Smart working per legge addio, ecco cosa serve dal 1° aprile per continuare il lavoro agile

Tratto da ilsole24ore.com

Nel settore privato la disciplina del lavoro agile è demandata ad accordi collettivi aziendali che definiscono i giorni in cui i dipendenti lavorano in presenza e quelli in cui lavorano da remoto. Nella PA possibili accordi individuali con il dirigente per tutelare i fragili.


E’ arrivato il momento dell’uscita definitiva del lavoro agile dal regime emergenziale. Dopo la bocciatura dell’emendamento al cosiddetto decreto milleproroghe che avrebbe dovuto estendere, per l’ennesima volta, la data di scadenza del diritto allo smart working nel settore privato per i genitori di figli minori di 14 anni (sempre che non ci sia un altro genitore che non lavora, beneficiario di strumenti di sostegno al reddito) e per i lavoratori fragili (previa certificazione del medico competente), il 31 marzo sarà, quindi, l’ultimo giorno in cui esisteranno regole di maggior favore per queste tipologie di lavoratori.

Nel privato dal 1° aprile disciplina del lavoro agile affidata ai contratti aziendali

Dal 1° aprile nel settore privato verrà meno qualsiasi criterio di priorità nell’accesso al lavoro agile, il cui svolgimento potrà essere negato o concesso dal datore di lavoro in funzione delle proprie esigenze. Torna a essere centrale insomma l’accordo tra datore di lavoro e dipendente. Ma il lavoro agile è considerato sempre più un fattore d’appeal per un’impresa, intenzionata ad attrarre e mantenere talenti. E sono molte le realtà produttive in cui la disciplina del lavoro agile è stata demandata ad accordi collettivi aziendali che definiscono i giorni in cui i dipendenti lavorano in presenza e quelli in cui lavorano da remoto.

Smart working sempre più diffuso nel settore privato

Nel settore del credito, ad esempio il gruppo Intesa Sanpaolo ha fatto da apripista con un maxipacchetto di flessibilità che include l’orario di ingresso e uscita, lo smart working fino a 120 giorni all’anno (140 in specifiche aree) e la distribuzione dell’orario su 4 giorni anziché 5, come previsto dal contratto dei bancari. Ma più in generale, secondo quanto indicato in un report del PoliMi dal titolo “Smart Working: gli impatti su organizzazioni e società” si assiste a un consolidamento del lavoro agile. Le aziende infatti prevedono di mantenerlo e solo il 6% non sa se avrà un modello in futuro. Trend che riflette un cambiamento radicato nelle dinamiche lavorative, con ormai poche realtà che non adottano questo modello di lavoro, almeno per una parte della popolazione aziendale.

Nella PA possibili accordi individuali con il dirigente per tutelare i fragili

Nella pubblica amministrazione la partita del diritto al lavoro agile dei fragili si è conclusa il 31 dicembre scorso. A fischiarne la fine è stata la mancata proroga della disposizione contenuta nella Legge di Bilancio del 2023 che prevedeva il dovere di garantire lo smart working integrale ai lavoratori fragili. Superata l’emergenza pandemica, infatti, la priorità del governo Meloni è stata il ritorno alla normalità. Ma nel comparto pubblico una direttiva emanata lo scorso 29 dicembre dal ministro Paolo Zangrillo consente comunque al dirigente responsabile, nell’ambito dell’organizzazione di ciascuna amministrazione, di individuare le misure organizzative necessarie, attraverso gli accordi individuali per la «salvaguardia dei soggetti più esposti a situazioni di rischio per la salute» attraverso lo svolgimento della prestazione in modalità agile. Il diritto del lavoratore fragile sfuma quindi nel dovere dei dirigenti di adoperarsi nell’adottare le misure idonee a garantire questa protezione senza che possa essere ignorato tuttavia, l’impatto che questa quantità di lavoro agile ha sulla continuità e qualità dei servizi pubblici resi.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

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