I Dipendenti Pubblici non possono insultare la propria PA su Whatsapp

Tratto da lentepubblica.it

Una recente Sentenza del TAR pone un veto alla pratica di insultare o denigrare la propria PA nelle chat di messagistica di Whatsapp dei Dipendenti Pubblici: si rischiano pesanti sanzioni disciplinari.


A pronunciarsi sul delicato argomento è una recente Sentenza del TAR: d’ora in poi attenzione a chi denigra la propria amministrazione su Whatsapp, si rischia grosso.

Talvolta si pecca di ingenuità, pensando che le cancellazioni di un proprio commento offensivo, di uno “status” o di una foto possano in qualche modo funzionare.

Tuttavia se il dirigente pubblico viene a conoscenza di una conversazione, anche privata, ritenuta offensiva, può prendere pesanti provvedimenti nei confronti del pubblico impiegato.

I Dipendenti Pubblici non possono insultare la propria PA su Whatsapp

La sanzione disciplinare nel caso di specie risulta emanata con la seguente motivazione:

(…) avviava una conversazione di messaggistica istantanea (whatsapp) […] inoltrando allo stesso una serie di messaggi contenenti commenti, valutazioni, suggerimenti: lesivi del prestigio di Ufficiali di grado superiore; evocativi di una generale condizione di inaffidabilità del contesto di servizio cui l’interessato è stato destinato; tesi a minare il clima organizzativo e la serenità del personale […]

Secondo il Tar Sardegna (sentenza n. 174/2022) l’amministrazione che viene a conoscenza del contenuto di una conversazione avvenuta su whatsapp tra alcuni suoi dipendenti può certamente valutare la rilevanza disciplinare delle pesanti parole scritte sul proprio conto.

Non vale come giustificazione che quella conversazione sia avvenuta in una chat privata, cioè non aperta ad altre persone oltre a un unico suo collega.

Secondo il Tar, con riguardo alle amministrazioni operanti nei settori più delicati, le parole nocive per la reputazione dell’amministrazione non necessariamente devono avere tutti i presupposti previsti per la diffamazione penalmente rilevante per essere base di un rimprovero o anche di una sanzione disciplinare più grave.

Si badi bene che in tal caso si tratta di un discorso strettamente relativo al pubblico impiegato, e dunque non vale come principio per il settore privato.

Ricordiamo comunque che sul piano penale il reato di diffamazione non presuppone la pubblicità della comunicazione, bensì la semplice comunicazione che può essere “privata” e pure riservata.

Il testo completo della Sentenza

A questo link il testo completo della Sentenza.