Sindacando - il Blog di Benedetto Mineo
Blog dei dipendenti della Regione Siciliana
La lettera aperta di una ricercatrice italiana emigrata in Francia.
«Prima ci avete costretto ad andarcene. Poi ci sbeffeggiate, dicendo che è meglio se ci siamo tolti da piedi. No, ministro, le sue scuse non sono accettate. Perché le vostre politiche sono uguali a quelle sue parole».
Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, l’ha sparata davvero grossa.
Secondo l’esponente dell’attuale governo (ma anche del precedente governo Renzi), infatti, la perdita di 100mila giovani, che negli ultimi tempi hanno deciso di abbandonare l’Italia per cercare lavoro all’estero, non sarebbe un male. Anzi, in molti casi si tratterebbe (per il ministro) di un fatto positivo: “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata – ha dichiarato ai giornali il ministro -, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi.”.
Renzi, pausa o ritiro per il 36% degli elettori dem. Il 45% ritiene che essendo stato bocciato dal voto referendario dovrebbe lasciare definitivamente la politica.
Relativamente al nuovo governo, due italiani su tre (65%) si dichiarano insoddisfatti, contro il 27% di soddisfatti.
D’altra parte il nuovo governo nasce all’insegna della continuità con il precedente, come è stato ribadito dal presidente Gentiloni nel messaggio di insediamento alle Camere. E la sostituzione di un solo ministro del precedente esecutivo, nonostante l’ingresso di nuovi ministri, induce la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica (80%) a ritenere che i due governi siano sostanzialmente uguali, mentre solo il 6% intravvede elementi di discontinuità. Le dimissioni di Renzi, fatto di per sé piuttosto raro, non sono bastate a dare l’impressione che si sia trattato di un vero cambiamento.
«L’attivismo di Renzi per tornare al potere appartiene al campo del tragico. Senza più alcuna credibile capacità offensiva, la sua presenza al timone è la garanzia più certa del naufragio inevitabile.». il manifesto 18 dicembre 2016
Nessun leader può vincere in una contesa se la sua stessa parola, a maggior ragione dopo un abbandono così riluttante, è percepita come ingannevole. Quando il loro leader ha perso l’ethos, ovvero il carattere, l’immagine che rende rispettabile, e degna di essere seguita, una figura pubblica, i ceti politici di supporto devono prendere gli accorgimenti inevitabili: affidarsi a un altro capo per sopravvivere.
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