P.a. senza obblighi di assunzione. In caso di contratti a termine reiterati basta il risarcimento

ItaliaOggi dell’8 marzo 2018

Non violano la normativa europea le tutele per i lavoratori pubblici assunti con contratti a termine reiterati nel tempo.

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza nella causa C-494/16, conferma per l’ennesima volta la compatibilità dell’assetto normativo italiano con quello dell’unione in materia di risarcimento del lavoratore del settore pubblico «vittima» di abuso di contratti a termine. Ciò, però, a condizione che la normativa interna «sia accompagnata da un meccanismo di sanzioni effettivo e dissuasivo, ciò che il giudice nazionale dovrà verificare. A tal proposito, la Corte invita il giudice nazionale a tener conto non solo del sistema risarcitorio nei confronti del lavoratore ma anche del sistema sanzionatorio previsto nei confronti del dirigente pubblico responsabile del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato».

La sentenza respinge l’assunto del giudice del lavoro di Trapani che ha rimesso la questione alla Corte Ue relativa alla richiesta di stabilizzazione avanzata da una lavoratrice impiegata presso un comune per oltre 36 mesi. Il tribunale ha rilevato disparità di trattamento nelle tutele dei dipendenti a tempo determinato privati rispetto ai pubblici. Ai primi, infatti, è assicurata la trasformazione del rapporto in tempo indeterminato. Nel settore pubblico, invece, viene solo riconosciuto un risarcimento in termini monetari, perché nei ruoli pubblici si accede solo mediante concorso.

Tuttavia, secondo il tribunale di Trapani le tutele per il lavoratore pubblico sarebbero insufficienti. La legge consente di fatto solo un risarcimento compreso tra un minimo di 2,5 mensilità e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione (come nel privato); nonché un risarcimento per la perdita di chance favorevoli al reperimento di altre occasioni di lavoro a tempo indeterminato che, però, sarebbe connesso a una «probatio diabolica», cioè impossibile, in quanto il lavoratore dovrebbe dimostrare che, se l’amministrazione presso la quale ha lavorato con contratto a termine avesse regolarmente indetto un concorso, sarebbe risultato vincitore o, comunque, che talune possibilità di impiego alternative sono sfumate a causa della reiterazione dei rapporti a termine.

La Cgue respinge l’assunto, ribadendo che «gli stati membri hanno un margine di discrezionalità nella scelta degli strumenti per contrastare l’abuso dei contratti a termine e che il diritto dell’Unione non prevede alcun obbligo di far conseguire a detto abuso la stabilizzazione del rapporto di lavoro, sia esso pubblico o privato».

Allo stesso modo, gli stati membri sono liberi di prevedere, per l’abuso dei contratti a termine, conseguenze diverse nel settore pubblico e nel settore privato, né può essere invocato il «principio di equivalenza», che non viene violato dalla normativa italiana.

Anche il principio di effettività della tutela del lavoratore non è violato dalla normativa italiana: secondo la sentenza non emerge che tale normativa, come interpretata dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Cassazione, «renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai privati dal diritto dell’Unione».

Spiega la Cgue che è compito del «giudice nazionale alleggerire”, attraverso l’uso di presunzioni, l’onere della prova a carico del lavoratore in relazione alla perdita dell’opportunità di ottenere un vantaggio». Resta il problema dell’assenza nella normativa italiana di una norma che chiarisca in modo espresso, così da risolvere i dubbi dei giudici del lavoro, che se un lavoratore conduca con una stessa amministrazione lavori a termine per più di 36 mesi, ma a seguito non di rinnovi, bensì del superamento di più concorsi, non può nemmeno darsi il caso dell’abuso nella reiterazione dei contratti a termine, poiché l’abuso presuppone un atto di volontà del datore, come il rinnovo, volontà che viene esclusa quando si selezioni il dipendente mediante concorsi.

Luigi Oliveri – ItaliaOggi – 8 marzo 2018

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir