Novità e conferme sul fronte pensionistico per il 2022

Tratto PAmagazine

Il 2022 arriva con diverse novità sul fronte previdenziale. Dopo tre anni di sperimentazione Quota 100 è stata accantonata e, in attesa di una riforma più organica del sistema pensionistico, il governo ha operato alcune modifiche. Vediamo sinteticamente il nuovo panorama.

Pensione di vecchiaia

A partire dal primo gennaio, la pensione di vecchiaia si raggiunge sempre a 67 anni di età, come nel 2021. E la soglia dell’età pensionabile, frutto della riforma Fornero, vale per uomini e donne, dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi. Occorre anche un minimo di 20 anni di contributi.

Pensione anticipata

L’anzianità contributiva richiesta per il pensionamento anticipato, nel 2022, è uguale a quella dei due anni precedenti: è differente per gli uomini e per le donne. I lavoratori, a prescindere dal settore, devono raggiungere i 42 anni e dieci mesi di contributi. Le lavoratrici, anche in questo caso a prescindere dal settore, devono raggiungere i 41 anni e dieci mesi di contributi.

Quota 102

E’ la novità più rilevante inserita nella manovra per superare Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) scaduta il 31 dicembre scorso. In sostanza, per il 2022 (ma  solo per il 2022) sarà possibile lasciare il lavoro in anticipo con 38 anni di contributi e 64 anni di età. Ma si tratta di una misura-ponte in attesa che venga definita una soluzione più strutturale e stabile per gli anni successivi.

Ape sociale

Prorogato di un altro anno e ampliato (ad altre otto categorie di lavori gravosi in aggiunta alle 15 previste) il meccanismo d’uscita. L’anticipo si può ottenere dai 63 anni, con 30 anni di contributi, per coloro che si trovano in condizioni di disagio: disoccupati, coloro che assistono familiari disabili, persone con invalidità pari almeno al 74% e coloro che, con 36 anni di contributi, svolgono lavori gravosi. Per gli edili gli anni di contributi richiesti sono calati a 32. Nelle categorie di lavoratori con mansioni gravose rientrano da quest’anno anche gli insegnanti della scuola materna (maestre e maestri), portantini, giardinieri, i lavoratori delle pulizie, i conduttori di veicoli, macchinari mobili e di sollevamento. Oltre a coloro che vi rientravano in passato come operai edili, autisti di mezzi pesanti, badanti, infermiere ospedaliere, macchinisti, addetti alle pulizie.

Anticipo precoci

Prorogato per un altro anno (ma senza ampliamento delle categorie) anche l’anticipo per i precoci, i lavoratori che hanno cominciato a lavorare durante la minore età. E che possono accedere alla quota 41, a patto che prima dei 19 anni abbiano lavorato per almeno 12 mesi e che rientrino nelle categorie disagiate valide anche per l’Ape sociale, ma senza l’estensione alle nuove aree delle mansioni gravose.

Opzione donna

Altri dodici mesi di proroga anche per la cosiddetta Opzione donna, che consente di lasciare il lavoro in anticipo alle lavoratrici che al 31 dicembre del 2021 avranno maturato almeno 58 anni d’età (59 se ‘autonome’) e 35 di contributi. Resta fermo che dovranno accettare il calcolo interamente contributivo dell’assegno: con un taglio di circa il 25-30 per cento dell’importo. Lavori gravosi Per i lavoratori che svolgono attività considerate gravose (15 categorie, le stesse stabilite per l’Ape sociale e per l’accesso anticipato

Inflazione

Dopo diversi anni di stop, le pensioni vengono riagganciate alla crescita dei prezzi. In linea generale il governo ha stabilito un aumento pari a +1,7 dal 1° gennaio 2022, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l’anno successivo. La perequazione delle pensioni consiste nella rivalutazione annuale degli importi dei trattamenti pensionistici per adeguarli all’aumento del costo della vita. A seconda dell’importo dell’assegno pensionistico, si applicano diverse percentuali di adeguamento all’aumento del costo della vita, in base a diverse fasce, calcolate in relazione al trattamento minimo. In particolare, al crescere dell’assegno si applicano percentuali decrescenti, stabilite dalla legge, secondo una gradazione che è stata più volte modificata nel corso degli anni. Per effetto di questo meccanismo, solo le quote più basse della pensione sono integralmente garantite contro l’inflazione, mentre le fasce più alte sono destinate a perdere progressivamente, almeno in parte, il loro potere d’acquisto. Nel dettaglio, le pensioni di importo fino a 4 volte il trattamento minimo (pari a quello del 2021 che è di 515,58 euro), cioè sino a 2.062,32 euro, otterranno l’incremento dell’1,7%; le pensioni superiori a 4 e fino a 5 volte il trattamento minimo Inps, cioè tra 2.062,33 euro e 2.577,90 euro, otterranno una rivalutazione dell’1,53%, ferma restando la rivalutazione all’1,7% dello scaglione sino a 2.062,32 euro. Le pensioni di importo superiore a 5 volte il minimo Inps, cioè oltre i 2.577,90 euro, otterranno un incremento dell’1,275%, ferma restando la rivalutazione dell’1,7% dello scaglione sino a 2.062,32 euro e dell’1,53% della fascia compresa tra 2.062,33 e 2.577,90 euro.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir