Erogazione TFR ritardato nella Pubblica Amministrazione. In caso finisce davanti la Corte Costituzionale

Gazzetta del Sud del 14 aprile 2018

Il Tribunale di Roma ha sollevato la “questione di legittimità” alla Corte Costituzionale sui tempi di attesa per l’erogazione del trattamento di fine rapporto nel pubblico impiego. Infatti, uno statale “a differenza di un lavoratore privato deve aspettare 27 mesi per ricevere una prima parte del proprio Tfr/Tfs che possono arrivare fino a 51 mesi per l’ultima rata”.

Il ricorso è stato presentato da un ex dipendente del ministero della Giustizia, ora in pensione, contro l’Inps. La ricorrente chiede il riconoscimento del pagamento dovuto “senza dilazioni e/o rateizzazioni previste dalla normativa” e comunque “il riconoscimento degli interessi” legati al saldo e “la condanna dell’Inps al pagamento della somma dovuta al titolo di indennità di buonuscita”. La ricorrente, viene specificato, è stata “collocata a riposo dal primo settembre del 2016” e vista l’attuale normativa prenderebbe l’ultima rata del trattamento che le spetta nel “settembre del 2020”.

Il Tribunale ha “dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione, la questione di legittimità” sulle misure che a partire dal 1997 e poi dal 2010, con modifiche successive, hanno rivisto la materia.

“Una corresponsione dilazionata e rateale del trattamento di fine rapporto nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato può essere disposta in via congiunturale e programmatica, comunque temporanea, con specifico riferimento alla gravità della situazione economica in un determinato periodo di crisi, e non in via generale, permanente e definitiva, come avvenuto nella normativa in esame”.

Così l’ordinanza del Tribunale di Roma (seconda sezione lavoro), che ha sospeso il giudizio e trasmesso gli atti alla Consulta, su un ricorso per ritardo del pagamento del Tfr nella P.A. Per il Tribunale, infatti, in questo modo si verifica “sia una violazione dei principi di adeguatezza e sufficienza della retribuzione di cui all’articolo 36 della Costituzione che una violazione del principio di parità di trattamento di cui all’articolo 3 della Costituzione con riferimento alla situazione del rapporto di lavoro privato” (Fonte Ansa).

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