Riforma Pensioni 2023, Ue prende posizione netta su uscite anticipate e aumento importi

Ue su riforma pensioni 2023 posizione netta in silenzio

In questi ultimi giorni, all’indomani del forte aumento dell’inflazione e dei repentini cambiamenti della situazione economica globale dovuta al conflitto ucraino, con particolare riferimento alla condizione italiana, l’Ue ha ribadito la necessità nonché l’urgenza per il nostro Paese di ridurre un debito pubblico che è diventato molto elevato.

Secondo quanto precisato dall’Ue, il rapporto tra debito pubblico e Pil dell’Italia dovrebbe scendere al 143,5% nel 2024 e al 141,4% nel 2025 e per il momento la stessa Ue chiede all’Italia interventi importanti anche sul catasto, andando oltre la riforma su cui è stato già trovato accordo, e sul cuneo fiscale.

Diversi devono essere impegni e sacrifici da parte dell’Italia e pensare di lavorare ora su una riforma pensioni 2023 che possa garantire maggiore flessibilità in uscita per tutti costerebbe troppo a fronte delle effettive disponibilità e nuovi obiettivi indicati da Bruxelles.

L’Ue non ha espressamente fatto riferimento alla riforma pensioni 2023 nè al dover mantenere quanto previsto dalla Legge Fornero ma, in base a quanto annunciato e richiesto da Bruxelles, ha silenziosamente fatto capire che una riforma delle pensioni non sarebbe ben vista.

DECRETO PRESIDENZIALE 5 aprile 2022, n. 9. Regolamento di attuazione del Titolo II della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19. Rimodulazione degli assetti organizzativi dei Dipartimenti regionali ai sensi all’articolo 13, comma 3, della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3

È stato pubblicato nella Gurs n. 25 del 1° giugno 2022 il Regolamento di attuazione del Titolo II della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19. Rimodulazione degli assetti organizzativi dei Dipartimenti regionali ai sensi all’articolo 13, comma 3, della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3.

Tfs statali subito senza attese, si apre reale possibilità con nuova decisione Tar del Lazio

Il Tar del Lazio si esprime su tempi di liquidazione del Tfs agli statali e qualcosa potrebbe cambiare.

Il Tar Lazio si è espresso su un’istanza presentata relativamente alla questione dei tempi di liquidazione del Tfs ai dipendenti statali aprendo alla possibilità reale di renderli decisamente più brevi. In particolare, l’Anfp ha presentato al Tar Lazio la questione della legittimità costituzionale delle norme che regolano le modalità di erogazione del Tfs a dirigenti che cessano il loro rapporto di lavoro per raggiungimento dell’età pensionabile.

In tal caso i tempi di liquidazione del Tfs arrivano fino a tre 3 anni dal pensionamento. Secondo il Tar Lazio, i tempi per il Tfs agli statali si devono ridurre perchè altrimenti, al pensionamento per limiti di età, la duplice funzione retributiva e del Tfs rischia di essere compromessa e in contrasto con i principi costituzionali di garanzia della giusta retribuzione, anche differita, e di tutela della dignità della persona umana se i tempi di attesa per avere il Tfs si allungano troppo.

La pronuncia del TAR Lazio arriva dopo che un dipendente pubblico ha richiesto il riconoscimento del diritto a percepire il TFS senza dilazioni e senza rateizzazione e condanna dei resistenti a liquidare e a corrispondere senza dilazione l’intero importo dovuto oltre interessi e rivalutazione.

La crisi deve essere contingente e non in un arco temporale indefinito

Dalla lettura della sentenza del TAR si evince che i ratei del TFS erano stati formulati per ovviare contingenti ristrettezze economiche del paese. I giudici hanno però ritenuto che tali incertezze economiche non possono essere perenni e continuative, ovvero non può riguardare un arco temporale indefinito, ma deve essere giustificato da una crisi contingente e deve atteggiarsi quale misura una tantum. Dopo anni, tali provvedimenti ancora in essere, hanno assunto un carattere strutturale.

Inoltre, rappresentando il Tfs agli statali parte del compenso dovuto per il lavoro prestato per agevolare il superamento di eventuali difficoltà economiche, è giusto che venga erogato in tempi brevi, in modo da assicurare al dipendente e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa e, in tal senso, una retribuzione corrisposta con molto ritardo ha per il dipendente una utilità inferiore rispetto alla sua tempestiva liquidazione.