Dipendenti pubblici licenziati se rifiutano la mobilità. Si tratta comunque della mobilità in caso di dichiarazione di esubero

Il Giornale del 14 gennaio 2019

Le nuove linee guida, contenute in otto articoli, sono già passate sotto l’esame preliminare del Consiglio dei ministri, che ha dato il suo consenso lo scorso 21 dicembre. In seguito a questo passaggio, entro 18 mesi, il governo dovrà approvare la delega e adottare «uno o più decreti legislativi per il miglioramento della Pubblica amministrazione».

Tra le novità di maggior rilievo, quelle legate alla mobilità dei dipendenti. È, infatti, previsto che «se nei 24 mesi di messa in disponibilità verranno rifiutate due proposte di ricollocazione, si potrà procedere alla risoluzione definitiva del rapporto di lavoro». In sostanza, di fronte a due proposte di cambiamento sede, il datore di lavoro potrà mandare a casa il dipendente.


Quando dalla rilevazione, o in qualsiasi momento, risultino situazioni di soprannumero o comunque eccedenze, sia in relazione alle esigenze funzionali che alla situazione finanziaria, il dirigente è tenuto – pena la sua responsabilità disciplinare – ad avviare una procedura detta di “collocamento in disponibilità”. La procedura prevede che l’amministrazione fornisca un’informativa preventiva ai rappresentanti sindacali e che, decorsi 10 giorni, proceda alla risoluzione dei contratti di lavoro con il personale che abbia già raggiunto l’anzianità massima contributiva o, in subordine, verifichi la possibilità di ricollocare, in tutto o in parte, il personale soprannumerario o eccedente.

La ricollocazione può avvenire o presso la stessa amministrazione, oppure presso altre amministrazioni comprese nella stessa Regione, previo accordo con esse. La gestione delle eccedenze può costituire oggetto di passaggio ad amministrazioni operanti al di fuori del territorio regionale. Trascorsi 90 giorni dalla informativa sindacale, l’amministrazione “colloca in disponibilità” il personale che non è stato possibile reimpiegare, determinando in tal modo la sospensione del rapporto di lavoro per un periodo massimo di 24 mesi, durante il quale è corrisposta al lavoratore una indennità pari all’80% dello stipendio e della indennità integrativa speciale.

Ove anche durante tale periodo il lavoratore non trovi ricollocazione, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto.