Bonus 200 euro, i neopensionati non lo riceveranno

Tratto da PAmagazine

Mentre si discute del nuovo decreto Aiuti, emergono nuove categorie escluse a luglio dal bonus 200 euro. Non riceveranno l’incentivo i neopensionati: l’articolo 32 del primo decreto Aiuti stabilisce infatti che il bonus debba essere erogato a chi risulta titolare di una pensione con decorrenza entro il 30 giugno e con un reddito personale imponibile non superiore a 35mila euro nel 2021. Risultato, chi è in pensione dal primo luglio è tagliato fuori. Non solo non riceverà i 200 euro dall’Inps: non li avrà nemmeno dal vecchio datore di lavoro visto che non ha diritto allo stipendio di luglio.

La beffa

«In favore dei soggetti residenti in Italia, titolari di uno o più trattamenti pensionistici, con decorrenza entro il 30 giugno 2022, corrisponde d’ufficio con la mensilità di luglio 2022 un’indennità una tantum pari a 200 euro», recita l’articolo 32 del decreto Aiuti. Così invece l’articolo 31: «Ai lavoratori dipendenti è riconosciuta per il tramite dei datori di lavoro nella retribuzione erogata nel mese di luglio 2022 una somma a titolo di indennità una tantum di importo pari a 200 euro». Insomma, il governo sembra essersi dimenticato di coloro che sono andati in pensione all’inizio di questo mese, nonostante abbiano in teoria le carte in regola per usufruire del beneficio. Un vulnus che non è stato eliminato dalle tante modifiche della legge di conversione del decreto Aiuti. In questi giorni stanno ricevendo i 200 euro i lavoratori dipendenti pubblici e privati con contratto in essere a luglio. Riscuoteranno il bonus in ritardo, ovvero dopo l’estate, i lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, autonomi occasionali, colf e badanti, stagionali a tempo determinato e intermittenti (compresi i lavoratori a tempo determinato del settore agricolo) e gli incaricati delle vendite a domicilio. Cattive notizie per i titolari di partita Iva. Ci sono fondi, 80 milioni, per accontentarne 400mila: non è remota perciò l’ipotesi di un click day.

Nuovi aiuti

Il decreto Aiuti bis è uno degli affari correnti di cui si deve occupare il governo uscente. Il provvedimento è molto atteso da famiglie e aziende alle prese con le conseguenze dello shock energetico e dell’inflazione. Diverse le ipotesi sul tavolo, dalla proroga del bonus 200 euro contro i rincari delle bollette al taglio dell’Iva di alcuni beni alimentari di largo consumo. Ci sono a disposizione risorse per 10 miliardi di euro circa. Il governo dovrebbe varare il decreto la settimana prossima. Novità in arrivo anche per il taglio delle accise sulla benzina in scadenza il prossimo 21 agosto: anche in questo caso si valuta la possibilità di prorogare lo sconto almeno fino a dopo le elezioni in programma il 25 settembre.

Aumenti di stipendio fino a 27 euro al mese per i redditi sotto i 35 mila euro. Pensioni rivalutate del 2%. Stop al bonus 200 euro

Tratto da PAmagazine

Prende forma il nuovo decreto aiuti del governo che sarà approvato la prossima settimana dal consiglio dei ministri. Si tratterà, probabilmente, dell’ultima manovra del governo Draghi prima delle elezioni politiche previste per il 25 settembre. Sul tavolo il governo metterà 14,3 miliardi per finanziare le misure di aiuto che saranno destinate prevalentemente ai lavoratori a basso reddito, ai pensionati e alle imprese. A differenza di quanto circolato nei giorni scorsi, nel provvedimento non dovrebbero trovare spazio il rinnovo del bonus da 200 euro e neppure il taglio selettivo dell’Iva sui prodotti di più largo consumo come il pane e la pasta. Ma vediamo nel dettaglio quali sono gli interventi previsti dal governo.

IN BUSTA PAGA FINO A 27 EURO AL MESE PER I REDDITI BASSI

La prima misura annunciata dal governo è un nuovo taglio del cuneo contributivo. Il decreto ridurrà dell’1% (ma la percentuale è ancora oggetto di trattativa e di verifica tecnica) i contributi dovuti dai lavoratori all’Inps. Il taglio sarà applicato soltanto ai redditi fino a 35 mila euro, di fatto come già avviene per il taglio dello 0,8% introdotto sempre dal governo Draghi nella manovra di bilancio dello scorso anno e in vigore fino a dicembre. Quanto vale il nuovo taglio dei contributi? Per un lavoratore con un reddito di 35 mila euro l’anno lordi, il taglio si tradurrebbe in un aumento mensile della busta paga di circa 27 euro. Per un dipendente che guadagna invece 30 mila euro lordi l’anno, il taglio vale circa 23 euro mensili. Per un lavoratore che invece guadagna 25 mila euro lordi, si tratta di un aumento mensile della busta paga di circa 19 euro. Per un dipendente che guadagna 20 mila euro lordi l’anno, il beneficio mensile sarebbe di 15 euro.

PENSIONI RIVALUTATE DEL 2%

La seconda misura che troverà spazio nel decreto aiuti del governo, è un anticipo della rivalutazione all’inflazione delle pensioni. L’ipotesi al momento è che a partire dal mese di ottobre, gli assegni vengano aumentati del 2 per cento, in modo da avviare un recupero dell’inflazione che per adesso viaggia a ritmi superiori al 7 per cento. A gennaio del 2023, poi, verrebbe riconosciuto agli assegni il 100 per cento del caro vita in base al meccanismo di rivalutazione automatica tornato in vigore dopo anni di congelamento. Il meccanismo prevede:

  • rivalutazione al 100% dell’inflazione per gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo (2.062 euro al mese);
  • rivalutazione al 90% dell’inflazione per gli assegni compresi tra 4 e 5 volte il minimo (2.062-2.578 euro al mese);
  • rivalutazione al 75% dell’inflazione per gli assegni sopra 5 volte il minimo (sopra 2.578 euro al mese)

IL BONUS DA 200 EURO

A differenza di quanto circolato nei giorni scorsi, non ci sarà invece una replica per agosto del bonus da 200 euro erogato nel mese di luglio. Il motivo è che la misura avrebbe avuto un costo eccessivo per le casse dello Stato (circa 6,8 miliardi di euro). Ma la verità è anche che il governo Draghi sembra orientato a introdurre una serie di misure più “strutturali” che durino almeno fino alla fine dell’anno. Il bonus dei 200 euro ad agosto, comunque, sarà riconosciuto a una serie di categorie che erano rimaste escluse dall’erogazione di luglio, come i lavoratori agricoli, gli insegnanti precari e i lavoratori dello spettacolo.

LE BOLLETTE

Nel provvedimento che sarà approvato la prossima settimana, poi, ci sarà un consistente pacchetto energia per aiutare le famiglie con il caro bollette. Innanzitutto viene previsto l’azzeramento degli oneri di sistema sulle bollette di luce e gas fino alla fine dell’anno. Si tratta di una misura molto importante. Gli oneri di sistema sono una serie di voci che non hanno nulla a che fare con l’acquisto di energia da parte degli utenti, ma che pesano fino al 30 per cento del conto finale delle bollette che mensilmente o bimestralmente le famiglie pagano. Da inizio anno questi oneri sono stati azzerati dal governo, di fatto alleggerendo le bollette e rendendo più sostenibili gli aumenti dovuti all’andamento del prezzo del gas. L’azzeramento per adesso è previsto fino alla fine di settembre. Per l’ultimo trimestre dell’anno, insomma, gli oneri tornerebbero a incidere sulle bollette, per cui il governo ha deciso di prorogarne l’azzeramento fino al 31 dicembre. Così come è stato deciso di prorogare per altri due mesi, dal 21 agosto fino al 21 ottobre, lo sconto di 30 centesimi sulle accise per benzina e diesel.

Trattamento economico per mansioni superiori in caso di ferie o malattia

Tratto da lentepubblica.it

In un orientamento applicativo dell’Aran si parla di trattamento economico spettante ad un lavoratore a cui siano state assegnate le mansioni superiori, qualora si sia assenti per ferie o malattia.


Disponibile dunque il parere CFL163 del 21 luglio 2022 dell’Aran, che fornisce alcune indicazioni sul trattamento economico per mansioni superiori in caso di ferie o malattia.

Nello specifico il quesito posto all’interno della richiesta di parere richiedeva:

Qual è il trattamento economico spettante ad un lavoratore a cui si assegnano le mansioni superiori, qualora si assenti per ferie o malattia?

In relazione al quesito in oggetto si evidenzia che la disciplina contrattuale prevista dall’art. 8, comma 7, del CCNL del 14.9.2000, nel disciplinare l’istituto delle “mansioni superiori” rinvia, per quanto non espressamente regolato, alle disposizioni di cui al D. Lgs 165/2001.

Relativamente alla questione posta, pertanto, non può che farsi riferimento ai contenuti di cui all’art.  52, comma 4, del richiamato D. Lgs 165 del 2001 secondo il quale, quando ricorrono i presupposti per l’assegnazione del pubblico dipendente a mansioni superiori “per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore”.

L’Aran ritiene, per fare chirezza, che non si corrisponde il trattamento retributivo differenziale connesso all’espletamento di mansioni superiori:

  • nel caso di fruizione di giornate di ferie
  • nei casi di assenza imputabile a malattia, infortunio o permesso per motivi personali,

Questo poiché in queste giornate, la prestazione lavorativa non risulta effettuata.

Diversamente, si ritiene che il trattamento retributivo corrispondente alle mansioni superiori debba essere erogato in occasione delle festività e delle giornate di riposo settimanale in quanto tali giornate non interrompono la necessaria continuità nell’esercizio delle mansioni superiori.

Il testo completo del parere

Potete consultare e scaricare qui il testo completo del Parere dell’Aran.

Riscatto laurea, quando conviene (e quando no): i conti per tutte le età Gli esempi: da 30 a 60 anni

Sul sito corriere.it l’articolo integrale di Gabriele Petrucciani

QUI L’ARTICOLO
La proposta e la situazione attuale

Riscattare gratuitamente gli anni di studio all’università, seguendo l’esempio della Germania. È la proposta rilanciata poche settimane fa dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, convinto che l’iniziativa «possa incentivare i ragazzi a studiare, in un Paese in cui la percentuale di laureati è la più bassa in Unione Europea dopo la Romania (il 20% tra i 25 e i 64 anni nel 2021, contro una media Ue del 33,4%, ndr)».
Un intervento che necessiterebbe però di risorse importanti, stimate dall’Inps in circa 4 miliardi di euro. E, oltre a incentivare i giovani a studiare, il riscatto servirebbe anche ad «anticipare l’età pensionabile, compensando l’ingresso differito nel mercato del lavoro a causa dei periodi di studio», ha puntualizzato Tridico in occasione del Festival del Lavoro che si è tenuto a Bologna a fine giugno.

A oggi, l’unica agevolazione di cui si può godere è il riscatto della laurea in forma agevolata (il cosiddetto riscatto light), a un costo per ogni anno di università di 5.360,19 euro, deducibile al 100% ai fini fiscali. Inoltre, l’importo complessivo (su cinque anni, per esempio, si spendono 26.800,95 euro) può essere rateizzato fino a 120 rate (10 anni) senza interessi. Un investimento che, in base alla propria anzianità lavorativa, e quindi agli anni di contributi versati, potrebbe essere utile ad anticipare il pensionamento o a rimpolpare la rendita. Anche se ci sono casi limite in cui il riscatto non risulta conveniente ai fini del ritiro anticipato dalla vita lavorativa.

LEGGI ANCHE:
– Hai 30, 40, 50 o 60 anni? La mappa delle opzioni per il riscatto della laurea

Ferie non godute: è la PA che deve dimostrare di avere invitato formalmente il lavoratore a prendere le ferie

Corte di Cassazione, sentenza n. 19189 del 14 giugno 2022

 

La Corte di appello di Venezia, confermando la sentenza di prime cure, ha accolto la domanda di X, di condanna dell’amministrazione al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute relative agli anni 2007, 2008 e 2009, per complessivi 70 giorni.

Deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità più recente (si veda specificamente Cass. n. 14268/2022) ha operato una rilettura dello statuto delle ferie in armonia con l’interpretazione del diritto dell’Unione – nello specifico dell’art. 7 della Direttiva 2003/1988/CE e dell’art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – offerta dalla Corte di Giustizia (si vedano le tre sentenze della Corte di Giustizia del 6 novembre 2018, in cause riunite C-569/2016 e C-570/2016; in causa C-619/2016; in causa C-684/2016). La S.C. ha affermato (si vedano nello specifico i punti 18, 19 e 20 della pronunzia innanzi richiamata, al cui orientamento va data continuità) che i lavoratori non possono perdere il diritto alla indennità finanziaria per le ferie non godute, senza previa verifica del fatto che il datore li abbia effettivamente posti in condizione di esercitare il proprio diritto alla fruizione del riposo annuale, anche attraverso una informazione adeguata. Insomma, è il datore che deve provare di essersi assicurato che il lavoratore esercitasse il diritto alla fruizione delle ferie: 1) informandolo in modo accurato ed in tempo utile del diritto alla fruizione delle ferie, garantendo in tal modo che esse rispondano all’effettivo scopo cui sono preposte, quello di apportare all’interessato riposo e relax; 2) invitandolo, se necessario formalmente, al godimento delle ferie medesime.
Tanto precisato, è alla luce di detti principi che va corretta la motivazione della Corte di Appello e confermato il diritto del X all’indennità sostitutiva, non perché abbia dato prova della ricorrenza della sussistenza di necessità aziendali obiettive e assolutamente eccezionali, quanto piuttosto perché il datore, su cui incombeva detto onere, non ha né allegato, né dato prova di averlo informato, in modo tempestivo e completo, secondo quanto si è innanzi esposto, della necessità di fruire delle ferie pena la perdita di ogni diritto relativamente ad esse, irrilevante la qualifica dirigenziale rivestita

Contratto dei regionali in uno stallo inaccettabile. STRALCIAMO LA PARTE ECONOMICA

Nei giorni scorsi è stata distribuita dai sindacati autonomi ai dipendenti regionali l’ultima bozza del contratto giuridico ed economico triennio 2019-2021 (inviata dall’ARAN Sicilia il 14 luglio scorso) che, il governo regionale e i sindacati confederali vorrebbero venisse immediatamente sottoscritta.
Ciò si è reso necessario a seguito delle inverosimili accuse mosse dai sindacati confederali di “irresponsabilità” ai sindacati autonomi maggioritari che, così, hanno invitato tutti i dipendenti a trovare “un solo rigo” del contratto che fosse stato scritto a favore dei lavoratori.
Nel frattempo, sulla legge di stabilità regionale, si è pure abbattuta pesantemente la scure della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, sostanzialmente, ha impugnato gran parte delle norme di carattere finanziario con ricadute anche sulle aspettative di rimpinguamento delle risorse destinate, a diverso titolo, ai miglioramenti economici dei dipendenti regionali.
Ciò oltre a dimostrare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la solita incapacità e inadeguatezza della classe politica siciliana, rende necessario, nel rispetto prioritario dei diritti dei cittadini/utenti, uno specifico e urgente intervento legislativo utile a sancire l’assoluta necessità di modernizzare la macchina amministrativa della Regione siciliana attraverso una riscrittura di tutto l’apparato amministrativo e tecnico del personale e, immediatamente dopo, sbloccare l’indizione di specifici concorsi per rimpiazzare la moltitudine di regionali andati, nel frattempo, in pensione.
Intanto, al fine di non mortificare oltremodo le aspettative disattese di tutti i lavoratori regionali degli enti e società in house, i sindacati autonomi maggioritari chiedono al governo regionale:
1. di dare immediate disposizioni affinché venga stralciata dal contratto la parte economica, il cui costo complessivo deve essere pari al totale dell’incremento medio complessivo delle voci retributive, adottato dall’Aran per il rinnovo dei contratti nazionali del pubblico impiego e nello specifico dal comparto nazionale funzioni locali;
2. l’approvazione da parte dell’ARS, nella legge di assestamento di bilancio, di una norma che autorizza le delegazioni trattanti ad utilizzare tutte le risorse presenti nel fondo per il rinnovo del contratto 2019 – 2021;
3. la prosecuzione della trattativa per il rinnovo giuridico, nelle more che siano risolti gli impedimenti giuridici in atto pendenti: impugnativa dello Stato e compensazione del debito con i previsti 8 miliardi di introiti statali a sostegno dell’aumentata spesa sanitaria.
Sia chiaro che a ulteriori atteggiamenti dilatori da parte della politica costringeranno i sindacati autonomi maggioritari, inevitabilmente, a una campagna stampa e sindacale contro tutte le malefatte e inadempienze del governo proprio nell’imminenza delle votazioni per il rinnovo dell’assemblea regionale siciliana.

In Italia anche chi lavora è povero

In Italia la povertà assoluta è ai massimi storici. Secondo i dati Istat, si attestano sotto la soglia 1,9 milioni di famiglie (7,4 per cento) e 5,6 milioni di individui (il 9,4 per cento della popolazione). Fin qui, dati abbastanza noti, ma confrontando altri dati, appare chiaro che nel Belpaese, oggi, anche chi lavora non è al riparo dal rischio povertà.

Il potere d’acquisto degli italiani negli ultimi trent’anni è crollato. Ha fatto scalpore, nel maggio scorso, il dato Ocse che posiziona l’Italia all’ultimo posto in Europa per aumenti degli stipendi dal 1990 al 2020. In realtà, il nostro Paese è l’unico a far registrare un valore negativo, -2,9. Vuol dire che in questo lasso di tempo, a parità di occupazione, lo stipendio è diminuito in valore assoluto.

Lo stipendio medio lordo di un lavoratore dipendente italiano è di poco superiore ai 29mila euro annui. Molto poco in confronto alla media europea, 37.400 euro, e a quella dei principali Paesi come Francia (superiore ai 40mila euro) e Germania (44mila euro). Per comprendere quanto siano pochi i 29mila euro italiani basta pensare al bonus 200 erogato dal Governo per i lavoratori a basso reddito, con un limite massimo individuato a 35mila euro. Ciò vuol dire che il reddito medio è quasi 6mila euro sotto la soglia individuata come basso reddito.

A ciò va aggiunto un altro dei temi di maggiore attualità del momento: il tasso di inflazione. Secondo Eurostat, a maggio di quest’anno l’indice della Penisola si è attestato al 7,3 per cento. Un dato che potrebbe apparire addirittura positivo se confrontato con la media Ue (8,1 per cento) o con Germania (8,2) e Spagna (8,5). Pure illusioni. Infatti, la media europa è “drogata” dai tassi di inflazione a due cifre dei paesi in via di sviluppo come Lituania (18,5) ed Estonia (20,1), dove inflazione può voler dire anche crescita. in considerazione del fatto che i due paesi, negli ultimi trent’anni, hanno visto aumentare gli stipendi rispettivamente del 276 e del 237 per cento.

Allo stesso modo, anche il tasso di inflazione di Germania e Spagna si registra in paesi che hanno visto crescere i redditi medi, basti pensare che i tedeschi guadagnano il 33,7 per cento in più rispetto al 1990. In Italia, quindi, con gli stipendi che continuano a scendere, l’inflazione al 7,3 per cento è una pessima notizia.

A rendere ancora più poveri i lavoratori italiani è la pressione fiscale. Con il 42,6 per cento il nostro paese si attesta sopra alla media Ue (41,6) e al sesto posto in Europa. I cittadini dei cinque Stati davanti (Francia, Danimarca, Belgio, Svezia e Austria) hanno un potere d’acquisto maggiore e maggiori servizi.

Questi numeri raccontano un paese in declino e sempre più povero, dove chi lavora ha sempre più difficoltà ad arrivare a fine mese. Da anni si parla di un riforma del cuneo fiscale, la differenza che passa tra quanto un lavoratore costa all’azienda e quanti soldi arrivano effettivamente nelle tasche del dipendente. Ma i vari Governi non sono mai andati oltre le chiacchiere.

Regole per il conferimento di incarichi di consulenza

Sul sito NTPlus del Sole24ore l’articolo integrale di Gianluca Bertagna

La Corte dei conti dell’Emilia Romagna, con la delibera n. 68/2022/VSG, ha ricordato le regole per l’affidamento di incarichi di consulenza:
• occorre la dimostrazione documentale del previo accertamento, da parte della pubblica amministrazione, dell’impossibilità di utilizzare risorse interne per le prestazioni oggetto dell’incarico di consulenza;
• la verifica dell’indisponibilità delle risorse interne costituisce un prius logico necessario, da utilizzarsi dall’amministrazione nel percorso discrezionale-valutativo che si conclude con la decisione di conferire l’incarico e che, in tal senso, il corredo motivazionale deve sussistere all’adozione dell’atto, senza possibilità di integrazioni postume o di motivazioni assunte per relationem (per conforme orientamento, Corte conti, sezione giurisdizionale Molise, sentenza n. 9/2019);
• non sono più ammissibili, nel quadro normativo vigente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
• i singoli incarichi di patrocinio legale devono essere correttamente inquadrati come appalto di servizi, da affidarsi in conformità al codice dei contratti pubblici (Dlgs 50/2016);
• devono essere espletate procedure comparative generalizzate, mediante avvisi pubblici rivolti alla generalità degli interessati, per preservare i principi di imparzialità, pubblicità e concorrenza; pertanto, sono illegittime consultazioni informali su un ristretto numero di professionisti (mediante lettere di invito);
• violano le norme vigenti disposizioni regolamentari che prevedano il conferimento diretto di incarichi per prestazioni strettamente connesse alle abilità del prestatore d’opera o a sue particolari qualificazioni, elaborazioni o interpretazioni (Corte conti, sezione regionale controllo per l’Emilia Romagna, delibera n. 110/2017/PARI e sezione regionale di controllo per il Piemonte, delibera n. 79/2020/REG).

COMUNICATO STAMPA REGIONE, IMPUGNATIVA NORME LEGGE STABILITA’. COBAS-CODIR, SADIRS E SIAD-CSA-CISAL: MUSUMECI E ARMAO HANNO FIRMATO UN ACCORDO TRUFFA

PALERMO, 22 luglio 2022
“Il 23 aprile scorso gli organi di stampa hanno diffuso la notizia, mai smentita dal governo regionale, secondo cui lo Stato deve alla Sicilia 8 miliardi: per i tecnici del Mef e della Regione, soldi mai versati dal 2007 a oggi previsti dalle Leggi nazionali. Se l’Isola incassasse per intero gli 8 miliardi pregressi si azzererebbe il disavanzo di bilancio, pari a circa 7 miliardi. Ma il governo regionale guidato da Musumeci, invece di cedere allo Stato il debito contratto per azzerare la partita, ha sottoscritto un accordo truffa con lo Stato italiano che, tra le altre cose – come dimostra l’impugnativa della Legge di Stabilità regionale 2022 da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri – azzera ogni possibilità di rinnovare la macchina amministrativa regionale, non consentendo neanche di utilizzare i risparmi di spesa ottenuti sul personale per ottimizzare i processi riorganizzativi e riclassificare il personale stesso in un nuovo sistema classificatorio, nè consentendo di fare nuove assunzioni sebbene la Regione si avvii nel prossimo biennio verso il default organizzativo per carenza di personale.”
Questo il commento delle segreterie regionali dei sindacati autonomi dei dipendenti regionali Cobas-Codir, Sadirs e Siad-Csa-Cisal che rappresentano il 60% delle forze sindacali alla Regione siciliana.
Dario Matranga e Marcello Minio del Cobas-Codir, Fulvio Pantano del Sadirs, Angelo Lo Curto e Giuseppe Badagliacca del Siad-Csa-Cisal aggiungono: “Il governo regionale, se veramente ha a cuore il destino della Regione e della Sicilia, non solo ha il dovere morale e politico di resistere davanti all’impugnativa ma, nell’ambito del DDL “Modifiche alle leggi regionali n. 13 e n. 14 del 25 maggio 2022 e variazioni al Bilancio di previsione della Regione Siciliana per il triennio 2022/2024” che dovrebbe essere approvato entro fine mese, abbia il coraggio di mettere in trasparenza i conti con lo Stato, portando in pareggio il disavanzo della Regione per consentire tutti gli investimenti e la spesa di cui la Sicilia ha bisogno per la propria ripresa.”

Il CdM ha impugnato la finanziaria regionale 2022-2024. La scure si abbatte su decine di articoli tra cui la norma che stanziava le risorse per la riclassificazione già ritenute insufficienti dal Cobas/Codir e dagli altri autonomi

Dettaglio Legge Regionale

Legge di stabilità regionale 2022-2024 (25-5-2022)
Sicilia
Legge n.13 del 25-5-2022
n.24 del 28-5-2022
Politiche economiche e finanziarie

21-7-2022 / Impugnata

La legge di stabilità regionale della Sicilia n. 13 del 2022 è censurabile relativamente alle disposizioni contenute negli articoli che di seguito si riportano in quanto eccedono dalle competenze statutarie attribuite alla Regione siciliana dallo Statuto speciale di autonomia e si pongono in contrasto con molteplici principi della Carta Costituzionale, per le motivazioni qui illustrate.
3.1 e 2
Articolo 3 (Norme in materia di personale): la disposizione interviene in materia di trattamento accessorio e di revisione del sistema di classificazione del personale, destinando a tali istituti le somme derivanti dalle riduzioni strutturali della spesa per il trattamento accessorio, in netta antitesi con i principi e gli impegni assunti in materia di contenimento della spesa corrente di cui all’Accordo Stato Regione Siciliana del 14 gennaio 2021 per il ripiano decennale del disavanzo. Nello specifico, il citato articolo 3 della norma regionale in esame:
• al comma 1 prevede, al fine di recepire la normativa statale di cui all’articolo 1, comma 604, della legge n. 234/2021, l’incremento dei fondi per il trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di complessivi 1,6 mln di euro, nel rispetto del limite massimo dello 0,22% del monte salari 2018, utilizzando a copertura di tali oneri, a decorrere dall’anno 2022, i risparmi di spesa di cui ai successivi commi 3 e 4;
al comma 2 prevede, al fine di recepire la normativa statale in materia di classificazione professionale di cui all’articolo 1, comma 612, della legge n. 234/2021, di integrare le risorse già stanziate per il rinnovo del CCRL 2019-2021 di un importo pari a 1,35 mln di euro per l’anno 2022 e di 2,7 mln di euro a decorrere dall’anno 2023 utilizzando a copertura di tali oneri i risparmi di spesa di cui ai successivi commi 3 e 4;
• al comma 3 prevede che, a decorrere dall’anno 2022, al fine di dare attuazione al punto 2), lettere d) ed e), dell’Accordo-Regione Siciliana del 14 gennaio 2021, in materia di contenimento del trattamento economico accessorio, il fondo per la retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza è ridotto di un importo pari a 3,841 mln di euro rispetto all’ammontare del fondo 2021. Le economie di pari importo registrate nel fondo 2021 costituiscono in via definitiva e strutturale risparmi a beneficio del bilancio regionale.
• al comma 4 prevede che, a decorrere dall’anno 2022, al fine di dare attuazione al punto 2), lettere d) ed e), dell’Accordo-Regione Siciliana del 14 gennaio 2021, in materia di contenimento del trattamento economico accessorio, il fondo risorse decentrate del personale non dirigenziale è ridotto di un importo pari a 0,544 mln di euro rispetto all’ammontare del fondo 2021.
Al riguardo, il citato Accordo per il ripiano decennale del disavanzo subordina il raggiungimento del predetto obiettivo di risanamento ad una serie di interventi che prevedono l’obbligo per la Regione di adottare specifici impegni di contenimento e di riqualificazione della spesa regionale, mediante la riduzione strutturale di diverse componenti della spesa corrente, ivi incluse le spese di personale. In particolare, tra le misure indicate nel piano è ricompresa anche la riduzione del trattamento economico accessorio dei dipendenti regionali, compresi quelli di livello dirigenziale.
La norma regionale in esame, in evidente antitesi con il perseguimento delle finalità ivi contemplate, prevede l’utilizzo dei risparmi di natura strutturale e permanente derivanti, tra l’altro, dalle riduzioni di spesa del trattamento accessorio di cui al punto 2), lettere d) ed e) che, invece, il predetto Accordo destina al Piano decennale di rientro del disavanzo, relativo agli anni 2021-2029.