L’amministrazione difensiva e abuso d’ufficio

Secondo l’art. 323 c.p.:

«1. Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

2. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.»


L’amministrazione si difende

di Stefano Battini e Francesco Decarolis
Abstract

Una parte consistente del diritto amministrativo (e del diritto penale amministrativo) mira a contrastare il rischio che il funzionario amministrativo assuma, colposamente o dolosamente, decisioni o condotte orientate alla soddisfazione di un interesse particolare in luogo dell’interesse collettivo.

Molto più trascurata è invece una diversa preoccupazione, relativa al rischio che il funzionario amministrativo non assuma decisioni o condotte utili alla realizzazione dell’interesse pubblico, e ne assuma invece altre, o resti inerte, per timore che da quelle scelte possano derivare disutilità individuali.

Su questo fenomeno, noto come amministrazione difensiva, lo studio presenta due nuovi tipi di evidenze. La prima, basandosi su dati relativi alle polizze assicurative per responsabilità erariale offerte sul mercato italiano, mira a dimostrare l’esistenza stessa di questo fenomeno di cui molto si parla ma che resta alquanto elusivo. La seconda, combinando dati sull’interventismo della Corte dei conti con dati sulle tempistiche di indizione degli appalti di lavori pubblici, mira a quantificare gli effetti dell’amministrazione difensiva in un settore chiave per l’economia dell’azione amministrativa. Sulla base dei riscontri empirici presentati nello studio, si discutono alcuni possibili interventi regolatori utili per limitare i problemi generati da comportamenti difensivi dell’amministrazione pubblica.

Ichino: «Lo smart working? Per molti dipendenti è stata vacanza»

di Lorenzo Salvia

Lo smart working per i dipendenti pubblici? «Nella maggior parte dei casi è stata solo una lunga vacanza pressoché totale, retribuita al cento per cento». Non usa certo un tono diplomatico Pietro Ichino, giuslavorista e più volte parlamentare (PD e Scelta Civica), intervistato da Libero.

A suo giudizio, davanti all’emergenza del lockdown la strada da seguire doveva essere un’altra: «Si sarebbe potuto estendere a questi settori il trattamento di integrazione salariale», cioè la cassa integrazione che per i dipendenti pubblici non c’è, visto che il datore di lavoro è lo Stato. «E destinare il risparmio a premiare i medici e gli infermieri in prima linea, oppure fornire i pc agli insegnanti, costretti a fare la didattica a distanza con i mezzi propri». Secondo Ichino sarebbe utile se il «ministero della Pubblica amministrazione almeno fornisse un quadro attendibile di quanta parte dei dipendenti pubblici si è veramente attivata per fare smart working e quanta no».

Dal ministero della Funzione pubblica replicano così…..continua a leggere