipotesi di tagli alla P.A. di Cottarelli sono relative all’apparato statale e alle Regioni a Statuto ordinario poiché la competenza per il personale nelle Regioni a Statuto speciale è di competenza di tali Regioni appunto. Ma, come sempre e come ovvio, inutile farsi illusioni: quando quei provvedimenti diventeranno legge si applicheranno ovunque.

E, almeno secondo molti, “finalmente” anche i lavoratori del Pubblico impiego verranno colpiti dai licenziamenti di massa. Perché, lo si può constatare facilmente, i pubblici dipendenti, dopo oltre un decennio di becera propaganda, sono considerati dall’opinione pubblica, addomesticata a dovere, non lavoratori ma “parassiti”, non titolari di legittimi diritti ma “privilegiati”, inefficienti e fannulloni.

E’ montato l’odio sociale contro i dipendenti pubblici senza considerare che l’inefficienza della P.A. – laddove esiste e non è né ovunque né sempre – è prima di tutto il frutto di decenni di scempi legislativi, di mancato ammodernamento delle infrastrutture, di ridicola “formazione”.

In questo contesto, con un “odio sociale” verso i dipendenti pubblici sempre più organizzato, l’applicazione del licenziamento per motivi economici e del demansionamento nella P.A. diventeranno da qui a qualche tempo non prospettive  ma realtà.

E’ per questo motivo che occorre un’immediata presa di coscienza da parte dei lavoratori del pubblico impiego per contrastare una (contro)riforma dello Statuto dei lavoratori con tutti i mezzi legittimi a disposizione. L’efficienza e la ristrutturazione della P.A. non passano attraverso i licenziamenti per “fare cassa” per il disastrato bilancio statale.

Conclusioni

Alla luce delle riflessioni sopra esposte è necessaria una seria riflessione su questi argomenti per  fare fronte contro questo progetto che bisogna contrastare con tutti gli strumenti sindacali disponibili.

Per approfondire:

 

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir