TFR e TFS differito ai dipendenti pubblici: la Consulta rinvia il giudizio

Tratto da PMI.it
Pagamento TFS e TFR differito ai dipendenti pubblici sotto la lente della Consulta: una sentenza chiave per decidere il destino di milioni di pensionati.

Riflettori puntati sul parere della Corte Costituzionale chiamata a esprimersi sulla legittimità del pagamento differito del TFR e TFS ai dipendenti pubblici, che per legge può arrivare anche a diversi anni.

Con la sentenza n. 92 dell’11 maggio, la Suprema Corte ha bocciato alcune disposizioni locali (Art. 13, c. 6°, 21°, 57°, 58° e 68°, della legge della Regione Siciliana 25/05/2022 n. 13) che consentivano l’anticipazione del trattamento di fine servizio ai dipendenti in quiescenza.

Si è invece riservata di esprimersi successivamente sulle altre questioni di legittimità poste, in particolare sulle modalità nell’Impiego pubblico di erogare l’anticipazione del TFS.

TFS e TFR posticipato agli Statali: è illegittimo?

Secondo l’attuale disciplina, non soltanto il trattamento di fine rapporto o servizio degli statali è posticipato di 12 mesi rispetto al pensionamento e di 24 mesi rispetto alle dimissioni volontarie (arrivando fino a 5 anni di attesa per i lavoratori in pensione anticipata), ma anche la liquidazione è prevista a scaglioni per importi superiori a 50mila euro, in due o tre rate annuali a seconda che l’importo superi o meno i 100mila euro.Il problema è che, se la Consulta dovesse ritenere illegittimo il versamento ritardato del TFS/RFR agli statali, scatterebbe un obbligo di messa in pagamento pari a circa 14 miliardi di euro, cifra che metterebbe a rischio i conti INPS e minerebbe la tenuta del sistema previdenziale.

In una precedente sentenza (la n.159/2019), la Corte Costituzionale aveva disposto che non venisse applicata alcuna differenza tra il Tfr e il Tfs, contemplando un differimento solo per le pensioni anticipate, invitando il Parlamento a intervenire, senza che però nulla cambiasse in questi anni.

Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella di distinguere tra vecchi TFS dei dipendenti assunti fino al 31 dicembre 2000 (commisurata all’80% dell’ultima retribuzione) ed i nuovi TFR di coloro i quali sono stati assunti nel settore pubblico da gennaio 2001 (quota di retribuzione differita trattenuta sullo stipendio).

Anticipo TFS a ostacoli

In realtà la questione è ancora più complessa: oltre ai milioni di pensionati in attesa del verdetto, un’altra ingente coorte di dipendenti pubblici uscirà dalla PA entro fine 2023 per raggiunti imiti di anzianità, rendendo la platea dei potenziali beneficiari del pagamento del TFR/TFS uno spinoso punto interrogativo per lo Stato.

Di contro, rivendicare tale diritto sembra oggi più che mai lecito considerando che le anticipazioni INPS al tasso di interesse dell’1% chieste a partire dallo scorso febbraio non sono ancora partite e che l’alternativa del prestito bancario da 45mila euro come anticipo del TFS è troppo costoso a causa dell’innalzamento del rendistato (quasi al 4%) su cui si basa il tasso di interesse applicato, portando il balzello fino a circa 2000 euro.