PIAO: cos’è il Piano integrato di attività e organizzazione e cosa cambia per le pubbliche amministrazioni

Tratto da www.forumpa.it

Il PIAO è operativo dal 1° luglio 2022. Introdotto all’articolo 6 del decreto legge n. 80/2021, il cosiddetto “Decreto Reclutamento”, il PIAO è un documento unico di programmazione e governance che sostituisce una serie di Piani che finora le amministrazioni erano tenute a predisporre. Tra questi, i piani della performance, del lavoro agile (POLA) e dell’anticorruzione. L’obiettivo è la semplificazione dell’attività amministrativa e una maggiore qualità e trasparenza dei servizi pubblici. In questa guida, tutte le informazioni sul PIAO: cos’è, la normativa, adempimenti, contenuti e sanzioni

7 Luglio 2022


Un documento unico di programmazione e governance per le pubbliche amministrazioni, che permetta di superare la frammentazione degli strumenti ad oggi in uso: è il PIAO, il Piano integrato di attività e organizzazione, che accorpa tra gli altri i piani della performance, dei fabbisogni del personale, della parità di genere, del lavoro agile e dell’anticorruzione. Vediamo meglio di cosa si tratta, a che punto siamo per la sua introduzione e cosa cambia per la PA.

Che cos’è e normativa

Il PIAO, Piano integrato di attività e organizzazione, è un nuovo adempimento semplificato per le pubbliche amministrazioni. È stato introdotto all’articolo 6 del decreto legge n. 80/2021, “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia”, il cosiddetto “Decreto Reclutamento” convertito dalla legge 6 agosto 2021, n. 113. Si stabilisce che le amministrazioni con più di 50 dipendenti (esclusi gli istituti scolastici) debbano riunire in quest’unico atto tutta la programmazione, finora inserita in piani differenti, e relativa a: gestione delle risorse umane, organizzazione dei dipendenti nei vari uffici, formazione e modalità di prevenzione della corruzione.

Il PIAO ha durata triennale, ma viene aggiornato annualmente. Definisce:

  • gli obiettivi programmatici e strategici della performance;
  • la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, anche mediante il ricorso al lavoro agile, e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati
    • al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale
    • allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali
    • e all’accrescimento culturale e dei titoli di studio del personale correlati all’ambito d’impiego e alla progressione di carriera del personale;
  • gli strumenti e gli obiettivi del reclutamento di nuove risorse e della valorizzazione delle risorse interne, prevedendo, oltre alle forme di reclutamento ordinario, la percentuale di posizioni disponibili nei limiti stabiliti dalla legge destinata alle progressioni di carriera del personale;
  • gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione;
  • l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti, nonché la pianificazione delle attività;
  • le modalità e le azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità;
  • e le modalità e le azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.

Il Piano definisce, infine, le modalità di monitoraggio degli esiti, con cadenza periodica, inclusi gli impatti sugli utenti, anche attraverso rilevazioni della soddisfazione dell’utenza mediante gli strumenti.

Il 2 dicembre 2021 è arrivato il via libera della Conferenza Unificata al decreto del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, con cui si definisce il contenuto del PIAO.

Il 29 dicembre 2021 il Consiglio dei ministri approva, su proposta del presidente del Consiglio Draghi e del ministro Brunetta, lo schema di Decreto del Presidente della Repubblica che individua e abroga gli adempimenti relativi ai piani, diversi da quelli economico-finanziari, che saranno assorbiti dal PIAO. Lo schema di Dpr aveva cominciato il proprio iter subito dopo l’approvazione del PIAO: l’articolo 1 abroga le disposizioni che vengono sostituite dal PIAO e l’articolo 2 modifica, puntualmente, i casi in cui non era possibile procedere con l’abrogazione, ma per adattamenti. Dopo l’approvazione in Conferenza Unificata il 9 febbraio 2022, il testo è stato sottoposto all’esame del Consiglio di Stato, la cui Sezione Consultiva ha rilasciato il 2 marzo 2022 il parere n. 506 in cui, pur esprimendo parere favorevole agli obiettivi di semplificazione del PIAO, vengono posti seri dubbi sulla sua attuazione e si suggeriscono correttivi e integrazioni all’assetto giuridico e normativo per rendere il PIAO uno strumento operativo.

L’iter si conclude con l’approvazione in via definitiva in Consiglio dei Ministri, il 26 maggio 2022, e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 151/2022 del 30 giugno 2022 del Dpr n. 81, che si compone di 3 articoli:

  1. L’articolo 1 dispone la soppressione degli adempimenti assorbiti nel Piao.
  2. L’articolo 2 contiene alcune disposizioni di coordinamento, che si rendono necessarie nonostante la nuova qualificazione dell’intervento normativo.
  3. L’articolo 3 prevede che il Dipartimento della funzione pubblica e l’Anac (per la disciplina sulla prevenzione della corruzione e per la trasparenza) effettuino una attività di monitoraggio sull’effettiva utilità degli adempimenti richiesti dai piani non inclusi nel Piao, all’esito della quale provvedere alla individuazione di eventuali ulteriori disposizioni incompatibili con la disciplina introdotta.

Inoltre, il 24 giugno 2022, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta e il ministro dell’Economia, Daniele Franco, hanno firmato il decreto ministeriale che definisce i contenuti e lo schema tipo del PIAO, nonché le modalità semplificate per gli enti con meno di 50 dipendenti.

Il portale per i PIAO

Operativo dal 1° luglio il portale in cui gli enti potranno inserire i loro Piani integrati di attività e organizzazione e trasmetterli al Dipartimento della Funzione pubblica per la pubblicazione. Per agevolare le amministrazioni nella registrazione dei referenti abilitati a operare sul portale e nel caricamento dei Piani sono disponibili un video tutorial e un servizio di help desk dedicato.

Chi deve adottare il PIAO

Le Pubbliche amministrazioni con più di 50 dipendenti, con la sola esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le PA interessate sono quelle dell’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (con più di 50 dipendenti):

  • tutte le amministrazioni dello Stato;
  • le aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, loro consorzi e associazioni;
  • gli enti del Servizio sanitario nazionale;
  • le istituzioni universitarie;
  • gli Istituti autonomi case popolari;
  • le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
  • tutti gli Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni e le loro aziende;
  • l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);
  • le Agenzie di cui al Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Le Amministrazioni fino a 50 dipendenti approveranno, invece, un Piano semplificato secondo lo “schema tipo” fissato dal Dipartimento della funzione pubblica.

Scadenze

Il Decreto Reclutamento fissava al 31 gennaio 2022 la scadenza per adottare il PIAO. Il decreto legge “Milleproroghe”, varato il 23 dicembre 2021 dal Consiglio dei Ministri, aveva spostato la data al 30 aprile 2022 e al 31 luglio 2022 per gli enti locali. Infine, il Decreto PNRR 2 aveva spostato la scadenza al 30 giugno 2022 e al 30 settembre 2022 per gli enti locali, più 120 giorni dalla data di approvazione del bilancio per gli enti locali in sede di prima applicazione.

Nella seduta straordinaria della Conferenza Stato-città del 28 giugno 2022, e previa intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministro dell’Interno con un decreto in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ha disposto il differimento al 31 luglio 2022 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2022/2024 da parte degli enti locali. Il termine per la presentazione del PIAO per gli entri locali slitta quindi a novembre.

Ora che è entrato a regime, il PIAO dovrà essere approvato il 31 gennaio di ogni anno, pubblicato sul sito istituzionale dell’ente e inviato al Dipartimento della funzione pubblica per la pubblicazione sul portale dedicato.

Gli obiettivi del PIAO

Con l’introduzione del PIAO si vuole garantire la massima semplificazione, sostenere una visione integrata e complessiva dei diversi assi di programmazione, garantire la qualità e la trasparenza dei servizi per cittadini e imprese e la progressiva reingegnerizzazione dei processi anche in materia di diritto di accesso, nel rispetto del D.Lgs 150/2009 e della Legge 190/2012.

PIAO: quali Piani sostituisce

L’articolo 1 del DPR n.81, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 151/2022 del 30 giugno 2022 individua i documenti assorbiti dal PIAO:

  • Piano dei Fabbisogni di Personale (PFP) e Piano delle azione concrete (PAC);
  • Piano per Razionalizzare l’utilizzo delle Dotazioni Strumentali (PRSD);
  • Piano della Performance (PdP);
  • Piano di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PtPCT);
  • Piano Organizzativo del Lavoro Agile (POLA);
  • Piano di Azioni Positive (PAP).

Struttura e contenuti

Il PIAO è strutturato in quattro sezioni:

  1. Scheda anagrafica dell’amministrazione, da compilarsi con tutti i dati identificativi dell’amministrazione.
  2. Valore pubblico, performance e anticorruzione, dove sono definiti i risultati attesi, in termini di obiettivi generali e specifici. Andrà indicato l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare, secondo le misure previste dall’Agenda Semplificazione e, per gli enti interessati dall’Agenda Digitale, secondo gli obiettivi di digitalizzazione ivi previsti. Inoltre, nella sottosezione programmazione-performance, andranno seguite le Linee Guida del Dipartimento della Funzione Pubblica;
  3. Organizzazione e capitale umano, dove verrà presentato il modello organizzativo adottato dall’Amministrazione o dall’Ente;
  4. Monitoraggio, dove saranno indicati gli strumenti e le modalità di monitoraggio, insieme alle rilevazioni di soddisfazioni degli utenti e dei responsabili.

Nel PIAO devono essere inclusi:

  • l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti. Ma anche la pianificazione delle attività inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure effettuata attraverso strumenti automatizzati;
  • le modalità e le azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità;
  • le modalità e le azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.

Mancata adozione del PIAO: quali sanzioni sono previste

Se il PIAO è omesso o assente saranno applicate le sanzioni di cui all’art. 10, comma 5, del D.Lgs 150/2009, che prevedono:

  • divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti che risulteranno avere concorso alla mancata adozione del PIAO;
  • divieto di assumere e affidare incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati.

Si aggiunge anche la sanzione amministrativa da 1.000 a 10.000 euro prevista dall’articolo 19, comma 5, lettera b), del d.l. 90/2014, riferita alla mancata approvazione della programmazione anticorruzione.

Progressioni verticali: come svolgerle nel periodo transitorio? Le indicazioni dell’Aran

Tratto dal sito leautonomie.asmel.eu un articolo di Luigi Oliveri

L’Aran prova a fornire alle amministrazioni indicazioni operative per gestire le procedure di progressione verticale.

L’Agenzia propone 4 tipologie di soluzioni, utilizzabili anche in combinazione, nell’ambito di una serie di interpretazioni applicative riferite specificamente al Ccnl del comparto Funzioni Centrali 9.5.2022, ma estensibili a qualsiasi altro comparto, per due ragioni:

  1. perché la disciplina contrattuale collettiva dei vari comparti è quasi identica a quella contenuta nel Ccnl 9.5.2022;
  2. perché, soprattutto, l’Aran suggerisce metodi attuativi della disposizione normativa comune, valevole per tuti, cioè l’articolo 52, comma 1-bis, quarto periodo, del d.lgs 165/2001.

La norma da ultimo citata stabilisce che “Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti”.

Il tema specificamente affrontato dall’Aran riguarda il modo con cui valutare le competenze professionali in caso di progressione verticale effettuata durante il regime transitorio.

Bisogna premettere che ai sensi dell’articolo 18, comma 6, del Ccnl 9.5.2022 “In applicazione dell’art. 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del d.lgs. n. 165/2001, al fine di tener conto dell’esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e comunque entro il termine del 31 dicembre 2024, la progressione tra le aree ha luogo con procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nella allegata tabella 3 di corrispondenza”.

La tabella 3 prevede:

Progressione di area Requisiti
Da Area degli Operatori ad Area degli Assistenti a) diploma di scuola secondaria di secondo grado e almeno 5 anni di esperienza maturata nell’Area degli Operatori e/o nell’equivalente area del precedente sistema di classificazione; oppure b) assolvimento dell’obbligo scolastico e almeno 8 anni di esperienza maturata nell’Area degli Operatori e/o nell’equivalente area del precedente sistema di classificazione;
Da Area degli Assistenti ad Area dei Funzionari a) laurea (triennale o magistrale) e almeno 5 anni di esperienza maturata nell’Area degli assistenti e/o nell’equivalente area del precedente sistema di classificazione; oppure b) diploma di scuola secondaria di secondo grado ed almeno 10 anni di esperienza maturata nell’Area degli assistenti e/o nell’equivalente area del precedente sistema di classificazione;

Il periodo transitorio sarà regolato in modo analogo anche nel comparto Funzioni Locali: la logica è consentire progressioni anche in assenza del titolo di studio, sulla base di un periodo prolungato (8 o 10 anni) di “esperienza”.

L’Aran prende posizione e specifica che “per la valutazione delle competenze professionali in caso di progressione verticale effettuata durante il regime transitorio (dal 1° novembre 2022 al 31/12/2024) può essere preso in considerazione l’utilizzo, anche congiunto, di una delle seguenti tipologie di valutazione”:

Indicazioni dal parere Aran Commento
1) valutazione delle competenze espresse in ambito lavorativo basata sulle risultanze della valutazione di performance (anche su più anni) Questa indicazione recupera un elemento valutativo previsto dall’articolo 52, comma 1-bis, quarto periodo, ricordato sopra, ma assente nella disciplina speciale contrattuale: le risultanze della valutazione della performance. L’Aran, in sostanza, considera possibile connettere la “competenza acquisita” alle valutazioni ottenute. E’ pur corretto sostenere che la valutazione riguarda specificamente la capacità del dipendente di conseguire correttamente i risultati richiesti; tuttavia, allo scopo il dipendente non può non applicare una specifica competenza operativa. Quanti anni osservare? L’Aran non lo indica. Gli enti non sono certamente obbligati a rispettare l’arco triennale previsto dall’articolo 52, comma 1-bis, che – è bene ricordare – nel periodo transitorio non si applica nella sua interezza. Possono, quindi, scegliere un’estensione temporale diversa.
2) valutazione effettuata attraverso metodi che facciano emergere le competenze, le capacità e lo stile comportamentale che le persone mettono in atto sul lavoro (ad esempio, tecniche di assessment) Le tecniche di assessment sono un complesso sistema di osservazione di una serie di abilità/propensioni (si utilizza molto l’inglesismo skill) possedute dalla persona. L’Aran esemplifica tre tra i vari contenuti dell’osservazione: competenze (che altro non sono se non l’affinamento delle abilità richieste per rendere la prestazione);capacità: sostanzialmente il modo ed il livello di efficienza di realizzare l’attività lavorativa;lo stile comportamentale: riguarda le “competenze di base” o “soft skill”, cioè comportamenti di base generalmente richiesti (tendenza al rispetto delle regole, relazioni col pubblico, coi superiori e con enti, ecc…), conoscenze di base (digitalizzazione), propensioni ad un certo metodo lavorativo: organizzazione individuale, interpretazione di ruoli, assunzione di responsabilità, eventuali funzioni di guida di gruppi con assegnazione di funzioni (spesso, i sistemi di assessment parlano di “delega”, termine però abbastanza improprio nell’ordinamento pubblico, ove la delega ha una connotazione molto diversa). Le tecniche richiamate dall’Aran sono diffuse specie tra le aziende di rilevanti dimensioni: in effetti non appaiono particolarmente adatte ad enti piccoli. Per molti comuni (quando sarà in vigore il Ccnl di comparto) non appare la scelta migliore, specie se fosse l’unico criterio. In generale, il punto 2 appare recessivo ed accessorio rispetto agli altri elencati dall’Aran, ma comunque utile, perché si tratta di un’osservazione sia retrospettiva (come il dipendente ha espresso le proprie competenze e capacità nel passato) e come è più probabile le esprimerebbe in un’area superiore.
3) valutazione dell’accrescimento delle competenze professionali effettuata al termine di percorsi formativi aperti a tutti i candidati alla progressione verticale Questo strumento da un lato ha elementi di evidente oggettività, a condizione che tutti i dipendenti siano messi in parità di condizioni. La premessa necessaria, quindi, è che il criterio in esame si attivi solo tra dipendenti che abbiano potuto tutti essere messi nelle condizioni di partecipare a percorsi formativi. Detto questo, i punti critici restano molti. In primo luogo, appare evidente che la mera partecipazione ai percorsi formativi non è sufficiente: occorre anche una valutazione finale molto seria degli esiti. Soprattutto, anche in presenza di una valutazione chiara e funzionale, la partecipazione a corsi di formazione, se finalizzata alla progressione verticale, finisce per coincidere con l’acquisizione di un “titolo” formativo, più che accertare una competenza posto che questa è comunque il modo col quale si rende la prestazione. Una formazione corretta è da svolgere allo scopo di aggiornare e tenere i dipendenti sempre in grado di svolgere al meglio i propri compiti, ma connetterla direttamente alla progressione verticale appare una forzatura.
4) valutazione riferita alle certificazioni di competenze possedute dagli interessati, rilasciate da soggetti esterni abilitati a certificare competenze (come avviene, ad esempio, per competenze informatiche o linguistiche) Questo punto andava unito al precedente. L’Aran mostra, invece, di considerare come criteri autonomi di valutazione da un lato la partecipazione “mera” alla formazione e, dall’altro, gli esiti della formazione.

Ricordiamo, infine, che nel comparto Funzioni Locali attualmente non è vigente il nuovo Ccnl. Per cui non è operante alcun periodo transitorio, che scatterà solo tra qualche mese, quando il Ccnl sarà sottoscritto in via definitiva.

Pertanto, nella fase attuale, gli enti locali dovranno gestire eventuali progressioni verticali applicando esclusivamente e direttamente le previsioni dell’articolo 52, comma 1-bis, quarto periodo, del d.lgs 165/2001.

Statali, lo sgravio del 2% in busta paga a settembre

Sgravi per gli statali in ritardo. L’esonero contributivo del 2% per gli stipendi di luglio-dicembre previsto dal decreto Aiuti bis e rivolto ai lavoratori con un reddito annuo inferiore a 35.000 euro, si materializzerà in busta paga solo a settembre, quindi con due mesi di ritardo. A partire da questo mese in compenso i dipendenti pubblici beneficiano dell’esonero dello 0,8% inserito in legge di Bilancio e valido da gennaio: sono passati otto mesi da quando è stato introdotto lo sgravio. Gli arretrati per gli sgravi non corrisposti fin qui invece arriveranno a ottobre.

Ultimo treno per la pensione under 67 anni prima che torni la Fornero

Dal prossimo anno andare in pensione prima di aver compiuto 67 anni sarà più difficile. In assenza di una riforma dell’ultimo momento che introduca novità, le opzioni per lasciare il lavoro qualche anno prima si restringono.

Quota 100 è terminata nel 2021 e Quota 102 scade il 31 dicembre di quest’anno. Per cui non restano altre vie d’uscita verso la pensione che quelle previste dalle regole ordinarie stabilite con la riforma Fornero del 2011.

Le alternative, quindi, si riducono e resteranno le regole ordinarie per tutti. La pensione di vecchiaia a 67 anni di età con almeno 20 di contributi o quella anticipata con 41-42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Non ci sono altre soluzioni, se non quelle previste per i lavoratori usuranti.

Omaggio ad una persona perbene, Francesco Madonia

Si è spento prematuramente, portando con sé le sue sofferenze, il collega e amico Francesco Madonia, segretario regionale aggiunto del Sadirs, una persona perbene e mai sopra le righe.

Sincere condoglianze alla famiglia e una preghiera per l’amico scomparso.

Ciao Franco!!

INPS – Messaggio n° 3066 del 04-08-2022. Prime indicazioni in materia di maternità, paternità e congedo parentale

tratto da servizi2.inps.it

Congedo parentale 2022: assenze, indennità e domanda.

INPS – Messaggio n° 3066 del 04-08-2022. Prime indicazioni in materia di maternità, paternità e congedo parentale

Oggetto

Decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 176 del 29 luglio 2022. Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio. Prime indicazioni in materia di maternità, paternità e congedo parentale

Testo completo del messaggio

Premessa

Il decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 176 del 29 luglio 2022, in vigore dal 13 agosto 2022, nel dare attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1158, al fine di conciliare l’attività lavorativa e la vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, nonché di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare, ha introdotto alcune novità normative in materia di maternità, paternità e congedo parentale.

Con il presente messaggio si forniscono le prime indicazioni rilevanti ai fini del riconoscimento delle relative indennità, che entreranno in vigore dal 13 agosto 2022. Le indicazioni operative di dettaglio saranno oggetto di una specifica circolare che verrà pubblicata successivamente.

1. Congedo di paternità obbligatorio

L’articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 105/2022 introduce l’articolo 27-bis al Capo IV del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico genitorialità, di seguito anche T.U.), che disciplina il “Congedo di paternità obbligatorio” (recependo e ampliando le tutele previste per il congedo obbligatorio del padre introdotto della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni). Lo stesso articolo 2, comma 1, alla lettera d), rinomina come “Congedo di paternità alternativo” il congedo di cui all’articolo 28 del T.U., la cui disciplina è rimasta immutata.

Di seguito si illustrano sinteticamente le disposizioni normative previste nel citato articolo 27-bis del T.U., rinviando, come anticipato, a una successiva circolare le indicazioni operative di dettaglio.

Il padre lavoratore dipendente si astiene dal lavoro per un periodo di 10 giorni lavorativi (non frazionabili a ore e fruibili anche in via non continuativa), nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti la data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita. Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio.

In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a 20 giorni lavorativi.

Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario.

I giorni di congedo sono fruibili dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e sono compatibili con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità alternativo di cui all’articolo 28 del T.U.

Il padre deve comunicare in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo obbligatorio, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva. La forma scritta della comunicazione può essere sostituita dall’utilizzo, ove presente, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze.

Ai sensi del novellato articolo 29 del T.U., per i giorni di congedo di paternità obbligatorio è riconosciuta un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione. Il trattamento economico e normativo è determinato ai sensi dell’articolo 22, commi da 2 a 7, e dell’articolo 23 del T.U.; il trattamento previdenziale è quello previsto dall’articolo 25 del T.U.

Pertanto, a differenza della previgente disciplina prevista per il congedo obbligatorio del padre di cui all’articolo 4, comma 24, lettera a), della legge n. 92/2012, e successive modificazioni, il nuovo congedo di paternità obbligatorio:

  • può essere fruito a partire dai 2 mesi prima della data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita del figlio (non più solamente entro i 5 mesi successivi alla nascita);
  • è raddoppiato a 20 giorni, in caso di parto plurimo.

2. Maternità delle lavoratrici autonome

L’articolo 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo n. 105/2022 introduce, il comma 2-ter all’articolo 68 del T.U., prevedendo per le lavoratrici autonome il diritto all’indennità giornaliera anche per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del partonel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici di cui all’articolo 17, comma 3”del T.U.

L’indennità per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del parto è, pertanto, erogabile in presenza di un accertamento medico della ASL, come previsto dal rinvio all’articolo 17, comma 3, dello stesso T.U.

L’indennità spettante è la stessa calcolata per i periodi di tutela della maternità/paternità a seconda della categoria di appartenenza della lavoratrice autonoma.

3. Congedo parentale

3.1 Congedo parentale per genitori lavoratori dipendenti

L’articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 105/2022 apporta delle novità in materia di congedo parentale, disponendo la modifica del comma 1 dell’articolo 34 del T.U. che prevede: “Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione. I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione”.

Alla luce della novella normativa, i periodi indennizzabili di congedo parentale sono i seguenti:

– alla madre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;

– al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;

– entrambi i genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabiledella durata complessiva di 3 mesi,per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).

Restano, invece, immutati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U. ossia:

– la madre può fruire di massimo 6 mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;

– il padre può fruire di massimo 6 mesi (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;

– entrambi i genitori possono fruire complessivamente massimo di 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.

Al genitore solo, sono riconosciuti 11 mesi (e non più 10 mesi) continuativi o frazionati di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) sono indennizzabili al 30 per cento della retribuzione. La novella normativa precisa che per genitore solo deve intendersi anche il genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell’articolo 337-quater del codice civile, l’affidamento esclusivo del figlio.

Per i periodi di congedo parentale ulteriori ai 9 mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il genitore solo, è dovuta, fino al dodicesimo anno (e non più fino all’ottavo anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

L’indennità è calcolata secondo quanto previsto all’articolo 23 del T.U.

3.2 Congedo parentale per genitori lavoratori iscritti alla Gestione separata

La normativa novellata dal decreto legislativo n. 105/2022 dispone la possibilità di fruire del congedo parentale entro il dodicesimo anno (e non più entro il terzo anno) di vita del bambino o dall’ingresso in famiglia/Italia del minore in caso di adozione o affidamento preadottivo.

Ciascun genitore ha diritto a 3 mesi di congedo parentale indennizzato, non trasferibile all’altro genitore. I genitori hanno, inoltre, diritto a ulteriori 3 mesi indennizzati in alternativa tra loro, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).

Restano invariate le condizioni richieste dalla legge e dai decreti ministeriali per potere fruire del congedo parentale.

3.3. Congedo parentale per genitori lavoratori autonomi

Il decreto legislativo n. 105/2022 innova anche la disciplina dei congedi parentali per i lavoratori autonomi di cui al Capo XI del T.U., riconoscendo il diritto al congedo parentale anche ai padri lavoratori autonomi.

Dalla nuova formulazione deriva il diritto a 3 mesi di congedo parentale per ciascuno dei genitori, da fruire entro l’anno di vita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del minore.

4. Domanda

In attesa dei necessari aggiornamenti informatici, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 105/2022, ossia dal 13 agosto 2022, è comunque possibile fruire dei congedi di cui al presente messaggio come modificati dalla novella normativa, con richiesta al proprio datore di lavoro o al proprio committente, regolarizzando successivamente la fruizione mediante presentazione della domanda telematica all’INPS. Il rilascio delle implementazioni informatiche delle attuali procedure sarà tempestivamente reso noto con successiva comunicazione.

I lavoratori autonomi che fruiscono del congedo parentale possono astenersi dal lavoro, presentando successivamente domanda all’INPS attraverso i consueti canali (sito web, Contact center integrato o Patronati) non appena sarà rilasciata l’apposita domanda telematica.

La Pa come Amazon: le pratiche potranno essere tracciate

Tratto da PAmagazine

Applicare il “modello Amazon” alla Pubblica amministrazione. Il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, lo dice da sempre e ora. Adesso tutto dipende dall’approvazione del ddl Concorrenza, frenato dalla crisi di governo. Ma cosa si intende per modello Amazon applicato alla Pa? Significa tracciare le pratiche della Pubblica amministrazione, ovvero ogni singolo procedimento della macchina pubblica, come fossero dei pacchi Amazon di cui si sa esattamente quando viene spedito e passo passo tutti i vari passaggi che fa per essere recapitato.

Sfida digitale

«Possibile che oggi possiamo tracciare un pacco che ordiniamo online, ma non riusciamo a sapere a che punto è una pratica? Io vorrei che fosse tutto tracciabile, come avviene con i pacchi che ordiniamo su Amazon», aveva detto Brunetta in primavera. Aggiungendo: «E non voglio sapere soltanto dov’è il pacco, ma anche chi è il responsabile del procedimento. Introdurrò, inoltre, un rafforzamento della valutazione della performance, con un sistema di premi e punizioni, e della customer satisfaction. Come possiamo valutare una chiamata su WhatsApp, così i cittadini potranno valutare i servizi offerti dalle amministrazioni».

La svolta

Con un emendamento approvato in commissione Attività produttive a Montecitorio, Governo e maggioranza hanno modificato la delega per la revisione dei procedimenti amministrativi in funzione pro-concorrenziale contenuta nel provvedimento prevedendo proprio la tracciabilità degli atti pubblici. Un altra misura inserita alla Camera nel ddl Concorrenza preveder di «ridefinire i termini dei procedimenti amministrativi dimezzandone la durata, salva la possibilità di individuare, d’intesa con le amministrazioni competenti, quelli esclusi da tale riduzione, prevedendo che tra i criteri base di valutazione della performance individuale e organizzativa sia compreso, ove applicabile, il monitoraggio dei tempi di trattazione dei procedimenti e il livello di soddisfazione dell’utenza». Esattamente quello di cui parlava Brunetta mesi fa: ogni pratica verrà tracciata, e si potrà sapere dove si trova in quel momento (e dunque eventualmente anche quando e dove si è incagliata) e da chi è lavorata. Inoltre si spinge a dimezzare i tempi per processare una pratica, salvo eccezioni, introducendo anche, come sprone per gli impiegati, una sorta di gara a chi fa meglio e più velocemente, per ottenere una migliore valutazione della performance individuale.

Assunzioni e progressioni, riserva per categoria

Sul sito NTPlus del Sole24ore l’articolo integrale di Arturo Bianco

Il vincolo che impone almeno il 50% di ingressi dall’esterno va calcolato per singolo livello

La riserva del 50% di assunzioni dall’esterno (Dl 80/2021) opera per ogni categoria. Se si utilizzano contemporaneamente le regole per le progressioni verticali dettate dal Dl 80/2021 e quelle del Dlgs 75/2017, norma valida fino al 31 dicembre, non si può superare in ogni caso il tetto del 50% dei posti disponibili per le assunzioni. Le procedure di progressione verticale sono immediatamente utilizzabili e il rinvio alla disciplina da parte dei contratti non è ostativo.

Sono le indicazioni dell’articolato parere della Funzione pubblica n. 12094/2022. Il documento è innovativo nella parte in cui impone a tutte le Pa di operare la riserva della metà dei posti per l’accesso dall’esterno non per il totale delle assunzioni, ma per ogni singola categoria.

Questa lettura, ancorchè rispettosa dei principi della Corte Costituzionale, non tiene conto del fatto che il Dl 80, a differenza della legge Madia, non prevede che la riserva debba maturare per singole categorie. È comunque un punto di riferimento per i singoli enti.

……

Per il parere la riserva del 50% per l’accesso dall’esterno opera per singole categorie. La Funzione Pubblica giunge a questa conclusione in base ai principi dell’ordinamento e della giurisprudenza costituzionale sulla preferenza per il concorso pubblico e per prevenire i possibili aggiramenti, come la scelta di assumere dall’esterno per le categorie più basse ed effettuare le progressioni verticali per i posti più elevati.

Queste disposizioni sono da considerare immediatamente applicabili e il rinvio alle norme contrattuali non è di impedimento, visto che con il contratto nazionale si potrà solo ampliare la partecipazione per una fase transitoria, nelle amministrazioni statali fino al 2024, a coloro che non sono in possesso del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno, ma hanno maturato una anzianità di almeno cinque anni.

Concorsi e progressioni verticali; come si applica la regola del prevalente accesso dall’esterno

Dal sito luigioliveri.blogspot.it

Su 100 assunzioni previste, non meno di 50 debbono necessariamente essere conseguenti allo svolgimento di concorsi pubblici. Le progressioni verticali, come anche altre procedure non aperte al pubblico, ad esempio stabilizzazioni o mobilità, possono coprire solo i restanti 50 posti disponibili.

Il parere Protocollo N.0115048/2022 del 10/07/2022 del Dipartimento della Funzione pubblica, Ufficio per l’organizzazione ed il lavoro pubblico, Servizio per la programmazione delle assunzioni e la mobilità, rivolto al comune di Lecce contiene un utile chiarimento per capire come funziona la garanzia del prevalente accesso dall’esterno.

In maniera da considerare poco opportuna, il d.l. 80/2021 ha riformato l’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001, tornando a configurare le progressioni verticali come un sistema di reclutamento “chiuso”. E’ stata cancellata la previsione introdotta dal d.lgs 150/2009 secondo la quale le progressioni verticali consistevano in concorsi pubblici con riserva di posti, per tornare al passato e regolarle come veri e proprie prove interamente riservate ai dipendenti di ciascun ente.

Il comma 1-bis citato, dunque, sul punto prevede che “Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti”.

Le amministrazioni pubbliche, e quelle locali in particolare, da sempre aspirano a ridurre quanto possibile le selezioni mediante concorsi. Non solo per le difficoltà amministrative ed operative retrostanti, ma per l’ambizione a scegliere i dipendenti da assumere. Si pensi alle procedure di mobilità, un tempo del tutto “ad personam”, oggi invece basate su avvisi pubblici (che, spesso, comunque, sono soltanto il paravento comunque a selezioni ben mirate).

Nel corso del tempo, il legislatore ha adottato ondivaghe previsioni, volte a contenere ambizioni ad assunzioni “nominative”, che non si conciliano con l’articolo 97 della Costituzione, letto dalla Consulta come baluardo insormontabile, almeno nella quota di un 50% delle assunzioni da destinare al concorso pubblico.

Il tema consiste esattamente nel cogliere esattamente il concetto di “pubblicità” del concorso.

Non in pochi si limitano ad un’interpretazione del lemma “concorso pubblico” strettamente limitato al significato di “pubblico” evincibile dalla legge 241/1990 e dalle regole di trasparenza: è, dunque, secondo simile modo di vedere, “pubblico” il concorso laddove si dia pubblicità e visibilità alla procedura selettiva e si consenta in modo trasparente di verificarne l’andamento, a prescindere dalla determinazione del perimetro dei soggetti ammissibili al concorso stesso.

Ma, questa è una chiave di lettura erronea. Il concorso è “pubblico” non solo per il necessario rispetto delle norme in tema di pubblicità e trasparenza, ma soprattutto perchè è “aperto al pubblico”, sicchè il suo perimetro non incontri vincoli soggettivi all’ammissione, tali da restringere la partecipazione esclusivamente a chi già conduca con la PA un rapporto di lavoro, o presso la medesima PA che assume (progressioni verticali o stabilizzazioni) o, in generale, nel complessivo ambito pubblico (mobilità volontaria).

Il concorso pubblico, pertanto, è tale se totalmente aperto al mercato e privo di riserve specifiche a lavoratori alle dipendenze della PA.

Ecco perchè la Funzione Pubblica, ricordato il vincolo ad assicurare il 50% alle assunzioni tramite concorso pubblico, precisa: “Ne consegue che, una volta determinato in base a tale percentuale il numero delle posizioni disponibili a tal fine, esse saranno accessibili solo e soltanto dall’esterno e, quindi, intangibili rispetto a qualsiasi altra procedura a carattere riservato, quantunque volta alla valorizzazione del personale già in servizio presso l’ente, come è il caso delle stabilizzazioni ex articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 75/2001”.

Dunque, “una volta individuato il cinquanta per cento da destinare all’esterno nei termini suddetti, l’ente potrà eventualmente decidere di coprire il fabbisogno di personale per il restante cinquanta per cento per cento facendo ricorso a progressioni verticali, stabilizzazioni o mobilità”.

E’ evidente che per garantire l’effettivo rispetto della soglia del 50% dei reclutamenti mediante procedure concorsuali pubbliche ed aperte al pubblico, tale percentuale non possa essere calcolata sul triennio della programmazione dei fabbisogni, ma necessariamente sulla prima annualità di essa.

Le ragioni di ciò sono almeno le seguenti:

  1. in ogni programmazione triennale scorrevole, il secondo ed il terzo anno sono esclusivamente di natura previsionale e non operativa; solo la prima annualità attiene alla gestione e consente la materiale attivazione delle procedure connesse (avviene così anche nell’ambito degli appalti);
  2. se si ammettesse la possibilità di “spalmare” il 50% nel triennio, si consentirebbe alle PA di effettuare, per esempio, nella prima annualità solo ed esclusivamente procedure riservate, tradendo il chiaro spirito della norma e senza per altro la garanzia che nelle annualità successive effettivamente poi si effettuino i concorsi;
  3. il 50% deve potersi calcolare su una grandezza certa e consolidata: solo le assunzioni previste nella prima annualità lo sono, visto l’incertezza caratterizzante le annualità successive, condizionate dal rapporto spesa di personale/entrate.

Pertanto, volendo raffigurare in una tabella le facoltà normative di assunzione:

Assunzioni previste nel programma triennale= 36 1° anno 2° anno 3° anno
16 12 8
Modalità delle assunzioni relative al solo 1°anno:
Concorso pubblico: non meno della metà delle assunzioni 8
Progressioni verticali: non più della metà delle assunzioni 4
Stabilizzazioni: non più della metà delle assunzioni 2
Mobilità volontaria: non più della metà delle assunzioni 2

La somma delle modalità di assunzione non può mai superare il 50%. Ovviamente, le modalità di assunzione diverse dal concorso pubblico sono tutte facoltative, dunque è possibile assumere il 100% dei dipendenti mediante concorso pubblico o comunque non avvalersi di qualcuna delle modalità “riservate”.

Decreto trasparenza, sì al secondo lavoro ma non per gli statali

In base al decreto legislativo 104 del 2022 c.d. “decreto trasparenza” i dipendenti potranno avere anche un secondo lavoro al di fuori dell’orario lavorativo alle dipendenze del proprio datore. Quest’ultimo non potrà vietarlo, a meno che questo secondo lavoro non comporti rischi per la salute e la sicurezza del dipendente o nel caso vi sia un conflitto di interessi tra le due attività. La norma spiega che, per i dipendenti pubblici, resta in vigore quanto previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001. Il comma sette dell’articolo 53 del decreto 165 prevede che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione deve verificare l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi.