Pensioni, spunta l’ipotesi Quota 104. Nel Def le prime indicazioni per il 2025

Tratto da PAmagazine

Una riforma organica, Quota 41, una proroga di Quota 103 con penalizzazioni o, ultima ipotesi allo studio, Quota 104? Fari spuntati sul Def, dove potrebbero trovare spazio le prime indicazioni per il 2025. Il governo sfoglia (sempre più nervosamente) la margherita per cercare di trovare una soluzione al problema del riordino dell’assetto previdenziale. Al centro delle discussioni la legge Fornero e l’individuazione di un meccanismo utile a consentire, in modo strutturale, l’uscita dal lavoro in deroga alle norme ordinarie. In cima alle ipotesi resta Quota 41: a riposo chi può vantare 41 anni di contributi previdenziali a prescindere dall’età anagrafica. Ma per il 2025, negli ultimi giorni, è spuntata un’altra ipotesi: Quota 104. Vale a dire pensionamenti anticipati con 63 anni di età e 41 di contributi. Una formula che avrebbe un impatto più limitato sui conti pubblici rispetto all’attuale assetto.

Il rebus

Ogni riforma, infatti, deve tenere conto dei saldi di bilancio. I numeri dicono infatti che i pensionati sono tornati a crescere lievemente nel 2023 a quota 16,13 milioni, ma la buona notizia è che gli occupati aumentano più rapidamente, sfiorando i 23,3 milioni. Il dato è contenuto nel Rapporto Itinerari previdenziali sul Welfare che sottolinea come il sistema previdenziale sia sostenibile, purché si ponga un limite alle troppe eccezioni alla riforma Monti-Fornero, in termini di anticipo pensionistico, e all’eccessiva commistione tra previdenza e assistenza.

Il sistema tiene quindi grazie alla crescita del lavoro e dei contributi, ma è appesantito dall’aumento della spesa per l’assistenza. Secondo il Rapporto nel 2022 ha raggiunto quota 157 miliardi con una crescita del 126% in 10 anni. E di questo elemento il governo non potrà non tenere conto quando dovrà scegliere quale riforma previdenziale adottare.

La linea del rigore

L’Italia è il Paese più anziano d’Europa (età media intorno agli 83 anni) e con un indice di natalità (1,2 figli per donna) sempre più basso. Chi pagherà le pensioni se le nascite sono ormai ben sotto 500 mila annue e se i giovani che trovano lavoro vivono di impieghi discontinui e di stipendi sempre più modesti? Quest’anno la conferma di Quota 103, ma con penalizzazioni (restano i 62 anni d’età e 41 di contributi, però l’assegno sarà ricalcolato con il metodo contributivo e con un tetto massimo mensile di circa 2.250 euro), secondo le stime consentirà la pensione anticipata a 17 mila lavoratori. Troppo pochi.

Dunque, cosa fare per consentire a chi lo desidera di uscire dal lavoro in anticipo senza danneggiare i conti pubblici? L’ipotesi più accreditata alla quale si sta lavorando, e che anche il Cnel sta esaminando con attenzione, prevede, appunto, la formula quota 41 (in pensione con quel livello di contributi a prescindere dall’età). Però non sono escluse sorprese all’orizzonte.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

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