Brevi considerazioni sui provvedimenti di annullamento dei pensionamenti a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 235/2020

Come ho già illustrato in due articoli pubblicati nei giorni precedenti (QUESTOQUESTO) la Funzione Pubblica, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 235 del 22 ottobre 2020 che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 7 della legge regionale 6 agosto 2019, n. 14, ha avviato i procedimenti amministrativi per l’annullamento in autotutela dei provvedimenti di pensionamento con “quota 100” e i provvedimenti di pensionamento ai sensi dell’articolo 52, comma 5, della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, che in base al secondo comma dell’art. 7 della legge regionale 6 agosto 2019, n. 14, hanno maturato “i requisiti di pensione senza gli incrementi alla speranza di vita.

I destinatari del provvedimento di annullamento del pensionamento “quota 100” – si legge nelle note – dovranno rientrare in servizio entro il termine di giorni trenta dalla notifica del provvedimento e successivo recupero del trattamento pensionistico erogato.

Per i destinatari dei provvedimenti di annullamento del pensionamento ai sensi dell’articolo 52, comma 5, della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, l’annullamento è limitato alla decorrenza del trattamento pensionistico con conseguente riammissione temporanea in servizio (il tempo necessario a raggiungere l’aspettativa di vita) e parziale recupero del trattamento pensionistico erogato.


Brevi considerazioni.

Il problema che qui si pone, riguarda i possibili effetti retroattivi della decisione della Corte Costituzionale nei confronti della platea dei dipendenti regionali che sono stati cancellati dai ruoli ai sensi della legge dichiarata illegittima.

L’art. 136 della costituzione stabilisce che a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

L’articolo 30. comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) precisa che “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.

Dalla lettura di queste due norme si evince che gli effetti della sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale “riguardano solo i rapporti giuridici futuri. Potrebbero riguardare anche quelli che sono sorti in passato qualora si tratti di rapporti giuridici non esauriti”’.

In sostanza le sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale hanno efficacia erga omnes dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Gli effetti si determinano anche nei confronti dei rapporti ancora pendenti con esclusione dei “rapporti esauriti” che si verificano nel caso in cui gli atti amministrativi abbiano esaurito i loro effetti.

La pubblica amministrazione, del resto, ha adottato i provvedimenti di pensionamento sulla base di una legge pienamente efficace.

Secondo l’interpretazione prevalente, pertanto, fuori delle ipotesi, aventi carattere di eccezionalità, in cui essa travolge tutti gli effetti degli atti compiuti in base alla norma illegittima, la dichiarazione di incostituzionalità comporta la caducazione dei soli effetti non definitivi e, nei rapporti ancora in corso di svolgimento, anche degli effetti successivi alla pubblicazione della sentenza della corte costituzionale, restando quindi fermi quegli effetti anteriori che, pur essendo riconducibili allo stesso rapporto non ancora esaurito, abbiano definitivamente conseguito, in tutto o in parte, la loro funzione costitutiva, estintiva, modificativa o traslativa di situazioni giuridicamente rilevanti (Cass. Civile, sez. III, 11-04-1975, n. 1384)”.
E’ notorio, infatti, che una sentenza della Corte Costituzionale statuisce soltanto per il futuro e non per il passato facendo quindi salvi i diritti acquisiti.

Esistono, infatti limiti “intrinseci” agli effetti retroattivi della pronuncia di incostituzionalità; rapporti esauriti, prescrizione, decadenza.

In sostanza l’efficacia retroattiva della pronuncia di incostituzionalità non è illimitata ma presuppone che i rapporti su cui la decisione può produrre effetti siano ancora pendenti, cioè suscettibili di essere azionati in un giudizio. Laddove tali rapporti siano esauriti, invece, l’incostituzionalità non produce alcun effetto, prevalendo ragioni di certezza del diritto sullo stesso principio di legalità costituzionale.

Il problema, in questo caso, è se il collocamento in quiescenza costituisce una situazione giuridica irrevocabile o esaurita pur se avvenuto per effetto di una legge dichiarata incostituzionale.

Di certo, in una pubblica amministrazione, la riammissione in servizio di oltre 200 unità di personale è subordinata alla vacanza del posto in organico e alla copertura finanziaria.