Dipendenti che rifiutano i trasferimenti?……Se fosse accaduto alla Regione…..

  • Ammutinamento dei dipendenti che presentano certificato medico;
  • Dipendenti che rifiutano in massa i trasferimenti;
  • Dirigenti costretti a ritirare ordini di servizio
  • Diffide dei sindacati contro l’amministrazione che modifica l’orario di lavoro
  • giudici del lavoro che danno ragione ai dipendenti e condannano il comune.

È successo in un’altra nazione?

No, al Comune di Palermo.

Pubblicato da benedettomineo

Dirigente sindacale Cobas/Codir

2 Risposte a “Dipendenti che rifiutano i trasferimenti?……Se fosse accaduto alla Regione…..”

  1. Caro Roberto,
    ho letto con attenzione il tuo commento che condivido.
    Per il modo in cui ti esprimi mi sembri un ex sindacalista che si è ritirato perché stanco di combattere contro i mulini a vento.
    Io, ancora, cerco di resistere.
    Ciao e grazie per il tuo contributo.

  2. Comune, Provincia, Regione o Stato, la musica non cambia.

    1) “Ammutinamento dei dipendenti che presentano certificato medico”: a prescindere dai “diritti” acquisiti, il suddetto comportamento, nella migliore delle ipotesi denota un certo lassismo ed una assoluta irresponsabilità del dipendente che non avrei alcuna difficoltà a definire infedele; anche l’Amministrazione è irresponsabile se non assume alcun provvedimento e non trova una soluzione al problema che, comunque, esiste; uguali responsabilità sono ascrivibili a tutti quei sindacati che difendono i lavoratori senza i dovuti distinguo, schierandosi contro l’Amministrazione a spada tratta e senza alcuna disponibilità alla comune ricerca di una soluzione, anche di “transizione”;

    2) “Dirigenti costretti a ritirare ordini di servizio”: il dirigente, profumatamente remunerato, non si può limitare ad emettere ordini di servizio, illegittimi, salvo poi ritirarli quando costretti da sentenze giudiziarie; al contrario, sono pagati per trovare soluzioni, nel rispetto delle norme, e quando non se ne possono individuare, almeno nel breve periodo, è obbligo degli stessi, certamente non rivalersi illegittimamente sulle categorie più deboli, ma assumersi ogni responsabilità ed esporsi in prima persona,…insomma, un pò come il capitano di una nave che affonda, ultimo a lasciare l’imbarcazione (Schettino fa eccezione):

    3) “Diffide dei sindacati contro l’amministrazione che modifica l’orario di lavoro”: giusto! Ruolo del sindacato è quello di fare rispettare le norme contrattuali. Attenzione, però! La storia, anche nel nostro sindacato, ci ricorda che le tutele di “massa”, senza le doverose distinzioni, appiattiscono e riducono le distanze fra i singoli…ed un presunto diritto di tutti, diventa inesorabilmente un certo diritto di nessuno. Nel merito, sarebbe più proficuo un “tavolo” nel quale decidere orari e turnazioni fra il personale in modo di non accontentare nessuno, di non scontentare nessuno, e lasciare tutti meno insoddisfatti possibile.

    4) “giudici del lavoro che danno ragione ai dipendenti e condannano il comune”: nelle forme, il giudizio non fa una piega. Non a caso ritengo che le soluzioni, ad un problema reale, vero, non vanno ricercate in un’aula di tribunale, ma fra datore di lavoro e parti sociali; sempre la recente storia, ci insegna, tra l’altro, che la giustizia, in materia di lavoro, è spesso effimera, tant’è che, a torto, quasi sempre viene garantita l’Amministrazione e condannato il lavoratore; se il Comune di Palermo fa eccezione, evidentemente è un pessimo momento per il nostro Sindaco nei rapporti con le autorità.

    Ciò detto, nelle more di tempi migliori, quali sono le soluzioni immediate e più indolori possibile? Semplice. Se in Amministrazione nessun dipendente ha il compito e/o il ruolo di aprire e chiudere una porta non è e non può essere un problema del cittadino che è contribuente ed ha il sacrosanto diritto di non subire ingiustificate ed assurde penalizzazioni. Pertanto, il dipendente che ha “giurato” fedeltà, con un pizzico di senso di responsabilità in più e senso del dovere potrebbe, come dire, essere meno rigido e non invocare l’intervento (forte ed immediato) dei sindacati per una palese violazione contrattuale; il dirigente, a fronte di una difficoltà di così ridicolo spessore potrebbe fare una sorta di provvisoria “rotazione” di tutto il personale senza distinzione di ruolo (compresi i dirigenti) per l’apertura e chiusura dell’Ufficio. Non mi pare una cosa terribile! I sindacati potrebbero incanalare su questo binario la “discussione” senza timore di inasprire il rapporto con la “casta” e senza il timore del ricatto di disdetta sindacale per la presunta mancata tutela. Probabilmente perdi qualche tesserato ma, alla lunga, recuperi adesioni di “simpatia” e consensi di opinione che garantiscono maggiore solidità al sindacato. E se così non fosse, pazienza! Il sindacato non è e non può essere finalizzato alla sua stessa “sussistenza”, costi quel che costi; piuttosto, se si esaurisce e se si esautora, significa che o ha sbagliato tutto o che i lavoratori hanno un grado di maturità inadeguato ed insufficiente. Bisogna farsene una ragione! La tutela deve essere garantita a tutti, soprattutto rispetto ai continui e ripetuti tentativi discriminatori e vessatori della Pubblica Amministrazione nei confronti del lavoratore; bisogna, però, imparare a indirizzare le discussioni su una sorta di differenziazione fra un lavoratore e l’altro basata su criteri “meritocratici” non arbitrari, discussi e condivisi ed in questo il sindacato deve essere “libero”, deve operare senza alcun condizionamento e senza sottoporsi ad alcun tentativo ricattatorio.
    Fin quando, invece, la “mediazione” non conosce limiti, assisteremo inerti alla dèbacle del sindacato e alla scomparsa dei diritti dei lavoratori, i quali non si rendono conto che il loro atteggiamento attuale rappresenta un vero e proprio suicidio lavorativo…

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