Smart working nella Pa? Ministero che vai, sistema che trovi

Tratto da Il Sole 24 Ore

L’addio alle regole emergenziali non ha fermato il lavoro agile nella pubblica amministrazione ma la situazione cambia, e di molto, da ufficio a ufficio.


L’addio alle regole emergenziali non ha fermato il lavoro agile nelle Pa. Ma ha moltiplicato le responsabilità di chi le dirige. In un incrocio fra cultura gestionale e peculiarità degli uffici che produce un caleidoscopio di situazioni. I tifosi dello smart working possono guardare con soddisfazione al cuore della Pa italiana: Palazzo Chigi. Dove pare funzionare egregiamente. C’è addirittura una app «Lavoro agile» che permette di gestire gli accordi ed i monitoraggi settimanali delle attività svolte a distanza (modulo Z-Timesheet). Una sezione del nuovo portale «Customer Care» offre poi assistenza informatica e organizzativa.

Tanta creatività digitale è il segno che alla presidenza, un mondo che comprende anche Funzione pubblica, Affari regionali, Protezione civile e così via, allo smart working ci credono. E ci credono i dipendenti: il 66% ha firmato l’accordo individuale, che in genere dura fra i quattro e i cinque mesi e prevede una media di due giorni a settimana di lavoro agile, o una pianificazione strutturata da calendario che permette di andare oltre la soglia dei due giorni.

Ma per trovare un approccio decisamente più freddo basta fare un paio di chilometri e andare al ministero delle Infrastrutture. Lì da lunedì scorso si è deciso «il rientro in via ordinaria in presenza dei dipendenti», con l’obiettivo di «ripensare il nuovo istituto» per applicarlo «con un orientamento culturale non condizionato dalla fase emergenziale». Chi ha ragione?