Congedo biennale per assistenza disabili, precisazioni su: ferie, scatti anzianità, TFS/TFR, fini pensionistici

Tratto da orizzontescuola.it

Di Luciano Grasso

Il D.Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 all’art. 42, modificato dal D.lgs. n.119/2011, prevede l’istituto del congedo biennale retribuito fruibile per assistere familiari con disabilità grave accertata e certificata, ai sensi dell’art.3, comma 3, della L. n.104 del 5 febbraio 1992.

La durata massima dell’istituto è pari a due anni nell’arco della vita lavorativa, fruibili in modalità frazionata o continuativa.

La fruibilità spetta al coniuge (o alla persona unita civilmente), o in caso di decesso, assenza o impossibilità, spetta alternativamente secondo tale ordine di priorità: al genitore, al figlio/a, al fratello o alla sorella, da ultimo al parente o all’affine fino al terzo grado.

REQUISITO DELLA CONVIVENZA.

Requisito necessario per accedere all’istituto in esame è la convivenza con il disabile destinatario dell’assistenza. La circolare INPS n.32 del 2012 specifica che l’elemento della convivenza va tradotto in termini di stessa residenza del soggetto disabile e del soggetto richiedente la fruizione del congedo biennale.

Ai sensi dell’art.43 del codice civile, residenza è la dimora abituale della persona.

Come specifica sempre l’INPS, risulta sufficiente la residenza presso lo stesso indirizzo e numero civico (ad es. in caso di immobile a più piani, non è necessaria la residenza nello stesso appartamento).

RICHIESTA – DOCUMENTAZIONE NECESSARIA.

La circolare n. 3 del 1 febbraio 2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica fornisce indicazioni a tutte le pubbliche amministrazioni (scuole incluse) in materia di congedi per assistere persone con disabilità. La documentazione da produrre alla scuola, in sede di richiesta di fruizione del congedo straordinario, è la seguente:

-certificazione di invalidità del familiare da assistere, nel rispetto di quanto stabilito dalla L. 104 del 1992, riportante la grave disabilità ex art.3, comma 3.

-autocertificazione sottoscritta dal soggetto fruitore del congedo attestante, ai sensi del DPR 445/2000: di essere l’unico familiare che si occupi dell’assistenza al disabile al fine di derogare all’ordine di priorità, la convivenza, l’assenza di ricovero del disabile presso strutture sanitarie.

RETRIBUZIONE.

Durante il periodo di fruizione del congedo straordinario spetta al dipendente un’indennità pari alla retribuzione fissa e continuativa risultante nell’ultimo cedolino del mese immediatamente precedente l’inizio della fruizione del congedo, esclusi eventuali compensi accessori e/o indennità ulteriori risultanti in busta paga (ad. Es. pagamenti di straordinari, conguagli, etc).

Annualmente l’ISTAT rivaluta la soglia massima di indennità percepibile (l’ultimo aggiornamento è del 2018 fissato in € 47.967,72 ).

SVANTAGGI E BENEFICI.

Il periodo di fruizione di congedo biennale straordinario non è utile alla maturazione del diritto alle ferie, della 13esima, né rientra nel calcolo utile ai fini del trattamento di fine servizio (TFS) o al trattamento di fine rapporto (TFR), come previsto dall’art. 42, comma 5-quinquies, del D.Lgs. n. 151/2001 e ribadito dall’informativa Inpdap n. 30 del 21 luglio 2003.

Come previsto dalla circolare n.1 del 2012 del Dipartimento per la Funzione Pubblica, il beneficio concesso al dipendente fruitore del congedo biennale è quello della piena validità del periodo ai fini del diritto a quiescenza, cioè del diritto alla pensione: per il dipendente pubblico infatti, a differenza del settore privato, l’Amministrazione di appartenenza è tenuta a calcolare, trattenere e versare i contributi sulle retribuzioni di fatto corrisposte, che saranno commisurati alle stesse, secondo le regole ordinarie. Trattasi cioè di contribuzione effettiva, non figurativa, valida ai fini del trattamento pensionistico.

NIENTE SCATTI DI ANZIANITA’.

Fermo restando la validità del congedo ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione e dell’importo pensionabile, il parere n.2285 del 15 gennaio 2013 del Dipartimento della Funzione Pubblica precisa che il periodo in cui il lavoratore è in congedo non è utile ai fini della progressione economica, cioè per il raggiungimento dei c.d. scatti di anzianità che comportano un aumento stipendiale in busta paga.

La progressione economica infatti richiede quale requisito imprescindibile la presenza in servizio e lo svolgimento dell’attività lavorativa, elemento assente durante la fruizione del congedo.

Il Consiglio di Stato con parere n. 3389 del 2005 ha infatti qualificato la fruizione del congedo come “sospensione” assoluta dall’attività lavorativa.

Assegno unico figli, chi ci perde e chi ci guadagna. Le simulazioni

Arriva l’Auuf, un acronimo bizzarro che indica una vera rivoluzione per il welfare familiare e sta per «Assegno unico universale familiare».
La misura chiave prevista dal decreto legislativo 21/12/2021, n. 230 a favore dei nuclei familiari semplifica, unificandole, le misure di sostegno economico per i figli a carico.
L’assegno si basa sostanzialmente su due concetti: è «unico» e «universale».
Unico: in quanto accorperà sei misure attualmente presenti nell’ordinamento a sostegno delle famiglie con figli a carico, lasciando in vita però il bonus asilo nido.
Universale: perché spetta a tutti i nuclei familiari con figli a carico, a prescindere dall’occupazione dei genitori (anche lavoratori autonomi, liberi professionisti, disoccupati, incapienti).
Ma la vera novità è il cambio di paradigma nelle condizioni di accesso. L’Assegno unico a differenza dei vecchi assegni familiari, è inevitabilmente condizionato dal valore dell’Isee che tiene conto non solo della situazione reddituale che, sino ad oggi, ha caratterizzato tutte le forme di sostegno alla famiglia, bensì anche della situazione patrimoniale (abitazione, autovettura, giacenze medie conti correnti, assicurazioni ecc.) che non necessariamente fotografa la ricchezza di una famiglia.
«Questa è una differenza assoluta con i vecchi assegni familiari, che escludeva i redditi più alti – dice Paola Mancini, esperta della Fondazione Studi -. L’Auuf invece spetta a tutti, anche se in misura minore rispetto a chi ha redditi più bassi».

In pensione a 64 anni, ma con un taglio del 3% annuo sull’assegno

Repubblica del 16 febbraio 2022

Andare in pensione prima dei 67 anni, ma ricalcolando tutto l’assegno col metodo contributivo perché la flessibilità in uscita sia sostenibile, non abbia cioè un impatto sui conti pubblici. Il governo ha presentato questa opzione ieri ai sindacati nell’ultimo dei confronti tecnici in vista del tavolo politico conclusivo con i ministri Franco e Orlando della prossima settimana. Si tratta della tesi dei premier Draghi che però non piace a Cgil, Cisì e Uil. «Se comporta un taglio del 30% come in Opzione Donna è inaccettabile»

Effetto Covid sulle pensioni. L’Inps “risparmia” 1,1 miliardi sul 2020 e quasi 12 fino al 2029

IL MESSAGGERO DEL 16 FEBBRAIO 2022

“Il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate”. Lo rileva il rapporto del centro studi di Itinerari previdenziali presentato al Senato dal presidente Alberto Brambilla. E, fino al 2029, si avrà una spesa previdenziale minore pari a 11,9 miliardi. Nel 2020 l’Inps ha risparmiato in spesa per pensioni circa 1,1 miliardi di euro a causa dei morti per Covid. Lo rileva il rapporto del centro studi di Itinerari previdenziali presentato al Senato dal presidente Alberto Brambilla.

Fino al 2029, sottolinea il report, si avrà una spesa previdenziale minore pari a 11,9 miliardi. “Il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 – si legge – ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate”. Il risparmio per le casse delle’Inps, purtroppo prodotto dal coronavirus, tiene conto della compensazione relativa all’erogazione delle nuove reversibilità.

Risoluzione rapporto di lavoro dipendente con requisiti contributivi per pensione anticipata

Il conseguimento da parte dei dipendenti del requisito contributivo utile per l’accesso alla pensione anticipata non si configura come un “limite massimo”, bensì come un requisito necessario alla maturazione del diritto stesso. Il dipendente resta soggetto al solo limite di età anagrafica per la permanenza in servizio, relativo all’ordinamento di appartenenza (65 anni per la generalità dei dipendenti pubblici) e, se consegue il diritto all’accesso alla pensione anticipata ad un’età inferiore, può scegliere di:

  • esercitare tale diritto chiedendo la cessazione del rapporto di lavoro;
  • permanere in servizio fino all’età di 65 anni, momento in cui l’amministrazione dovrà far cessare il rapporto di lavoro d’ufficio per raggiunti limiti di età.

lentepubblica.it – Risoluzione rapporto di lavoro dipendente con requisiti contributivi per pensione anticipata?

Assegno Unico, Ecco chi guadagna e chi perde con la riforma

Tratto da pensionioggi.it

La Fondazione Consulenti del Lavoro ha elaborato alcuni esempi che ben rappresentano chi ci guadagna e chi ci perde dalla riforma. In linea generale a parità di situazione reddituale e familiare, l’ISEE più basso rende vantaggioso il passaggio all’Assegno Unico e Universale. Mentre, con un ISEE più alto condizionato ad esempio da immobili di proprietà, si determina un peggioramento sulla situazione rispetto al passato. Per i nuclei con figli disabili i benefici appaiono molto contenuti. Infine, in presenza di redditi medio-alti, con un ISEE superiore a 40.000 euro, con un valore fisso di 50 euro, il sostegno economico è inferiore rispetto a quanto percepito in precedenza. Ne beneficeranno, invece, i lavoratori autonomi e gli inoccupati che non avevano diritto agli ANF.

Lavoro Straordinario: chiarimenti dalla Cassazione

Tratto da lentepubblica.it

La Corte di cassazione sezione lavoro, con l’ordinanza 41251/2021, ha fornito importanti chiarimenti sull’Orario dello Straordinario dei Dipendenti Enti Locali e sulla sua autorizzazione preventiva.


Secondo quanto previsto dall’art. 3 del D.Lgs. 66/2003, per lavoro straordinario si intende il lavoro svolto oltre il normale orario di lavoro.

Scopriamo nello specifico cosa ha stabilito la Cassazione in materia di straordinario per i Dipendenti degli Enti Locali.

Cosa si intende per lavoro straordinario?

La legge stabilisce che l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, demandando alla contrattazione collettiva la possibilità di definire una durata inferiore.

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 66/2003 è stato sostituito il limite giornaliero di 8 ore di lavoro, definendo la durata del riposo minimo che viene quantificato in 11 ore consecutive ogni 24 ore di lavoro.

Resta viceversa valido il limite settimanale dell’orario di lavoro, comprensivo delle ore di lavoro straordinario, che è quantificato in 48 ore.

La legge prevede che il lavoro straordinario debba essere contenuto e che debba svolgersi secondo le modalità ed i limiti previsti dalla contrattazione collettiva.

In assenza di definizione da parte della contrattazione, la legge stabilisce la durata massima del lavoro straordinario in 250 ore annue.

Orario Straordinario dipendenti Enti Locali: chiarimenti dalla Cassazione

La Corte di cassazione, sez. lavoro, con l’ordinanza n. 41251/2021, ha chiarito che le prestazioni di lavoro straordinario del personale di regioni ed enti locali sono rivolte a fronteggiare situazioni eccezionali e non possono essere utilizzate come fattore regolare di programmazione del tempo di servizio e di copertura dell’orario di lavoro dei dipendenti.

Bisogna anche ricordare che nel rispetto dei principi costituzionali dettati dall’art. 97 della Costituzione, il diritto al compenso per il lavoro straordinario presuppone sempre, in ogni caso, l‘autorizzazione preliminare dell’ente di appartenenza. 

La prestazione di lavoro straordinario deve, quindi, essere espressamente autorizzata dal dirigente della struttura, che deve mettere a base delle proprie valutazioni concrete esigenze organizzative, produttive e di servizio.

Il testo completo della Sentenza

A questo link il testo completo della Sentenza.

Lavoratore sospeso perché non vaccinato, lo stipendio va restituito. Tar: grave pregiudizio negare la retribuzione

Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da un dipendente pubblico sospeso dal lavoro e dallo stipendio per non essersi vaccinato. Il tribunale ha motivato così la sentenza: “La privazione della retribuzione provoca danni gravi e irreparabili”.

Secondo il TAR:

”considerato che il ricorso, prospettando in sostanza profili di illegittimità costituzionale della normativa concernente l’obbligo, per determinate categorie di personale in regime d’impiego di diritto pubblico, di certificazione vaccinale ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa, richiede adeguato approfondimento nella sede propria collegiale;

Ritenuto che, in relazione alla privazione della retribuzione e quindi alla fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita, sussistono profili di pregiudizio grave e irreparabile, tali da non tollerare il differimento della misura cautelare sino all’esame collegiale“;

“Accoglie l’istanza di misura cautelare monocratica sino all’esame collegiale, limitatamente alla disposta sospensione del trattamento retributivo”.

Lavoratori Fragili. Cambiano i requisiti per lo smart working. Adottato il decreto interministeriale che individua le patologie e condizioni per il diritto al «lavoro agile» fino al 28

L’articolo 9 del decreto che ha allungato lo stato di emergenza ha previsto l’adozione del provvedimento interministeriale (Salute, Lavoro e Pa) finalizzato a individuare le patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali, fino al 28 febbraio 2022, la prestazione lavorativa viene normalmente svolta, nel rispetto dei contratti collettivi, in modalità agile.
Ecco cosa c’è scritto nel decreto: viene ritenuto fragile a prescidere dallo stato vaccinale anche chi ha subìto un trapianto o soffre di immunodeficienze primitive e secondarie a trattamento farmacologico. Nella categoria dei fragili, spiega inoltre il decreto, trovano spazio pure i lavoratori che presentano tre o più condizioni patologiche tra le seguenti: cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ictus, diabete mellito, epatite cronica, obesità, bronco-pneumopatia ostruttiva cronica.

L’attestazione è a cura del medico di famiglia, che deve certificare le condizioni di salute che rendono rischioso lo svolgimento dell’attività lavorativa in presenza.

Per quanto riguarda i lavoratori esentati della vaccinazione, per esempio gli allergici gravi, per essere considerati fragili dovranno avere un’età pari o superiore a 60 anni e presentare determinate condizioni di salute, come previsto dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del ministero di Roberto Speranza. Inizialmente si era anche ipotizzato di non considerare più fragili i lavoratori con la terza dose a prescindere dalle patologie.