Le attività incompatibili con il rapporto di pubblico impiego

Tratto da leautonomie.it

 I commi 1,2 e 7 dell’articolo 53 del D.lgs. n. 165/2001 prevedono che le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. I medesimo dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

    Come è noto, la disciplina contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 in materia di “Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi” rappresenta uno degli assi portanti nell’ambito dell’ordinamento del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, poiché nel suo complesso è diretta a salvaguardare il principio di esclusività del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. L’obbligo di esclusività della prestazione lavorativa rinviene il proprio fondamento diretto nell’art. 98 della Costituzione con il quale il legislatore costituente, nel prevedere che “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, ha voluto rafforzare il principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., sottraendo il dipendente pubblico dai condizionamenti che potrebbero derivare dall’esercizio di altre attività.

    La giurisprudenza della Cassazione (Cassazione Civile –Sez. Lavoro, sentenze n. 8642 del 12 aprile 2010 e n. 18608 del 21 agosto 2009), in materia di pubblico impiego, evidenzia che la disciplina dell’incompatibilità prevista dagli artt. 60 e seguenti del D.P.R. n. 3 del 1957, – applicabile a tutti i dipendenti pubblici, contrattualizzati e non, a norma dell’art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001 nonché ai dipendenti degli enti locali, in virtù dell’abrogazione, da parte dell’art. 64 della legge n. 142 del 1990, dell’art. 241 del R.D. n. 393 del 1934 – prevede che l’impiegato che si trovi in situazione di incompatibilità venga diffidato a cessare da tale situazione e che, decorsi quindici giorni dalla diffida, decada dall’incarico……continua a leggere