Illegittimo negare i premi a chi fruisce della legge 104

Un imprenditore potrebbe domandarsi: ha senso che io paghi un premio di produzione a chi è assente perché fruisce dei permessi della «104»? Se uno pensa al senso di una gratifica di questo tipo, immagina che lo meriti chi grazie al suo effettivo lavoro contribuisce a migliorare l’andamento economico di un’azienda. Chi, invece, non ha potuto dare il suo contributo perché legittimamente impegnato altrove, perché dovrebbe ottenere lo stesso riconoscimento di chi non è mancato un solo giorno dall’ufficio? Insomma: beneficiando dei permessi della legge 104, si ha diritto ai premi di risultato?

Invece, la sentenza dei giudici piemontesi [1] dice il contrario, cioè: ai fini dell’erogazione della gratifica, le assenze per la fruizione dei permessi 104 sono da considerare alla pari delle presenze in ufficio. Significa che anche chi utilizza questo tipo di congedo ha diritto al premio di risultato, anzi: non riconoscerlo comporterebbe una discriminazione basata sulla disabilità.

Con la sentenza 212/2022, depositata il 14 giugno, la Corte d’appello di Torino ha dichiarato discriminatoria la condotta di una società che non ha considerato i permessi previsti dall’articolo 33 della legge 104/1992 come equivalenti alla presenza in servizio ai fini della determinazione del premio di risultato, condannandola al pagamento delle relative differenze retributive. I lavoratori ricorrenti avevano chiesto che i permessi 104 fossero considerati, nel premio di risultato, al pari della presenza in servizio.