Incompatibilità tra dipendente pubblico part-time e professione forense

La Cassazione, con sentenza nr. 11833 dello scorso 16 maggio, ha dichiarato l’incompatibilità tra la professione forense di avvocato e, l’essere al tempo stesso impiegato pubblico, pur se a part-time.

Il lavoratore deve provare il danno esistenziale per illegittimo trasferimento

Questo è quanto recita la sentenza n. 11527 del 14 maggio 2013 della Corte di Cassazione che ha preso in esame il ricorso di un lavoratore avverso la sentenza del giudice d’Appello che aveva considerato non provato il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla illegittimità del trasferimento.

Mobbing: per la Cassazione il demansionamento non è sufficiente

Con la sentenza 7985 del 2 Aprile 2013 la Cassazione ha stabilito che  il“mero svuotamento delle mansioni” non è sufficiente a prospettare un atteggiamento vessatorio “occorrendo al fine della deduzione del mobbing anche l’allegazione di una preordinazione finalizzata all’emarginazione del dipendente. Accanto a questa considerazione, spicca un ulteriore elemento che è quello delle prove che devono essere inerenti fatti specifici e rilevanti e non “valutazioni” nello specifico delle mansioni “circa il contenuto formale degli incarichi conferiti”……continua a leggere

Anche se la collega provoca mai mettere in dubbio la sua moralità

La Corte di Cassazione, con la sentenza 5070, mette fuori legge la parolaccia sessista.

La Cassazione interviene per censurare una brutta e diffusa “consuetudine” tra gli uomini per cui “ogni volta che si deve offendere una donna è immancabile il riferimento a presunti comportamenti sessuali della stessa”.

Cassazione: dire “vaffa” al capo? Si può o non si può?

La Cassazione, a distanza di pochi mesi, ha sfornato due sentenze sul “vaffa” un po’ contraddittorie tra loro.

1) Un “vaffa” al capo si può. Minacciarlo con un “ti spacco la faccia” invece non si può. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza (la numero 4245) che ha “assolto” a metà un lavoratore vittima di mobbing.

2) Il “vaffa…” è un’ingiura e può costare una multa più il risarcimento dei danni alla parte civile. Anche se pronunciato in un clima “di grande confidenza tra le parti”, come tra colleghi di lavoro.

Demansionamento. Altra sentenza che la dice lunga sul clima che avvolge i dipendenti pubblici

Con sentenza n. 4301 del 21 febbraio 2013 la Cassazione ha ritenuto possibile assegnare ad un lavoratore mansioni inferiori alla qualifica posseduta, purché non prevalenti.

La Suprema Corte ha precisato che “è legittima l’adibizione a mansioni inferiori del dipendente per esigenze di servizio allorquando è assicurato in modo prevalente ed assorbente l’espletamento di quelle concernenti la qualifica di appartenenza”; inoltre, “l’espletamento delle mansioni inferiori, in quanto implicanti un impiego di energie lavorative di breve durata, non incidono sullo svolgimento in modo prevalente delle mansioni di appartenenza”.

Il dipendente pubblico assolto nel giudizio penale «perché il fatto non costituisce reato» può essere comunque licenziato

A rendere legittimo il licenziamento è la condotta incompatibile con il proseguimento del rapporto di lavoro, anche se l’azione non ha rilevanza penale. Una volta concluso il procedimento penale, deve quindi essere riaperto il quello disciplinare. Il principio è stato sancito dalla Cassazione nella sentenza 206/2013.

Addio pausa caffè!

La pausa caffè  del dipendente pubblico, soprattutto ad inizio turno, non e’ un diritto e non e’ decorosa.

Lo dice una sentenza del Tar di Trento che ha respinto il ricorso contro un provvedimento disciplinare preso nei confronti di un poliziotto che si era allontanato per alcuni minuti per prelevare caffè dal distributore automatico.

Per i giudici ”non e’ decoroso andare a prendere il caffè  subito all’inizio del turno, quando si presume che una persona abbia già fatto colazione”.

Il Tar, quindi, la pensa diversamente dalla Corte di Cassazione.

Solo qualche mese fa, infatti, i giudici della suprema Corte avevano precisato che può tollerarsi, durante le ore di lavoro, un piccolo break di «pochi minuti», perché permette di recuperare le energie psico-fisiche e favorisce un successivo migliore espletamento del servizio.

IL DOVERE DI ESCLUSIVITÀ DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SUSSISTE ANCHE PER IL LAVORO NELL’AZIENDA DI UN PARENTE

Dipendente della Regione Lombardia è stata sottoposta a procedimento disciplinare e licenziata con l’addebito di avere lavorato come commessa al negozio di sua sorella in giornata di assenza dal lavoro giustificata con certificato di malattia.

Secondo la Suprema Corte  è irrilevante che l’attività non sia retribuita (Cassazione Sezione Lavoro n. 20857 del 26 novembre 2012 Pres. Lamorgese, Rel. Arienzo).

IL DOVERE DI ESCLUSIVITA’ DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SUSSISTE ANCHE PER IL LAVORO NELL’AZIENDA DI UN PARENTE