Pensioni. Possibile svalutazione degli assegni

Il governo Renzi sta valutando la possibilità di svalutare gli assegni pensionistici.

Più nello specifico, per i lavoratori che ottengono il trattamento pensionistico nel 2015, l’INPS starebbe pensando di svalutare il montante contributivo, applicando un tasso di capitalizzazione negativo ai contributi finora totalizzati.

Per comprendere questa ipotesi di riforma, occorre ricordare che nella riforma delle pensioni varata nel 1995 (riforma Dini) era stato previsto il collegamento del tasso di capitalizzazione dei contributi maturati all’andamento del PIL nei cinque anni precedenti.

In altri termini, la stessa riforma che ha introdotto il sistema di calcolo contributivo del trattamento pensionistico ha previsto anche che le quote di contributi versati sul conto assicurativo (montante contributivo) i contributi già versati subissero una rivalutazione annuale proporzionale all’andamento della crescita nominale negli ultimi cinque anni.

Finanziaria. Equiparazione regionali-statali. Pensioni, scontro tra sindacati

Pensioni - Scontro tra sindacati
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Sul tema delle pensioni dei regionali, oggetto in questi giorni di un serrato confronto tra governo regionale, Aran e sindacati (martedì pomeriggio il prossimo incontro), corto circuito tra esponenti della Cgil.

Il leader siciliano in un’intervista ha dichiarato: «Non vogliamo difendere privilegi, vogliamo una Regione diversa e abbiamo dato la nostra disponibilità; cito un esempio: dal mio punto di vista, adeguare le pensioni dei regionali a quelle degli statali è una cosa ovvia” indicando la linea del suo sindacato sul punto in questione.

Costringendo i due dirigenti sindacali Michele Palazzotto ed Enzo Abbinanti, della segreteria Fp Cgil,a rettificare, con un proprio comunicato stampa, quanto dichiarato dal loro segretario generale della Cgil Sicilia, cercando di correggerne la portata parlando anche di “speculazioni su una dichiarazione decontestualizzata”. Al comunicato della categoria Funzione Pubblica Cgil non è, però, seguita nessuna precisazione del leader confederale della Cgil Michele Pagliaro.

La polemica nasce da una posizione diversa assunta dal Cobas-Codir che, nei giorni scorsi, ha più volte ribadito la propria difesa al sistema pensionistico dei regionali: ovvero che il governo regionale può mandare in pensione 4 mila dipendenti, laddove gli stessi decidano di perdere volontariamente il 10% della retribuzione pensionistica, ma che ogni altra forzatura incostituzionale che deroghi da quanto previsto dall’articolo 20 della legge regionale 21/2003 (pro rata) costringerebbe il Cobas/Codir a scatenare nuovamente la lotta sindacale.

Sbagliato l’assalto alla previdenza. Articolo datato ma sempre attuale (da leggere attentamente)

La Stampa - Sbagliato l'assalto alla previdenza
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Non si può fare cassa con la previdenza: le pensioni non sono né un bancomat né una slot machine.

Il sistema contributivo riduce di un terzo il reddito medio percepito e rischia di creare una generazione di poveri. Oggi ci sono 13 milioni di pensioni retributive e solo 360 mila pensioni contributive, a cui vanno aggiunti 1,1 milioni di pensioni miste. Ma nel prossimo futuro il rapporto si rovescerà, creando potenziali bombe sociali nei sistemi di welfare.

Mentre il sistema retributivo legava con un coefficiente la pensione a stipendi e anni lavorati, oggi e domani la pensione dipenderà dai contributi effettivamente versati. Il cambiamento produrrà effetti depressivi sui redditi più bassi e insostenibili paradossi: chi vorrà lavorare oltre i 69-70 anni avrà una pensione superiore al 100% degli stipendi percepiti; i giovani e le donne, con una vita contributiva discontinua, si vedranno decurtare il reddito del 30%.

Occorre un robusto rafforzamento della previdenza integrativa, più collettiva che individuale, per integrare un assegno pubblico che si preannuncia modesto.

Finanziaria. Le indiscrezioni delle malelingue sulla mancata firma della finanziaria da parte di Baccei (fonte BlogSicilia)

Fonte BlogSicilia

Mai il crac fu così vicino. Sembra sempre più concreto il rischio che la Sicilia non riesca a chiudere il bilancio di previsione 2015. Un rischio paventato già lo scorso anno ma che adesso diventa realtà. Mentre si raffreddano i rapporti fra Crocetta e Roma e l’assessore regionale all’Economia Alessandro Baccei, che del governo capitolino è espressione, rifiuta di firmare la finanziaria regionale, arriva il no a nuove risorse per Palermo.

In realtà sui motivi che hanno indotto Baccei a ‘ritirare’ la propria firma le versioni che circolano sono tante.

L’indiscrezione principale sarebbe che il governatore Crocetta e almeno 4 degli assessori regionali avrebbero preteso di ammorbidire alcune misure ma i bene informati parlano, invece, di numerose misure ‘ad personam’ per qualche amico del governo con famiglia annessa.

La Sicilia a un passo dal crac. Mancano ancora all’appello 700 milioni e non arriveranno

Repubblica - Sicilia a rischio crac
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Il crash non è mai stato così vicino. Lo Stato non è in condizione di coprire la voragine nei conti siciliani: mancano ancora 700 milioni all’appello. E non arriveranno. Sono i soldi che, al netto di alcune robuste manovre amministrative già messe in preventivo (come un recupero di risorse dal fondo di sviluppo e coesione), possono essere erogati solo con una decisione di chiaro valore politico: una norma o, comunque, un atto del governo. Non in altro modo si può riportare nell’Isola il centro di calcolo delle buste paga di alcune categorie di dipendenti statali, misura che garantirebbe introiti fiscali per 370 milioni. Non in altra maniera, ancora, si può dilazionare in dieci anni il piano di rientro dal debito (operazione che frutterebbe subito altri 350 milioni). Ma Palazzo Chigi, già alla ricerca di 16 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva, non è in grado di sopportare quest’ulteriore onere. Fonti del governo lo lasciano intendere

chiaramente: più dello sforzo già fatto al tavolo romano di confronto con la Regione (sforzo che vale oltre due miliardi) non si può andare. Il limite è già stato raggiunto. In Parlamento non c’è, peraltro, una legge di stabilità in cui inserire questi aiuti, e una disposizione ad hoc per la Sicilia e la giunta Crocetta, scatenerebbe una bagarre difficilmente sostenibile.

Altro che statuto speciale. La Sicilia è una regione a sovranità limitata

Assommano a cinque miliardi di euro i debiti accumulati dalla Regione Piemonte. Profondo rosso, che sopravanza di gran lunga quello accumulato nel tempo dalla Regione siciliana. Ma è Palermo, non Torino a camminare sui carboni ardenti, è Palermo che deve recitare il mea culpa e sottoporsi all’ordalia, è Palermo che deve essere guardata a vista a causa dei suoi trascorsi sregolati.

La diversità di trattamento non assolve la Sicilia dei suoi peccati, ma dà il diritto di pretendere un trattamento equanime nella distribuzione delle penitenze.

Riflessione

I miliardi di debito del Piemonte saranno maggiori di quelli della Sicilia, ma c’è una piccola differenza, lì sono serviti a rendere migliore la vita dei cittadini. Le strade non sono sommerse di rifiuti, la sanità non ha paragoni, i trasporto regionali funzionano, etc. etc. e i debiti creati per migliorare la qualità della vita hanno un’altra valenza.

Finanziaria. Tagli a sindaci e consiglieri comunali. Insorge l’Anci. La politica tenta di salvarsi. Chi pagherà il conto?

Dalle dichiarazioni riportate in basso, la politica tenta di salvarsi dai tagli. Nelle dichiarazioni si legge che i consiglieri si sono già ridotti le indennità; la riduzione del numero dei consiglieri o il taglio alle indennità non è la panacea di tutti i mali; etc. etc..

Vuoi vedere che alla fine il conto di decenni di malapolitica dovranno pagarlo solo i dipendenti regionali?


 

Secondo il presidente regionale dell’Anci, Leoluca Orlando, “non si può pensare di risolvere i problemi della Sicilia tagliando le indennità degli amministratori pubblici locali che peraltro non sono così alte come si vuol far credere e che di fatto hanno un impatto finanziario indifferente ai fini della quadratura del bilancio. Non si può, inoltre, non tenere conto che già in molte realtà dell’Isola i consiglieri comunali si sono ridotti le indennità. Sarebbe meglio evitare di confondere l’opinione pubblica, aumentando ancora di più la distanza tra cittadini e politica. Infine, mi corre l’obbligo di sottolineare ancora una volta che già da tempo l’Anci Sicilia chiede che, a tal proposito, venga applicata la normativa nazionale”.

“L’AnciSicilia – ha aggiunto Paolo Amenta, vice presidente dell’Associazione dei comuni siciliani – è sicuramente a favore della riforma nella sua interezza e contro l’uso distorto dei consigli comunali e dei loro regolamenti. Ma non vogliamo far passare il messaggio distorto che la riduzione del numero dei consiglieri o il taglio alle indennità sia la panacea di tutti i mali e contribuisca, da sola, a sanare i bilanci degli enti locali. Non possiamo accettare questa mistificazione considerando anche il fatto che il taglio delle indennità solleverà solo di poche centinaia di migliaia di euro le sorti della Finanziaria”.

“Questa è una finanziaria punitiva nei confronti dei tantissimi consiglieri comunali e di circoscrizione che svolgono il loro ruolo con onestà e dignità istituzionale – rincara Giulio Tantillo, coordinatore dei consigli comunali siciliani per l’Anci -. Basti pensare che i gettoni di presenza sono agganciati alle indennità degli assessori. Nei prossimi giorni incontreremo il presidente Ardizzone e i presidenti della Prima e della Seconda Commissione, Antonello Cracolici e Nino Dina. A loro faremo proposte costruttive, diremo sì all’adeguamento dell’indennità alla legge nazionale e chiederemo di trattare la complessa vicenda dei permessi in un testo organico che riveda la normativa vigente”.

Le norme sul personale contenute nella Finanziaria. Ecco i tagli di Baccei

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L’assessore all’Economia Alessandro Baccei ha messo mano alle forbici e prevede una stretta su pensioni, ferie, nuove assunzioni per i dipendenti della Regione siciliana.

I dipendenti regionali, inoltre, saranno equiparati in tutto agli statali.

A decorrere al 1° gennaio del 2016, stabilisce il comma 21 dell’ articolo 3, il trattamento economico in caso di fruizione di congedo parentale sarà quello previsto per gli impiegati del comparto Ministeri.

Ridotti i permessi per motivi familiari e personali, fino al numero massimo di tre giorni all’ anno, e tetto anche alle assenze per malattia.

Viene soppressa la clausola di salvaguardia che assicurava ai dirigenti i privilegi del loro status e introdotta una norma che dà la possibilità di conferimento di un incarico anche di valore economico inferiore.

Per i rinnovi contrattuali dei dirigenti e dei non dirigenti si considereranno aumenti pari all’ indennità di vacanza già riconosciuta.

Addio anche alle pensioni d’oro: una norma stabilisce l’omologazione dei trattamenti pensionistici per dirigenti e non, agli impiegati dello Stato.

La quota del trattamento pensionistico viene comunque ridotta del 10%.

Se passerà nella Finanziaria questa misura entrerà in vigore dal 2016.

La finanziaria prevede una fuoriuscita di circa 2.300 unità dall’amministrazione. Si tratta di circa 400 dirigenti di 1.900 altri dipendenti del comparto del pubblico impiego regionale che con varie misure saranno progressivamente accompagnati all’uscita dal lavoro.

Per il futuro, si stabilisce tetto massimo di 850 unità nella dirigenza della Regione, a fronte dei 2.490 dirigenti fissati dalla precedente normativa del 2000. La pianta organica del personale non dirigenziale viene invece ridefinita a 13.551 unità rispetto alle attuali 15.600.

In totale, dunque, la Regione che oggi conta 18.090 dipendenti ne avrà a regime 14.401.

Inoltre, niente rinnovi contrattuali per dirigenti e non, che godranno solo dell’indennità di vacanza.

Soppressa anche la norma che rinviava al 2014 il pagamento degli arretrati contrattuali.

Finanziaria. Ardizzone attacca Baccei. «Strano che non ci sia la firma del proconsole romano»

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Come è noto, il disegno di legge di stabilità non è accompagnato dal Bilancio di previsione per il 2015, perché a Roma prima di allargare i cordoni della borsa, vorrebbero avere la certezza che le riforme contenute dal disegno di legge di stabilità non vengano stravolte dall’Ars. Per avere esplicitato con franchezza questo concetto, sull’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, si è scatenata una tempesta di polemiche.

Lo stesso Ardizzone ha messo le mani avanti: «Iniziare la discussione sulla finanziaria non significa averla resa ammissibile, tutto sarà reso ammissibile una volta che arriverà la completezza degli atti, quindi anche il bilancio. I proconsoli dovrebbero essere mandati in tutte le altre Regioni, ivi compreso in Piemonte, che ha un disavanzo maggiore rispetto a quello della Sicilia.