“Poveri onorevoli” Quando i politici piangono miseria

Repubblica del 20 aprile 2018

Le giustificazioni dei politici davanti al taglio di stipendi e benefici: la difesa di Micciché («Se non avessi il vitalizio chiederei l’elemosina») è solo l’ultima di una serie di esternazioni da parte dei deputati: «La benzina costa troppo». «Non posso mangiare solo un panino a pranzo». «Fatico ad arrivare a fine mese».

Un’esternazione, quella del presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, che non ha mancato di far discutere. Che ha suscitato generale indignazione. Ma il forzista non è certo solo, nella lista dei politici che si lamentano, si sono sempre lamentati, davanti alla minaccia di perdere parte dei propri emolumenti.

«Non ritengo affatto spropositata per un deputato – urlò in aula il deputato forzista Giorgio Assenza – l’indennità di undicimila euro lordi: non mi si può dire che debba venire all’Ars con l’autobus, perché non ho il tempo di prenderlo e da Ragusa ci metterei un secolo. Non mi si può dire che debba mangiare un panino a pranzo……

Andò così anche nel caso di Vincenzo Vinciullo, ex presidente della commissione Bilancio: «Come i comuni mortali – affermò – avendo anche una famiglia numerosa, ho difficoltà ad arrivare a fine mese». Ma quanto guadagna, onorevole? Seimilaseicento euro netti, rispose Vinciullo.

Fondi Ue, nuovi esterni alla Regione Il costo? Fino a 440 euro al giorno

Da 234 a 440 euro al giorno. Oscillano fra questi valori le retribuzioni degli esperti esterni di cui la Regione si è munita con un apposito appalto per il servizio di supporto specialistico e assistenza tecnica. Tali attività di sostegno, nella fattispecie, saranno rivolte all’autorità di coordinamento delle autorità di gestione per l’attuazione dei fondi europei PO FESR Sicilia 2014-2020.

Entro giugno le pagelle dei dipendenti in tutti gli enti pubblici, la circolare. In assenza non potranno scattare i premi di produttività

Entro il prossimo 30 giugno le pagelle dei dipendenti pubblici dovranno essere pronte e caricate online sul sito dell’amministrazione di appartenenza. Per completare questo adempimento, ogni Pa dovrebbe essere già dotata di una pagina web, il «Portale della perfomance».

A mettere in guardia tutti sulla prossima scadenza è stato il ministero della Pubblica amministrazione che ha appena inviato a tutti gli uffici una circolare nella quale fa il punto sulle tappe previste dalla riforma Madia. In assenza delle pagelle, infatti, non potranno scattare i premi di produttività.

Altro arresto, l’Ars perde pezzi l`ombra degli indagati sul voto (fonte Repubblica)

Repubblica del 18 aprile 2018

Le intercettazioni svelano il tariffario dei boss: 50 euro a voto. Gennuso è il secondo deputato arrestato dall’inizio della legislatura che vede, su settanta onorevoli, già otto nel mirino delle procure. La gran parte nel centrodestra. Non a caso rinfocola la polemica sugli impresentabili. Tra Cancelleri e Musumeci il distacco è stato di 110 mila voti. Gli indagati considerati impresentabili hanno portato in dote al governatore ben 60 mila consensi

Il Tfr dei dipendenti pubblici va pagato subito: addio alle norme introdotte da Monti? L’ultima parola spetta alla Corte costituzionale

Il TFR è una retribuzione differita: si tratta infatti di una somma accantonata dal datore di lavoro che viene corrisposta al dipendente alla conclusione del rapporto di lavoro.

Secondo il Tribunale del Lavoro di Roma è incostituzionale trattenere il TFR dei dipendenti pubblici per diversi mesi come previsto dalle norme introdotte dal Governo Monti.

Erogazione TFR ritardato nella Pubblica Amministrazione. In caso finisce davanti la Corte Costituzionale

Gazzetta del Sud del 14 aprile 2018

Il Tribunale di Roma ha sollevato la “questione di legittimità” alla Corte Costituzionale sui tempi di attesa per l’erogazione del trattamento di fine rapporto nel pubblico impiego. Infatti, uno statale “a differenza di un lavoratore privato deve aspettare 27 mesi per ricevere una prima parte del proprio Tfr/Tfs che possono arrivare fino a 51 mesi per l’ultima rata”.

Il ricorso è stato presentato da un ex dipendente del ministero della Giustizia, ora in pensione, contro l’Inps. La ricorrente chiede il riconoscimento del pagamento dovuto “senza dilazioni e/o rateizzazioni previste dalla normativa” e comunque “il riconoscimento degli interessi” legati al saldo e “la condanna dell’Inps al pagamento della somma dovuta al titolo di indennità di buonuscita”. La ricorrente, viene specificato, è stata “collocata a riposo dal primo settembre del 2016” e vista l’attuale normativa prenderebbe l’ultima rata del trattamento che le spetta nel “settembre del 2020”.

Il Tribunale ha “dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione, la questione di legittimità” sulle misure che a partire dal 1997 e poi dal 2010, con modifiche successive, hanno rivisto la materia.

“Una corresponsione dilazionata e rateale del trattamento di fine rapporto nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato può essere disposta in via congiunturale e programmatica, comunque temporanea, con specifico riferimento alla gravità della situazione economica in un determinato periodo di crisi, e non in via generale, permanente e definitiva, come avvenuto nella normativa in esame”.

Così l’ordinanza del Tribunale di Roma (seconda sezione lavoro), che ha sospeso il giudizio e trasmesso gli atti alla Consulta, su un ricorso per ritardo del pagamento del Tfr nella P.A. Per il Tribunale, infatti, in questo modo si verifica “sia una violazione dei principi di adeguatezza e sufficienza della retribuzione di cui all’articolo 36 della Costituzione che una violazione del principio di parità di trattamento di cui all’articolo 3 della Costituzione con riferimento alla situazione del rapporto di lavoro privato” (Fonte Ansa).

I regionali non bastano più. Il governo pensa a nuove assunzioni

Mancano avvocati, ingegneri, geologi. Grasso: “Ricognizione entro un anno. Poi si può chiedere una deroga al blocco”.

Un bacino da cui attingere è quello dei precari, circa 600 in Regione. “ Tra questi ci sono dei profili molto interessanti, la maggior parte sono laureati”, dice Pipia. La nuova legge offre l’opportunità della stabilizzazione.

Età pensione, dal prossimo anno si dovrà lavorare 5 mesi di più

Quello che scatterà l’anno prossimo è il terzo adeguamento anagrafico dalla Legge Fornero, il più pesante. Per effetto di questo innalzamento dell’età pensionabile, dal 2019 per smettere di lavorare serviranno 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi di contributi per le donne contro i 42 anni e 10 mesi e 41 anni e 10 mesi previsti per l’uscita ad oggi.

Restano esclusi invece i lavori usuranti ai quali continuerà ad applicarsi il sistema delle quote (quota 97,6).