….E ora il governo vuole limitare anche il diritto di sciopero

Il quarto stato (Volpedo).jpgMettiamo in chiaro una cosa: quanto è successo oggi al Colosseo non ha nulla a che fare col diritto di sciopero. È invece preoccupante la reazione del governo volta a criminalizzare lavoratori e sindacalisti, assieme all’annuncio di un consiglio dei ministri sui servizi pubblici e gli annunci indignati – dal sindaco di Roma Ignazio Marino a Matteo Renzi al ministro Dario Franceschini – sulla necessità di procedere a una (già annunciata) riforma degli scioperi.

È probabilmente il caso più eclatante di propaganda realizzato finora da questo governo. E cioè, rilasciare dichiarazioni su una cosa che non c’entra niente al fine di promuovere le politiche di Matteo Renzi. In questo caso, servirsi di un episodio sul disagio dei turisti per promuovere il disegno di legge – promosso da Pietro Ichino e Maurizio Sacconi – sulla riforma degli scioperi, e cioè sulle restrizioni che si vogliono introdurre per poter protestare sul lavoro.

Qualcuno al governo, oltre a proporre i consigli dei ministri e le leggi anti-sciopero, si è chiesto perché i lavoratori del Colosseo non ricevono parte dello stipendio da oltre un anno?

Pensioni. Padoan risponde a Renzi. “Dobbiamo stare attenti a non far saltare i conti”. Si cerca un compromesso

Pensioni si cerca un compromesso. Fino al 15% in meno per chi lascia prima
Repubblica del 21 settembre 2015. Per scaricare l’articolo clicca sopra l’immagine

L’avvertimento è arrivato nell’intervista a «Repubblica» del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: attenti ad intervenire sulle pensioni perché «l’equilibrio di finanza pubblica va mantenuto » e non possiamo far saltare i conti. Ma il presidente del Consiglio Matteo Renzi sembra intenzionato ad andare avanti: flessibilità in uscita in cambio di riduzione dell’assegno per chi vuole andare in pensione passando attraverso le maglie rigide della legge Fornero.

Per la soluzione flessibilità del resto pressano sindacati e minoranza interna del Pd. Senza contare che una delle proposte di legge più discusse nelle ultime settimane porta due firme di peso: del presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano e del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. Il problema sono i costi: il testo prevede di poter anticipare a 62 anni, invece che agli attuali 66 anni e tre mesi (66 e sette mesi nel 2016) l’uscita in pensione. L’opzione per la flessibilità costerebbe il 2 per cento per ogni anno e dunque qualora fosse esercitata per quattro anni comporterebbe una penalizzazione dell’8 per cento. Su costo si discute, ma si dovrebbe andare, secondo i proponenti, sotto i 4 miliardi (tenendo conto solo dei pensionati che aderiranno).

Un po’ troppo, e allora si guarda all’altro progetto sul campo, nato dagli ambienti tecnici e che viene definita proposta-Boeri. Si tratterebbe, nella versione che circola, di estendere a chi va in pensione anticipata un calcolo interamente contributivo invece che il più generoso retributivo anche se mitigato dal sistema pro-rata. In questo caso il taglio dell’assegno potrebbe arrivare complessivamente fino al 30 per cento. Il costo sarebbe vicino allo zero.

Pensioni, si riapre la partita sulla flessibilità

Flessibilità per chi lascia il lavoro
Repubblica del 20 settembre. Per scaricare l’articolo clicca sopra l’immagine

«Ho chiesto ai ministri Pier Carlo Padoan e Giuliano Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita. Spero che riusciremo a trovare un primo rimedio già con la Stabilità». A riaprire un dossier che sembrava per ora chiuso è lo stesso premier Matteo Renzi.

L’ipotesi cara al premier è quella delle libera uscita anticipata dal mondo del lavoro con un assegno più basso.

La proposta di dare la possibilità di pensionamento anticipato a partire dai 62 anni, con 35 anni di contributi, con una decurtazione del 2 per cento annuo per un massimo di quattro, sembrava accantonata per eccesso di costi: graverebbe infatti sulle casse dello Stato per una cifra compresa tra i 4 e gli 8 miliardi secondo le stime.

Dopo la vicenda Colosseo Faraone interviene sulla fruizione dei beni culturali in Sicilia

Faraone”Se davvero si vuole far diventare il patrimonio dei beni culturali siciliani il polo attrattivo per i turisti e l’eccellenza in grado di innescare ricadute economiche territoriali si faccia come a Roma: si dia ai maggiori siti museali o archeologici più importanti della Sicilia, riuniti e riorganizzati, l’autonomia gestionale–amministrativa necessaria, gli obiettivi di maggiore valorizzazione e fruizione, e si chiamino a gestirli i migliori esperti nel settore della cultura, selezionati a livello internazionale e in grado di condurre la Sicilia a un livello europeo. Si costruisca un rapporto sinergico con la scuola e l’università. Il sistema duale, l’alternanza scuola/lavoro, può trovare spazio anche nei musei, nei siti archeologici, non solo nelle aziende”.

Lo ha scritto il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, su Facebook. “Così si fa la rivoluzione, non a chiacchiere: si introduca una norma speciale – conclude Faraone – per un settore strategico speciale. Si attivino finalmente i servizi aggiuntivi. E basta custodi a non finire per lasciare chiusi i musei, basta orari d’apertura decisi con i sindacati e non valutati per consentire una migliore fruizione del pubblico. Musei aperti come i più grandi e migliori poli museali europei, da Barcellona a Parigi a Londra, luoghi di cultura dove, dai bambini agli adulti, si possa fruire la bellezza che vi è custodita senza il rischio di trovarsi chiusa la porta, come spesso accade, purtroppo, in Sicilia”.