Niente affascina cacicchi, assessori, funzionari quanto la frase “Dottò, se pijamo ‘n caffè pe’ parla’ de quaa pratica? Nun se po’ fa’ gnente pe’ accelerarla? ….. Nella PA i sogni digitali muoiono all’alba della Fase 2 (di Luigi Oliveri)

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Nella PA i sogni digitali muoiono all’alba della Fase 2

di Luigi Oliveri

Moltissime pubbliche amministrazioni non vedono l’ora di far partire anch’esse la “fase 2”, con tanti saluti al lavoro agile.
Niente affascina cacicchi, assessori, funzionari quanto la frase “Dottò, se pijamo ‘n caffè pe’ parla’ de quaa pratica? Nun se po’ fa’ gnente pe’ accelerarla?“. È il “contatto diretto” con il geometra, il consulente, l’avvocato, l’intermediario, che dà l’inebriante senso del “potere”, di “contare” qualcosa.
La “pratica” va fatta comunque, nel rispetto dei principi costituzionali di buon andamento, imparzialità e servizio nell’esclusivo interesse della Nazione. Ma, sentirsi presi per il braccio ed importanti, per la possibilità di “accelerare”, è impagabile.
L’emergenza COVID-19 avrebbe indicato alla PA un antidoto molto importante nei confronti di questo modo peloso di intendere i rapporti con i cittadini: il lavoro agile.
Inviso a chi, incapace di piani di lavoro idonei a determinare risultati misurabili, pensa che l’attività lavorativa sia quel qualcosa di indefinito tra una timbratura in entrata ed una in uscita, purché comunque si sia “presenti in servizio”; e a chi ha proprio tanto bisogno di quegli ammiccamenti, di quelle “riunioni di lavoro”, di quel “volemose bbene, parlamo daa pratica mentre se famo du’ spaghi“.
C’è una “fase 2” per la PA, ovvero una norma che dal 4 maggio preveda l’abbandono del lavoro agile e la totale riapertura totale degli uffici? Per nulla. Il 29 aprile è stata pubblicata la legge 27/2020, di conversione del d.l. 18/2020, che conferma, all’articolo 87, che il lavoro agile è (deve essere, non si tratta di una facoltà) la forma ordinaria di lavoro nella PA; il 26 aprile, il Dpcm sulla “fase 2” (o 1,5) aveva già confermato che nel lavoro pubblico si deve restare in smart working……continua a leggere

Taglio pensioni, il crollo del Pil per il coronavirus riduce del 3% gli assegni futuri

L’epidemia di coronavirus, che sta mettendo in ginocchio l’economia italiana, non risparmierà nemmeno i pensionati. Il crollo del Pil (le previsioni per l’intero 2020 oscillano tra il -8% del recente Documento di Economia e Finanza e il -9,5% stimato dalla Commissione Europea) ha infatti l’effetto di limare gli assegni pensionistici di chi lascerà il lavoro nei prossimi anni. Anzi, lo tsunami del Covid-19 si abbatterà sugli assegni pensionistici già dal prossimo anno. In caso di crollo del Pil dell’8% a fine anno il taglio delle contributive potrebbe arrivare fino al 3%.