Quota 100 e pagamento TFS Dipendenti Pubblici: le regole

Il decreto sulla quota 100 prevede uno slittamento dei termini di pagamento di TFS e TFR? Scopriamone di più.


Quota 100 e pagamento TFS Dipendenti Pubblici. I lavoratori del pubblico impiego che hanno o che faranno domanda di pensione con quota 100 dovranno mettere in conto uno slittamento dei termini di pagamento delle indennità di buonuscita.

L’articolo 23, co. 1 del DL 4/2019 prevede infatti che i termini temporali per la corresponsione dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici che conseguono la pensione con 62 anni e 38 di contributi dal 1° agosto 2019 decorreranno dal momento in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all’articolo 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201.

Quota 100 e TFS Dipendenti Pubblici: i termini di pagamento

In attesa delle relative istruzioni Inps la disposizione da ultimo richiamata prevede, di fatto, che il pagamento venga scadenzato al raggiungimento del primo dei seguenti requisiti:

a) 12 mesi + 90 GG dalla maturazione dei 67 anni di età;

b) 24 mesi + 90 GG dalla data di maturazione (teorica) dei requisiti contributivi per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le donne; 42 anni e 10 mesi per gli uomini), cioè la massima anzianità contributiva.

In questa seconda ipotesi però il termine dovrebbe poter beneficiare dell’abbattimento a 12 mesi + 90 GG. Ove il lavoratore abbia maturato i 65 anni, il limite ordinamentale per la permanenza in servizio, prima del raggiungimento della massima anzianità contributiva.

Occorre precisare che l’anzianità, andando in pensione, resterà ferma e quindi il raggiungimento del requisito per la pensione anticipata è solo teorico cioè va inteso nel senso che “sarebbe maturato se fosse rimasto in servizio”.

Queste regole significano che un dipendente che va in pensione alla prima finestra utile con 62 anni e 6 mesi di età e 38 anni e 6 mesi di contributi (i 6 mesi sono determinati dalla finestra mobile) riceverà

  • la prima tranche della buonuscita con un ritardo di circa cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro;
  • la seconda tranche dopo 12 mesi dalla prima
  • e la terza rata, ove applicabile, dopo altri 12 mesi dalla seconda.

Termini più brevi solo per coloro che cessano il servizio con anzianità contributive o età anagrafiche superiori (in tal caso la data di maturazione teorica del diritto a pensione con i termini fornero avverrebbe prima).

La rateazione

Come accennato resta fermo il meccanismo di rateazione del pagamento di TFSTFR previsto dal 1° gennaio 2014 a seguito della legge 147/2013.

Nello specifico anche chi accede alla quota 100 vedrà corrispondersi il TFS/TFR:

a) in un unico importo annuale, qualora l’ammontare complessivo, al lordo delle trattenute fiscali, sia complessivamente pari o inferiore a 50.000 euro;

b) in due importi annuali, qualora l’ammontare sia complessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato sarà pari a 50.000 euro, il secondo pagato dopo 12 mesi dalla prima tranche, sarà pari all’ammontare residuo;

c) in tre importi annuali, qualora l’ammontare sia pari o superiore a 100.000 euro.

In tal caso, il primo importo erogato rata sarà pari a 50.000 euro, il secondo a 50.000 euro ed il terzo, dopo 12 mesi dal secondo pagamento, sarà pari all’ammontare residuo.

I benefici

Il DL 4/2019 prova a mettere una pezza a questo meccanismo particolarmente penalizzante. Tramite un prestito sino a 45mila euro erogato dal settore bancario (allo stato attuale ancora non possibile). E con una detassazione del TFS (resterebbe escluso il TFR) commisurata all’entità della dilatazione temporale nel pagamento della buonuscita.

Il prestito sul TFS/TFR, tuttavia, per come è stata scritta la norma non potrà essere attivato da tutti i dipendenti del pubblico ma solo da quei lavoratori che accedono alla pensione sulla base dei requisiti individuati dall’articolo 24 del DL 201/2011 (cioè 67 anni di età o 42 anni e 10 mesi di contributi; 41 anni e 10 mesi le donne) o con la quota 100 (62 anni e 38 di contributi) ancorchè – a seguito di un correttivo introdotto durante l’esame in Parlamento del Dl 4/2019 – siano andati in pensione con i predetti requisiti prima del 29 gennaio 2019, data di entrata in vigore del DL 4/2019.

Resterebbero, dunque, esclusi dall’anticipo tutta la schiera di lavoratori che a vario titolo mantengono requisiti pensionistici diversi da quelli individuati dal DL 201/2011 (ad esempio le lavoratrici optanti, il comparto difesa e sicurezza, i soggetti che hanno fatto salvi i requisiti ante-fornero in virtu’ delle salvaguardie pensionistiche). Si tratta di una limitazione di cui occorre tener conto.