A proposito di Tfr e Tfs. Ulteriori chiarimenti

Nel settore pubblico, fino all’emanazione del d.P.C.M. 20 dicembre 1999, che ha introdotto per i nuovi assunti il trattamento di fine rapporto, ai dipendenti statali veniva liquidata l’indennità di buonuscita.

A seguito dell’entrata in vigore del d.P.C.M. 20 dicembre 1999, le situazioni di fine servizio/fine rapporto sono state così distinte:

  • trattamento di fine servizio (TFS) per gli assunti a tempo indeterminato con rapporto contrattualizzato entro il 31 dicembre 2000;
  • trattamento di fine rapporto (TFR) per gli assunti a tempo indeterminato con rapporto contrattualizzato dopo il 31 dicembre 2000;

Il trattamento di fine rapporto è costituito da accantonamenti annuali di quote della retribuzione percepita dal lavoratore pari al 6,91%, a carico del solo datore di lavoro, rivalutati annualmente secondo la disciplina prevista dall’art. 2120 ed erogati in forma di capitale al momento della cessazione dal servizio.

Il trattamenti di fine servizio si differenziano dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il suo finanziamento che è caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale.

L’art. 12 co. 10 del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni in legge n. 122/2010 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica) ha poi modificato il computo del TFS, stabilendo che dal 1° gennaio 2011 i «trattamenti di fine servizio» dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sarebbero stati disciplinati dall’art. 2120 del codice civile, come per i lavoratori privati.

In buona sostanza, la nuova disciplina avrebbe stabilito che l’accantonamento complessivo ai fini della liquidazione della buonuscita non sarebbe più stato calcolato in misura del 9,6% per i dipendenti statali sull’80% della retribuzione (gravante per il 7,1% sul datore di lavoro e per il restante 2,5% sul lavoratore), bensì in misura pari al 6,91% dell’intera (100%) retribuzione e, quindi, la relativa trattenuta sarebbe dovuta essere posta interamente a carico del datore di lavoro.

La Corte costituzionale investita della questione di legittimità della disposizione richiamata, con sentenza n. 223/2012 ha dichiarato illegittimo il prelievo a carico del dipendente e aperto le porte alle azioni legali da parte dei lavoratori.
Tuttavia ‐ in considerazione del fatto che l’applicazione della sentenza avrebbe finito per gravare interamente sul bilancio dello Stato, non solo per quanto attiene alla sospensione delle trattenute ma, anche per la restituzione delle quote già effettuate – il Governo, con il decreto legge n. 185/2012 (convertito poi con legge 228/12 – art. 1 commi 98-100) ha sancito l’abrogazione dell’art. 12, comma 10 della legge n. 122/10 e ripristinato le modalità di calcolo del TFS precedenti al 1° gennaio 2011.

Per effetto del decreto inoltre i procedimenti in corso avviati dai lavoratori per ottenere la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio del 2,5%, si estinguono di diritto.

In particolare, dall’entrata in vigore del d.l. n. 185/2012 per i dipendenti pubblici in servizio al 31 dicembre 2000, è stabilito il ritorno al previgente regime del T.F.S. più vantaggioso rispetto a quello del T.F.R. di cui all’ 2120 c.c.; I dipendenti pubblici in regime di T.F.S. continueranno, quindi, a versare la quota del 2,5% sull’80% della retribuzione in quanto, la stessa, contribuisce al finanziamento della “buonuscita”.

Nulla, pertanto, è dovuto ai lavoratori nemmeno come arretrati delle trattenute effettuate, poiché, come detto, il d.l. n. 185 ha efficacia retroattiva, al 1 gennaio 2011.

Il problema si pone, invece, per il personale assunto dopo il 2001 (visto che la sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012 ha dichiarato espressamente illegittima la contribuzione del 2,5% posta a carico del lavoratore in regime di TFR). Per suddetto personale non si può continuare ad operare la trattenuta del 2,50% dal momento che, come spiega la stessa Corte, lo Stato, in quanto datore di lavoro, non può versare un TFR inferiore a quello di un’azienda privata comportando ciò una disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati.

Da qui la nota di Cobas e Sadirs (leggi l’articolo) con la quale chiedono lo stop delle trattenute del 2,5% agli assunti post 2001 nella Regione Siciliana.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir