Leggi e patti congelati dalla fine del governo Renzi? Per il piano autostrade oserei dire…”meno male”

Repubblica dell’8 dicembre 2016. Per scaricare l’articolo dal sito dell’Ars, clicca sopra l’immagine

IL PIANO AUTOSTRADE

Di certo, al momento la crisi ha fatto sfumare il piano di fusione tra Cas e Anas per la creazione del nuovo ente gestore di tutte le autostrade siciliane. Un piano al quale l’assessore Giovanni Pistorio lavorava da mesi e che dal 2020 avrebbe portato all’introduzione del pedaggio in cambio di nuovi investimenti nelle arterie. Nei prossimi giorni Pistorio parlerà con il ministro dimissionario delle Infrastrutture Graziano Deirio, ma è evidente che ormai il piano è congelato: per creare la nuova società si doveva approvare una norma nella legge di stabilità nazionale.


Al nord hanno una fitta rete di superstrade, strade di grande comunicazione, strade extraurbane, etc. a doppia carreggiata che mettono in comunicazione le varie città del nord. Queste strade nulla hanno da invidiare alle autostrade siciliane (Palermo-Catania, Palermo-Trapani e Trapani-Mazara del Vallo) e sono rigorosamente gratis.

C’è poi una rete di strade statali e regionali a carreggiata unica che fanno apparire le statali siciliane 113 e 115 poco meno di alcune strade provinciali del nord italia.

Esistono poi le autostrade a 3 corsie in cui si paga il pedaggio.

Provate ora a immaginare un lavoratore costretto (visto il nostro sistema di trasporto pubblico) a spostarsi quotidianamente a Palermo da Cefalù, Termini, Bagheria, Balestrate, Cinisi, Capaci, etc. O affoga in mezzo al traffico dell’unica via di comunicazione gratis o è costretto a lasciare parte del proprio stipendio per pagare il pedaggio.

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Repubblica dell’8 dicembre 2016. Per scaricare l’articolo dal sito dell’Ars, clicca sopra l’immagine

Altro che ritirarsi dalla politica. I falchi renziani vogliono tenersi Palazzo Chigi con reincarico a Renzi o incarico a Gentiloni

la-cena-dei-falchiÈ al ristorante, a due passi dal Pantheon nel centro di Roma, dove 25 irriducibili renziani hanno concordato all’unisono: “Non possiamo perdere palazzo Chigi, dobbiamo andare alle elezioni da lì. O Matteo accetta un reincarico o Gentiloni”. L’organizzatore è Francesco Bonifazi e ha il mandato dei due falchi del renzismo, “il Lotti” (così lo chiamano nel giro fiorentino) e Meb (Maria Elena Boschi), teorici della resistenza a oltranza nella stanza dei bottoni.

Le dimissioni del premier sono il punto di partenza perché, dicono, a questo punto “non può perdere la faccia”.

Ecco dunque il piano dei falchi. Che pare abbiano convinto il Capo: “Matteo si dimette. Facciamo finta col governo istituzionale, con l’obiettivo di farlo fallire. A quel punto ci chiederanno di rimanere. E a palazzo Chigi o resta Matteo o mettiamo Gentiloni, con Lotti che rimane sottosegretario alla presidenza”. Perché non si sa mai. Il prossimo anno ci sono in agenda nomine che rappresentano il cemento di qualunque governo. Già si parla, per i primi mesi del prossimo anno, di un cambio dei vertici Rai e del direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via. E poi in primavera si passa ad Enel, Eni, Poste, Finmeccanica, Terna e tanti altri consigli di amministrazione. Gran finale, Banca d’Italia, col mandato di Ignazio Visco che scade nel 2017. Chi le gestisce?

Ma cosa pretendeva Renzi?

Matteo Renzi photoMa cosa pretendeva?

Dopo aver dileggiato con arroganza la Cgil, la Fiom, l’Anpi, l’Arci, Libertà e Giustizia, e buona parte dell’associazionismo progressista.

Ma cosa pretendeva?

Dopo aver preso in giro i lavoratori dicendo che il Jobs act creava lavoro stabile, quando invece si è consentito alle aziende (in un momento in cui trovare lavoro è praticamente impossibile!) di licenziare selvaggiamente, di demansionare, di controllare a distanza.

Ma cosa pretendeva?

Con la precarietà che ormai dilaga, e con gli stipendi (anche quelli degli ingegneri) che si pagano con dei buoni che si comprano dal tabaccaio.

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