Nella PA serve una (l’ennesima) svolta «imprenditoriale» dopo il fallimento delle precedenti?

Scrive il Valotti sul Corriere della Sera:

Serve imprenditorialità. Proprio di questo abbiamo bisogno. L’imprenditore, quello bravo, si assume il rischio e la responsabilità, è diverso dagli altri perché sa spingere e convincere, non attende che tutti i pezzi del mosaico siano al loro posto, prima fa e poi ricompone, ha ottimismo, a volte un filo di incoscienza, ma trasmette entusiasmo e voglia di fare.


Ottima la risposta fortemente critica di Luigi Oliveri sul suo blog.

Tratto da blOgLIVERI

Ancora la trita, ritrita, stanca, avariata teoria delle riforme della PA in salsa imprenditoriale alle vongole

Dopo trenta anni di “riforme” della pubblica amministrazione ispirate al New Public Management e all’imprenditorialità “aglio e ojo”, tutte inesorabilmente fallite, ancora i giornali ospitano gli alfieri di questa idea stantia, avariata e inefficace.

E’ il caso del Corriere della sera del 31.1.2021, che dà spazio ad uno dei principali co-autori dell’allora Ministro Brunetta nella formulazione di una tra le più inefficaci e controproducenti riforme della PA, omonima dell’allora inquilino di Palazzo Vidoni.

Si tratta di Giovani Valotti, pronto a ripetere, come un disco rotto, una formula totalmente vuota, come si fosse ancora all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso: “In effetti, c’è un termine che suona strano, quando applicato alla politica e alle istituzioni. Questo termine è imprenditorialità. Eppure proprio di questo abbiamo bisogno. L’imprenditore, quello bravo, si assume il rischio e la responsabilità, è diverso dagli altri perché sa spiegare e convincere, non attende che tutti i pezzi del mosaico siano al loro posto, prima fa e poi ricompone, ha ottimismo, a volte un filo di incoscienza, ma trasmette entusiasmo e voglia di fare“.

Oggettivamente, cadono le braccia.

Sarebbe interessante chiedere al Valotti se pensa di poter, dunque, gestire, solo per fare qualche esempio:

  1. un’espropriazione, col sorriso e l’ottimismo, spiegando e coinvolgendo e, soprattutto, prima acquisendo forzosamente il bene e poi “ricomporre”. Assumendosi la “responsabilità”, che poi, oltre alla propria personale, sarebbe quella di un danno civile aggiunto ad un danno erariale e ad un contenzioso infinito. Chissà quanti sorrisi ed entusiasmi, poi, esprimeranno vogliosi e baldanzosi quelli che dovranno gestire, dopo chi con mentalità “imprenditoriale” abbia avviato un’espropriazione senza attendere i pezzi del mosaico, dovendo affrontare anche le pastoie di norme già difficili da comprendere agli esperti, ma evidentemente del tutto ignote ai propugnatori della caricatura dell’imprenditorialità nella PA(1);
  2. l’organizzazione di una manifestazione di piazza per vedere una finale di Champions, col sorriso e l’ottimismo, spiegando e coinvolgendo, e soprattutto, organizzandola in modo molto imprenditorialmente veloce, senza un piano formalizzato di evacuazione(2). Chiedere, per capire, al sindaco di Torino;
  3. la programmazione delle assunzioni, col sorriso e l’ottimismo, spiegando e coinvolgendo e, soprattutto, assumendo prima ancora di sapere se sono disponibili le necessarie risorse. Sempre che si riesca a comprendere come calcolare quelle risorse(3);
  4. la gestione della contabilità pubblica, per sua stessa natura tale da indurre a sorriso ed ottimismo, spiegando e coinvolgendo. E’ certamente e sicuramente molto imprenditoriale spendere senza aver prima impegnato la spesa, imputandola nelle annualità di competenza grazie al chiarissimo principio della “contabilità potenziata”, senza sottoscrivere un contratto e rinviando tutto a dopo. Tanto, basta ricomporre, no?(4)
Potremmo continuare, pensando a quanto siano utili per affidare un appalto, redigere un piano triennale della prevenzione della corruzione, inviare le cartelle esattoriali, erogare la cassa integrazione, attivare i miliardi di accorgimenti previsti dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali, emettere ordinanze ingiunzione per le sanzioni amministrative e così via l’ottimismo, lo spiegare, il convincere. E, soprattutto, l’agire prima e ricomporre poi. Secondo l’esempio molto imprenditoriale dell’allora commissario all’Expo che per l’appalto della piattaforma prima aggiudicò fuori termine e poi “ricompose” retrodatando il provvedimento. Un atto molto imprenditoriale, che però si chiama falso in atto pubblico. Ecco, forse l’imprenditorialità ai quattro formaggi altro non è che il confidare nella prescrizione…

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir