Il Jobs Act, infatti, come ormai tutti sanno, non sarà applicato ai dipendenti pubblici, i quali quindi potranno ancora godere delle tutele dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori contro i licenziamenti ingiusti. Almeno secondo quanto garantito dal ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia al Senato spiegando la recente sentenza della Cassazione.
La motivazione addotta dal ministro è «la differenza sostanziale fra datore di lavoro pubblico e datore di lavoro privato. Il privato lavora con risorse proprie, lo Stato lavora con risorse della collettività. Se un licenziamento nel pubblico ha un vizio, l’indennità andrebbe pagata con soldi pubblici. Quindi il danno sarebbe doppio».
Ma qualcuno avanza il sospetto che si voglia attuare il combinato disposto di “niente Jobs Act per voi” in cambio di “cinque euro di aumento”, in pratica che siamo di fronte al solito teatrino all’italiana, al solito scambio tra poco lavoro, poco salario e totale sicurezza e impunità una volta entrati tra le amorevoli e morbide braccia di Mamma-Stato.
In altri termini, il sospetto, andreottianamente inteso, è che in previsione delle ormai imminenti elezioni, il governo abbia agito sul più classico degli schemi: cari elettori, pardon cari dipendenti pubblici, neo e vetero assunti, potete stare tranquilli, perché soldi non ce ne sono e non ve ne diamo, ma in parallelo per voi poche saranno le novità lavorative, nessun rischio vi sfiorerà, e quanto alla efficienza del vostro lavoro, beh, ci rimettiamo al vostro buon cuore.
Sic transit il riformismo nella amatriciana.
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