Smart working nella PA inviso a chi ha sempre chiesto la digitalizzazione delle pratiche. Un po’ di coerenza non guasterebbe.

La PA, da anni, è criticata, a partire dai professionisti dell’edilizia, perché costringe alle file agli sportelli, con perdita di tempo e denaro connesso agli spostamenti fisici ed alla necessità di produrre le “carte”, allo scopo di sopperire all’arretratezza digitale o per rispondere alla richiesta della “copia di cortesia”, quando, invece, basterebbero documenti e pratiche digitali.

Basta cercare con qualsiasi motore di ricerca in internet e si reperiscono decine e decine di notizie (esempi: https://ordinearchitetti.ge.it/comune-di-genova-snellimento-delle-procedure-per-le-pratiche-edilizie/; https://www.gonews.it/2018/05/17/pratiche-edilizie-a-cascina-la-consegna-e-digitale/) che riportano trionfalmente la digitalizzazione degli uffici comunali competenti per l’edilizia, le quali non mancano mai di sottolineare che si tratta di sforzi compiuti per “rispondere alle richieste dei professionisti e degli ordini”, spesso coinvolti anche nell’ideazione della digitalizzazione.

Adesso che il lavoro agile impone la diffusione ancora più capillare della gestione digitale delle pratiche, quegli stessi professionisti e quegli stessi ordini che da sempre “chiedono” – giustamente -la digitalizzazione, invece si lamentano della digitalizzazione (vedasi Italia oggi del 16.6.2020: “Uffici chiusi per smart working: https://www.italiaoggi.it/news/uffici-chiusi-per-smart-working-2454610). Affermando che “Ogni procedura edilizia necessita di metri cubi di carta, non si tratta di stare di fronte a un computer”.

Sarebbe il caso che professionisti ed ordini si mettano d’accordo tra loro, esprimendo una posizione unica e coerente.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir