L’Inps lancia l’allarme, la classe 1980 rischia il pensionamento a 75 anni

La disoccupazione giovanile potrebbe avere effetti devastanti sull’età di raggiungimento della pensione per le generazioni più giovani. Secondo il presidente dell’Inps, Tito Boeri, chi è nato dopo il 1980 rischia di andare in pensione con i requisiti minimi non a 70 anni, ma «due, tre, forse anche cinque anni dopo». L’Inps ha condotto uno studio apposito sulla classe 1980, «una generazione indicativa» ha detto Boeri prendendo a riferimento «un universo di lavoratori dipendenti, ma anche artigiani», ed è emerso come per un lavoratore tipo «ci sia una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni. Il vuoto contributivo pesa sul raggiungimento della pensione, che a seconda della sua lunghezza, «può slittare anche fino a 75 anni».

Giornali, Tv e collaboratori mediocri. “I cattivi consiglieri del piccolo principe”

Ottimo articolo di Curzio Maltese che fa una lucida analisi del voto referendario e dei motivi del fallimento del sì.

Scrive Curzio Maltese:

Attraversando la vita reale nei luoghi di lavoro, al supermercato, sugli autobus o al bar, era solare che Renzi stesse viaggiando a tutta velocità contro un muro.

Al vizio d’origine – un calcolo insensato – il premier ha aggiunto una strategia fallimentare, puntando come elemento di forza sull’estrema personalizzazione lideristica del quesito e fidandosi del sostegno di un coro di media che comprendeva la Rai più governativa di sempre, le reti Mediaset e molti grandi giornali.

Il giornalismo ufficiale ha smesso di leggere e raccontare la realtà per farsi parte e difensore dell’establishment e come tale è percepito dall’opinione pubblica. Le sue opinioni, non “separate dai fatti” ma semplicemente contro i fatti, non influenzano più nessuno. E il ricorrente tentativo di terrorizzare il pubblico come si fa con i bambini, minacciando l’arrivo dell’uomo nero se non faranno i buoni, suona ormai patetico come la visione di uno spaventapasseri di stracci in un campo di grano.

Non per caso Grillo e Farage, Trump e Podemos, sia pure con le enormi differenze fra loro, hanno fatto dell’attacco sistematico ai grandi media un mantra di successo. Queste forze avanzano nel consenso non “nonostante” le scomuniche di giornali e tv perbene che li etichettano come populisti, ma in buona parte grazie a quelle.