Pensione di reversibilità, dopo quanti anni di matrimonio? La norma anti badanti è incostituzionale

La pensione di reversibilità spetta anche se dalla data delle nozze e la morte della moglie/marito è passato un giorno soltanto. Infatti nel nostro ordinamento la reversibilità non viene calcolata in base alla durata del vincolo o all’età dei coniugi ma è un diritto che matura automaticamente sia in caso di matrimonio religioso che civile in comune.

In passato si è tentato di mettere dei limiti in modo da evitare matrimoni lampo con persone anziane in fin di vita o comunque con un quadro clinico compromesso. Tali limiti sono stati chiamati “anti-badanti” poiché in molte occasioni sono proprio le persone che passano più tempo con gli anziani ammalati a circuirli e cercare dei modi per lucrare alle loro spalle.

Nello specifico la norma del 2012 prevedeva una riduzione consistente dell’importo della pensione calcolato in base alla differenza di età tra i coniugi qualora il deceduto avesse avuto almeno 70 anni e il superstite almeno vent’anni di meno.

Tuttavia, come abbiamo anticipato, la Corte costituzionale nel 2016 ne ha dichiarato l’illegittimità in quanto contraria ai principi di ragionevolezza, uguaglianza e solidarietà. Dunque ad oggi non esiste alcun limite temporale e chi è sposato da un giorno può vantare le stesse pretese di chi ha avuto un lungo matrimonio.

Dipendenti regionali, due milioni in più per i premi di rendimento? Facciamo chiarezza

I soliti articoli scritti male più o meno inconsapevolmente e che portano fuori strada i non addetti ai lavori.

Intanto l’articolo si riferisce al FoRD 2020 e non al 2019 di cui si attendono i compensi legati alla performance dopo che l’OIV avrà validato la relazione che l’ufficio di gabinetto del presidente avrebbe dovuto esitare entro il 30 giugno e che, invece, è pervenuta all’OIV solamente la scorsa settimana dopo l’apprezzamento in giunta avvenuto il 12 novembre scorso.

Premesso ciò, vediamo come funziona il nuovo meccanismo.

Come il vecchio famp, il nuovo fondo FoRD ha un importo più o meno fisso che si aggira intorno ai 47/48 milioni. Il funzionamento è, però un po’ diverso.

Il famp veniva suddiviso ai dipartimenti in base al personale in servizio al 31 dicembre dell’anno precedente estrapolando a monte dei 47/48 milioni le indennità per beni culturali e forestale come previsto dal vecchio contratto 2002/2005. Con la quota assegnata a ciascun dipartimento si effettuavano le contrattazioni e, in quella sede, si stabilivano le percentuali per lavoro straordinario e indennità.

Il FoRD, introdotto dal nuovo contratto, prevede che, a inizio anno e senza contrattazione, ciascun dipartimento manifesti il proprio fabbisogno per indennità e straordinari in base ad una programmazione annuale che dovrebbe essere il più possibile oculata. Tutte le richieste pervengono all’Aran per il tramite della Funzione Pubblica e queste risorse vengono estrapolate a monte sempre dai famosi 47/48 milioni. Dopo di ciò le risorse verranno ripartite ai dipartimenti in base al personale in servizio per i premi legati alla performance.

La stranezza, sottolineata dall’articolo, è che proprio quest’anno (anno di covid e smart working) la somma delle richieste dei dipartimenti è di 2 milioni in più rispetto allo scorso anno. Ma questi 2 milioni in più non sono somme aggiuntive, sono somme che vengono detratte dal fondo generale (i famosi 47/48 milioni) che fanno diminuire la quota destinata alla performance.

Insomma, i 2 milioni in più sono sono olio della stessa frittura.

Se queste somme verranno spese tutte, tutto è buono e benedetto ma, specialmente quest’anno, è forte il rischio che non si riuscirà a spendere quanto richiesto e, con il nuovo meccanismo contrattuale, le economie non verranno ripartite in ambito dipartimentale ma confluiranno nel fondo FoRD generale dell’anno successivo. A questo punto ripartirà la giostra con il meccanismo sopra descritto.