Con l’arrivo del cedolino dello stipendio di gennaio abbiamo avuto la conferma che la riforma dell’irpef di Draghi avvantaggia i redditi medio-alti

“I principali beneficiari della riforma fiscale sono i pensionati e i lavoratori a reddito medio-basso”, aveva garantito Draghi, durante la conferenza stampa di fine anno. A contraddirlo, però, è uno studio realizzato e pubblicato dall’Ufficio parlamentare di bilancio, che di fatto evidenzia esattamente il contrario rispetto a quanto spiegato dal presidente del Consiglio.

Tra l’altro la riforma dell’irpef ha modificato anche il bonus 100 € che continuerà ad essere erogato come prima solo a coloro che hanno un reddito fino a 15mila euro, mentre viene riconosciuto anche a chi ha un reddito complessivo compreso tra 15mila e 28mila euro ma solo in presenza di determinate condizioni. Per i lavoratori dipendenti con un reddito annuo compreso tra i 15.000 e i 28.000 euro il bonus 100 euro sarà calcolato come differenza tra imposta lorda e detrazioni spettanti, ma non potrà superare i 1.200 euro l’anno.

Se a questo aggiungiamo gli aumenti di pane, pasta, caffè, latte, formaggi, zucchero, etc. non possiamo che ringraziare questo governo dei migliori e tutti i partiti che lo appoggiano.

Concorsi. Giochi proibiti sulla pelle di 200 mila siciliani

Tratto da Buttanissima Sicilia

di Costantino Muscarà

Non può trattarsi di una semplice svista. Quanto è successo per il concorso dei Centri per l’Impiego, con l’annullamento della ‘riserva’ per i dipendenti regionali che tentavano uno scatto di carriera, è una cattiva pubblicità, l’ennesima, per questa Regione disastrata. Solo su insistenza del Cobas/Codir, e a oltre venti giorni dalla pubblicazione del bando in Gazzetta ufficiale (una settimana prima della chiusura), si è deciso di sbaraccare tutto. Modificare il bando. Prorogare i termini fino al 25 febbraio. Confezionare una fregatura per i cosiddetti interni, che sono stati esclusi pur avendo pagato (alcuni) le spese di partecipazione. I sindacati promettono battaglia e il finale di questa storia è tutto da scrivere. “Se non ci fosse un bando anche per il personale interno – minaccia il sindacato – scatterebbero azioni legali e la mobilitazione dei lavoratori contro quello che sarebbe uno scippo perpetrato nei confronti dei lavoratori”……continua a leggere

Intervista al presidente dall’Aran Antonio Naddeo che spiega le principali novità previste dal contratto del comparto Funzioni centrali appena siglato

I punti centrali del nuovo contratto per i dipendenti pubblici

Revisione dell’ordinamento professionale, regolamentazione del lavoro agile, introduzione della nuova area di elevata professionalità. Queste le principali novità previste dal contratto del comparto Funzioni centrali (Ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici) appena siglato.

Revisione dell’ordinamento professionale e area di elevata professionalità

“Dall’ultima regolazione dell’ordinamento professionale nei contratti sono passati 20 anni, mentre questo è un tema centrale per riorganizzare le amministrazioni – sottolinea Naddeo -. Con questo contratto abbiamo quindi rivisto il sistema di classificazione del personale, prevedendo un’unica posizione giuridica per ciascuna area in tutti gli ex comparti che hanno dato vita alle Funzioni centrali. Un sistema semplificato, ma allo stesso tempo flessibile e consono alle attuali necessità delle amministrazioni. C’è un nuovo sistema di progressione di carriera e un nuovo sistema di progressione economica orizzontale, in cui le quote aggiuntive di stipendio, i differenziali stipendiali, vengono decise in base a procedure selettive in cui la valutazione individuale dovrà pesare non meno del 40%. Un modo per valorizzare davvero le maggiori competenze professionali acquisite e dimostrate dai dipendenti. Abbiamo introdotto poi l’area di elevata professionalità, che possiamo paragonare all’area quadri del settore privato e che permette di individuare all’interno delle amministrazioni persone a cui affidare deleghe da parte del dirigente nella gestione di particolari settori, con un trattamento economico di tutto rispetto, mentre prima tra l’area della dirigenza di seconda fascia e l’area dei funzionari c’era un dislivello di quasi 40-50mila euro”.

Errore nei bandi di concorso. La Regione corre ai ripari. La Giunta modifica e proroga i bandi eliminando la riserva per gli interni. Ma il Cobas/Codir resta sul piede di guerra

Eliminazione della previsione delle riserva per il personale interno all’amministrazione regionale e proroga del termine per la presentazione delle istanze (la scadenza era fissata al 31 gennaio) sono le modifiche apportate dal governo Musumeci ai bandi dei concorsi per 1.170 posti e pubblicati il 29 dicembre scorso nella Gazzetta ufficiale.

Scusate, abbiamo sbagliato. Ancora una volta.

Dopo il pasticcio sul concorso per l’Arpa, annullato dopo avere celebrato la prima prova e ora al centro di un contenzioso legale, la Regione riapre i termini anche per la selezione per 1.170 dipendenti dei Centri per l’impiego: l’assessore regionale alla Funzione pubblica Marco Zambuto ha infatti ottenuto dalla giunta un rinvio del termine per la presentazione delle istanze al 25 febbraio dopo che il sindacato Cobas-Codir aveva lanciato l’allarme sulle regole previste per la partecipazione del personale interno a Palazzo d’Orléans. La modifica in corsa delle regole giunge dopo l’arrivo di decine di migliaia di domande, almeno 20mila secondo le stime preliminari della Regione.

La segnalazione era sta effettuata dal Cobas-Codir: il concorso, infatti, riservava un canale per i dipendenti interni della Regione, facendo leva su una norma che però nel frattempo era stata abrogata. Così, questa settimana, la giunta ha corretto la rotta per evitare di finire di nuovo al centro di una pioggia di ricorsi: via la corsia preferenziale per i dipendenti interni.

Il Cobas/Codir resta sul piede di guerra

Ma il Cobas/Codir annuncia battaglia, anche perché sarebbero tanti i dipendenti della Regione che avrebbero già presentato la domanda per i concorsi pagando le spese previste per la partecipazione. Adesso, nel caso in cui il governo non avviasse in parallelo ai bandi anche le procedure per i dipendenti, che ambiscono agli avanzamenti di carriera, il sindacato dei regionali annuncia «azioni legali e la mobilitazione dei lavoratori contro quello che sarebbe uno scippo perpetrato nei confronti dei lavoratori».

Falsa attestazione della presenza in servizio: il patteggiamento in sede penale legittima il licenziamento

Il patteggiamento ha efficacia di giudicato e influisce sull’esito del processo del lavoro nei confronti del dipendente assenteista e conferma pertanto la legittimità del licenziamento disciplinare. Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 20560 del 19 luglio 2021.

Il caso di specie riguarda il licenziamento disciplinare irrogato ad un pubblico dipendente che, unitamente ad altri colleghi, attestava falsamente la propria presenza in ufficio grazie all’abusivo (e reciproco) utilizzo del badge. Riformando la sentenza del Tribunale di Lodi, la Corte d’Appello di Milano aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento disciplinare irrogato dal Ministero della Giustizia nei confronti del ricorrente, già cancelliere con mansioni di capo ufficio presso il Giudice di Pace di Lodi.

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di appello, in particolare ricordando che la Corte d’Appello, contrariamente a quanto sostenuto dal dipendente licenziato, aveva facoltà di trarre dalla sentenza penale di patteggiamento elementi di valutazione sulla sussistenza del fatto e sulla sua gravità.

Qual è la differenza tra il lavoro agile nel settore pubblico e nel settore privato? Smart working, otto domande e risposte per fare chiarezza (le faq sul sito del Ministero per la Pubblica Amministrazione)

Quando è stato avviato il percorso di superamento dello smart working emergenziale nella Pubblica amministrazione?

Già il 10 marzo 2021, nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale siglato a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e i sindacati, si concordava che, “con riferimento alle prestazioni svolte a distanza (lavoro agile), occorre porsi nell’ottica del superamento della gestione emergenziale, mediante la definizione, nei futuri contratti collettivi nazionali, di una disciplina che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle Pubbliche Amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata”.

Quali sono state le tappe successive?

Il Patto del 10 marzo ha segnato l’avvio di un percorso che ha reso possibile, in pochi mesi, il raggiungimento di tre tappe importanti:
1) la prima, a fine aprile (decreto legge “proroghe” n. 56/2021, articolo 1), ha riguardato il superamento di vincoli rigidi e soglie percentuali minime per l’applicazione dello smart working nella Pubblica amministrazione;
2) la seconda, dal 15 ottobre – coerentemente con la riapertura di tutte le attività economiche, sociali e culturali del Paese grazie al progredire delle vaccinazioni e all’obbligo di green pass per tutti i 23 milioni di lavoratori pubblici, privati e autonomi – ha permesso di ripristinare il lavoro in presenza come modalità ordinaria nella Pa (Dpcm 24 settembre e Dm 8 ottobre);
3) la terza, in parallelo, ha visto il decollo delle trattative per i rinnovi contrattuali, nell’ambito dei quali, in attuazione del Patto, devono essere disciplinati gli aspetti di tutela dei diritti dei lavoratori, delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro connessi al lavoro agile (quali il diritto alla disconnessione, le fasce di contattabilità, il diritto alla formazione specifica, il diritto alla protezione dei dati personali, il regime dei permessi e delle assenze e ogni altro istituto del rapporto di lavoro e previsione contrattuale). In attesa che i nuovi contratti diventino operativi – il 21 dicembre è stata firmata la preintesa per il comparto funzioni centrali – questi aspetti sono stati anticipati per tutta la Pubblica amministrazione nelle “Linee guida in materia di lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche”, concordate con i sindacati, sulle quali è stata acquisita l’intesa in Conferenza Unificata lo scorso 16 dicembre.

Che cosa prevedono le linee guida per il lavoro agile nella Pa?

Le linee guida, secondo quanto stabilito dalla legge 81/2017, prevedono che lo svolgimento del lavoro agile è rimesso all’accordo individuale con il lavoratore, in cui vengono definiti durata, modalità e obiettivi della prestazione. Le linee guida prevedono le seguenti ulteriori condizioni per lo  smart working:
a)      l’invarianza dei servizi resi all’utenza;
b)      l’adeguata rotazione del personale autorizzato alla prestazione di lavoro agile, assicurando comunque la prevalenza per ciascun lavoratore del lavoro in presenza;
c)      l’adozione di appositi strumenti tecnologici idonei a garantire l’assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni trattati durante lo svolgimento del lavoro agile;
d)      la necessità, per l’amministrazione, della previsione di un piano di smaltimento del lavoro arretrato, ove accumulato;
e)      la fornitura di idonea dotazione tecnologica al lavoratore;
f)       il prevalente svolgimento in presenza della prestazione lavorativa dei soggetti titolari di funzioni di coordinamento e controllo, dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti;
g)      la rotazione del personale in presenza ove richiesto dalle misure di carattere sanitario;
h) il dovere di fornire al lavoratore idonea dotazione tecnologica, che garantisca la sicurezza e il divieto di ricorso all’utenza personale o domestica del dipendente, salvo i casi preventivamente verificati e autorizzati.

Come le amministrazioni pubbliche possono organizzare la rotazione dei lavoratori?

Ogni amministrazione può programmare il lavoro agile con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile. Ciò consente di prevedere l’utilizzo dello smart working con ampia flessibilità, anche modulandolo, se necessario, sulla base dell’andamento dei contagi, tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza contenuta nelle linee guida potrà essere raggiunta anche al termine della programmazione. In sintesi, ciascuna amministrazione potrà equilibrare lavoro agile e in presenza secondo le modalità organizzative più congeniali alla propria situazione, anche considerando l’andamento epidemiologico nel breve e nel medio periodo.

Qual è la disciplina di riferimento del settore privato?

Anche per il lavoro privato la legge di riferimento è la n. 81/2017, secondo cui per l’adozione dello smart working è necessario un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente che stabilisca durata, condizioni del recesso, modalità di esecuzione della prestazione, strumenti tecnologici utilizzati, nel rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore. Insieme allo stato di emergenza, però, il cui termine è stato posticipato al 31 marzo 2022, è stata prorogata la procedura semplificata per l’accesso al lavoro agile, che non prevede di allegare alcun accordo con il lavoratore e che si basa esclusivamente sulla modulistica (un template per comunicare l’elenco dei lavoratori coinvolti) e sull’applicativo informatico resi disponibili dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Non sono ammesse altre modalità per l’invio della comunicazione.

Anche nel settore privato sono state approvate linee guida per lo smart working?

Sì. Il 7 dicembre 2021 il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha raggiunto l’accordo con le parti sociali sul primo “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” nel settore privato. Il protocollo è del tutto simile alle linee guida sul lavoro agile emanate dal Dipartimento della funzione pubblica.

Qual è, adesso, la differenza fondamentale tra il lavoro agile nel settore pubblico e nel settore privato?

Fino al 31 marzo 2022, la differenza fondamentale sta nell’obbligatorietà, per il settore pubblico, dell’accordo individuale, come previsto dalla legge 81/2017, mentre nel settore privato è ancora ammessa la forma semplificata di smart working, senza necessità di accordo individuale.

Che cosa chiedono, dunque, quei sindacati e quelle forze politiche che invocano lo smart working generalizzato nella Pa?

Chi sta invocando lo smart working generalizzato nella Pubblica amministrazione non si accontenta del lavoro agile regolato, strutturato e ampiamente flessibile che è stato disegnato in maniera condivisa e partecipata in questi mesi – attraverso il confronto con i sindacati, e con l’intesa del Governo, delle Regioni, dei Comuni e delle Province – ma chiede il ritorno alla situazione del lockdown di marzo 2020. Allora, con un decreto legge, l’attività ordinaria nella Pa divenne quella in lavoro agile, ma non per tutti i dipendenti. In quella fase drammatica, una parte di lavoratori pubblici, non potendo svolgere smart working per la natura delle loro mansioni, fu costretta a ricorrere all’utilizzo di ferie e permessi pregressi, fino ad arrivare, in alcuni casi, all’esonero dal servizio, continuando a percepire la retribuzione.  Per i lavoratori dipendenti del settore privato, invece, nei casi in cui lo smart working non era possibile, si fece massiccio ricorso alla cassa integrazione. L’Italia viveva un’emergenza sanitaria caratterizzata dal dilagare di un virus sconosciuto contro il quale non esistevano vaccini. Per questo il Governo era stato costretto a chiudere tutte le attività e i servizi sull’intero territorio nazionale, tranne quelli essenziali, e a limitare la circolazione delle persone. Oggi, fortunatamente, non siamo più in lockdown e il Paese sta tenendo aperte le sue attività, grazie alla campagna vaccinale e alla strategia del green pass e del super green pass. Il lavoro agile di massa non è più giustificato e ci sono tutti gli strumenti, comprensivi di diritti e di tutele per i lavoratori e per gli utenti dei servizi pubblici, che garantiscono ampia flessibilità organizzativa alle singole amministrazioni.


Tratto da lentepubblica.it

Smart Working, una serie di documenti fanno luce su tutto ciò che occorre sapere: disponibili la Circolare per la PA, il protocollo per il lavoro privato e tutte le FAQ con domande e risposte.

Concorsi alla Regione. Sulla riserva dei posti si applica la Madia…..e si avviino subito le progressioni verticali ai sensi del D.L. 80/2021

Palermo, 20 gennaio 2022
La normativa è chiara. Il COBAS/CODIR lo ripete da mesi. Non esiste più la possibilità di riservare, in sede di concorso, una percentuale di posti ai dipendenti interni all’ente.
Le uniche due possibilità per consentire ai dipendenti di progredire in carriera sono:

  • per il triennio 2020/2022 un concorso riservato agli interni nel limite del 30% dei posti disponibili ai sensi dell’art. 22 comma 15 del d.lgs. 75/2017;
  • la procedura comparativa ai sensi del riscritto art. 52 comma 1-bis del d.lgs. 165/2001.

Relativamente a quest’ultima ipotesi, il ministro competente Renato Brunetta, in sostanza, si è ricreduto rispetto alla riforma di 12 anni fa. (Era ora!)
La platea dei dipendenti regionali è invecchiata senza avere in questi anni il giusto riconoscimento in termini di carriera e in termini economici.
A distanza di dodici anni dalla “Brunetta 1” (la riforma che ebbe il demerito di perpetrare un vero e proprio abuso ai danni del personale, bloccando gli avanzamenti di carriera, introducendo fittizie riserve in concorsi mai espletati ma assumendo, di contro, personale senza concorso in base al titolo di studio posseduto) si riapre la possibilità per i dipendenti regionali di far valere le proprie competenze e le skills acquisite nel tempo: con scatti di carriera e incrementi della retribuzione.
Dopo anni di mortificazione delle professionalità interne chiediamo con forza, quindi, al Governo di sfruttare al massimo le opportunità offerte dalla vigente normativa applicando, in sede di revisione dei bandi di concorso, la seguente “road map”: applicare la riserva prevista dall’art. 22 comma 15 del d.lgs. 75/2017 (cd. legge Madia); avviare, contemporaneamente, le procedure previste dall’art. 3 del Decreto Legge n. 80/2021 mediante l’immediata apertura delle trattative sul rinnovo contrattuale (CCRL 2019/2021) e inserire il nuovo ordinamento professionale.

Due miliardi per la formazione dei dipendenti Pa

Tratto da ItaliaOggi

Due miliardi di euro in 5 anni per «ricaricare» di formazione «le batterie» dei dipendenti pubblici. Il piano per «Ri-formare» i 3,2 milioni di lavoratori statali mettendoli nelle condizioni di essere all’altezza delle sfide del Pnrr si articolerà in due filoni. Il primo, inaugurato dal protocollo d’intesa siglato a ottobre dai ministri per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, punta ad accrescere le conoscenze e le competenze dei lavoratori pubblici agevolando, grazie alla collaborazione della Conferenza dei rettori (Crui), l’iscrizione a corsi di laurea e master presso tutte le Università italiane; il secondo prevede l’avvio di programmi formativi specifici per sostenere le riforme previste dal Pnrr.

Il piano strategico per valorizzare il capitale umano della p.a., illustrato ieri da Brunetta e Messa, parte da un dato: nel 2019 gli enti pubblici hanno speso 163,7 milioni per la formazione (dieci anni fa si spendevano 270 milioni). In media1,2 giorni di formazione l’anno. Troppo poco se si considera anche che solo il 5% dei dipendenti ha svolto corsi orientati al digitale e solo il 2,3% per acquisire competenze fondamentali. Di qui la necessità di voltare pagina, resa ancora più urgente dal Pnrr il cui successo, ha osservato Brunetta, «si gioca anche sulle persone». Non solo quelle nuove, ossia i nuovi assunti grazie allo sblocco del turnover e alle capacità assunzionali extra finanziate dal Recovery Plan, ma anche quelle che già lavorano nella pubblica amministrazione. «All’immissione di competenze dovuta ai flussi in ingresso si accompagnerà un investimento massiccio nella formazione dei dipendenti pubblici già in servizio, valorizzata nei nuovi contratti di lavoro, attraverso miglioramenti di carriera e di retribuzione, e rafforzata dal rilancio della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (Sna) e di Formez Pa», ha spiegato il numero uno di palazzo Vidoni.

Punto di partenza saranno i contratti collettivi del pubblico impiego che dovranno garantire a tutto il personale pubblico l’accesso a percorsi di formazione mirati ad accrescere le competenze professionali a cominciare da quelle informatiche. In questo senso si muove il Ccnl delle funzioni centrali (che istituisce i cosiddetti differenziali stipendi per remunerare il maggior grado di competenza ed esperienza professionale acquisito dai dipendenti) e la stessa cosa dovranno fare gli altri contratti in corso di definizione nel 2022 (sanità ed enti locali) potendo contare sulle risorse del Fondo per la formazione dei dipendenti pubblici istituito ad hoc dalla Manovra 2022 (comma 613 della legge 234/2021) con una dotazione iniziale di 50 milioni l’anno.Nella formazione dei dipendenti pubblici palazzo Vidoni potrà contare sul supporto delle università ma anche di partner privati come Tim e Microsoft. Con gli atenei, la Funzione pubblica ha sottoscritto due protocolli d’intesa per facilitare gli statali che vogliano laurearsi o conseguire una seconda laurea o un master. Con il dicastero guidato dal ministro Messa, palazzo Vidoni ha siglato un accordo lo scorso 7 ottobre a cui hanno finora aderito 40 università italiane. Un secondo accordo, con l’università Sapienza di Roma, prevede per gli statali l’iscrizione a prezzi molto vantaggiosi (un terzo del costo totale) a corsi di laurea triennale di interesse per le p.a.Tim e Microsoft metteranno a disposizione delle p.a. gratuitamente il loro catalogo sulla formazione delle competenze per l’amministrazione digitale. Si tratterà di pacchetti formativi di cultura digitale sia orizzontali (quindi basici e validi per tutti) che verticali, ossia tarati sulle esigenze delle singole amministrazioni.

Il progetto Syllabus

Il modello di riferimento per la formazione sulle competenze digitali sarà il progetto Syllabus del Dipartimento della Funzione pubblica che, organizzato in cinque aree e tre livelli di padronanza, descriverà l’insieme minimo delle conoscenze e abilità che ogni dipendente pubblico dovrà possedere. La formazione si svolgerà sulla piattaforma online del Dipartimento che consentirà di verificare le competenze di partenza e quelle in uscita. «Al dipendente verrà rilasciato un open badge che riporterà i corsi frequentati e i test superati e i dati complessivi saranno registrati in un fascicolo delle competenze, parte integrante del fascicolo del dipendente realizzato anche grazie al coinvolgimento di Sogei», , ha spiegato Marcello Fiori, Capo del Dipartimento della Funzione pubblica. Fiori ha annunciato l’avvio di un avviso pubblico, aperto fino al 31 gennaio, rivolto a tutti gli operatori di mercato che vogliano presentare proposte di formazione digitale.

Progressioni Verticali negli Enti Locali: alcuni chiarimenti e le ultime novità. Addio vincolo concorsuale: si passa alla procedura comparativa

Progressioni Verticali negli Enti Locali: alcuni chiarimenti e le ultime novità alla luce della recente normativa introdotta in materia.


Ricordiamo che  le Progressioni Verticali consistono in un percorso di sviluppo professionale, riservato ai dipendenti dell’amministrazione, che prevede il passaggio da una categoria alla categoria superiore e si attua attraverso procedure di selezione interna.

Si differenziano dalle Progressioni Economiche Orizzontali poiché queste ultime costituiscono un sistema di avanzamento all’interno della stessa area. Per i dipendenti pubblici infatti sono previste progressioni all’interno dell’area di appartenenza secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Più di preciso si tratta dell’attribuzione di uno stipendio più alto a parità di prestazioni lavorative.

Oggi ci occuperemo in particolare delle progressioni verticali legate al comparto delle Funzioni Locali, all’interno delle quali è confluito il vecchio comparto “Regioni – autonomie locali“.

Indice dei contenuti

Progressioni Verticali negli Enti Locali: come funzionano?

Per i dipendenti del comparto degli Enti Locali, come negli altri, si prevede la progressione verticale, come da disposizioni contenute nel CCNL sul sistema di classificazione professionale del personale del comparto Funzioni Locali.

Il sistema di classificazione personale del CCNL Funzioni Locali

Il sistema di classificazione è articolato in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D.

CATEGORIA A

Appartengono a questa categoria i lavoratori che svolgono attività caratterizzate da:

  • Conoscenze di tipo operativo generale acquisibile attraverso esperienza diretta sulla mansione;
  • Contenuti di tipo ausiliario rispetto a più ampi processi produttivi/amministrativi;
  • Problematiche lavorative di tipo semplice;
  • Relazioni organizzative di tipo prevalentemente interno basate su interazione tra pochi soggetti.

CATEGORIA B

Appartengono a questa categoria i lavoratori che svolgono attività caratterizzate da :

  • Buone conoscenze specialistiche ed un grado di esperienza discreto;
  • Contenuto di tipo operativo con responsabilità di risultati parziali rispetto a più ampi processi produttivi/amministrativi;
  • Discreta complessità dei problemi da affrontare e discreta ampiezza delle soluzioni possibili;
  • Relazioni organizzative interne di tipo semplice anche tra più soggetti interagenti, relazioni esterne (con altre istituzioni) di tipo indiretto e formale.
  • Relazioni con gli utenti di natura diretta.

CATEGORIA C

Appartengono a questa categoria i lavoratori che svolgono attività caratterizzate da :

  • Approfondite conoscenze mono specialistiche e un grado di esperienza pluriennale, con necessità di aggiornamento;
  • Contenuto di concetto con responsabilità di risultati relativi a specifici processi produttivi/amministrativi;
  • Media complessità dei problemi da affrontare basata su modelli esterni predefiniti e significativa ampiezza delle soluzioni possibili;
  • Relazioni organizzative interne anche di natura negoziale ed anche con posizioni organizzative al di fuori delle unità organizzative di appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) anche di tipo diretto. Relazioni con gli utenti di natura diretta, anche complesse, e negoziale.

CATEGORIA D

Appartengono a questa categoria i lavoratori che svolgono attività caratterizzate da :

  • Elevate conoscenze plurispecialistiche ed un grado di esperienza pluriennale, con frequente necessità di aggiornamento;
  • Contenuto di tipo tecnico, gestionale o direttivo con responsabilità di risultati relativi ad importanti e diversi processi produttivi/amministrativi;
  • Elevata complessità dei problemi da affrontare basata su modelli teorici non immediatamente utilizzabili ed elevata ampiezza delle soluzioni possibili;
  • Relazioni organizzative interne di natura negoziale e complessa, gestite anche tra unità organizzative diverse da quella di appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) di tipo diretto anche con rappresentanza istituzionale. Relazioni con gli utenti di natura diretta, anche complesse, e negoziale.

Fino a quanto stabilito dal d.lgs. 75/2017 all’art. 22 comma 15 si prevedevano dei percorsi di progressioni verticali da realizzare con concorsi interamente riservati agli interni.

Ma cosa è cambiato con il Decreto Reclutamento per le progressioni verticali, anche per il comparto Enti Locali?

Progressioni Verticali Enti Locali: le ultime novità

Come previsto dal d.l. 80/2021 (cosiddetto Decreto Reclutamento) viene prefigurata una procedura comparativa basata sui parametri di seguito riportati:

  • valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio;
  • assenza di provvedimenti disciplinari;
  • possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno;
  • numero e tipologia degli incarichi rivestiti.

Inoltre sono previsti percorsi di crescita per il personale della Pubblica amministrazione (quindi valido anche per il comparto Funzioni Locali) nell’ambito dei quali sono valorizzate:

  • non soltanto le conoscenze tecniche
  • ma anche le competenze di carattere trasversale (manageriale, gestionale, ecc.) che il dipendente abbia maturato nel corso della propria attività lavorativa.

Tetto alle progressioni

Inoltre, la riforma prevede l’introduzione di un tetto per le progressioni verticali non rapportato alle assunzioni delle singole categorie, ma al totale di quelle programmate.

Pertanto si adotta il seguente schema:

  • le progressioni tra le aree, cosiddette verticali, possono essere attivate nel tetto massimo del 50% dei posti che l’ente programma di coprire, senza il calcolo di tale tetto all’interno delle singole aree o categorie;
  • per gli Enti Locali in particolare viene stabilito che ci si debba riferire alle qualifiche diverse.

La riformulazione operata intende esplicitare che la nuova disciplina si applica anche alla progressione tra categorie per il personale delle amministrazioni comprese nel comparto Funzioni locali, ove il personale viene notoriamente articolato in categorie, anziché in aree.

Secondo la norma:

fatta salva una riserva di almeno il 50% delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le Aree e, negli Enti Locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi 3 anni di servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’Area, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti”.

Addio vincolo concorsuale: si passa alla procedura comparativa

Infine decade il vincolo concorsuale in favore di una procedura comparativa.

Non esiste più la possibilità di riservare, in sede di concorso, una percentuale di posti ai dipendenti interni all’ente.

Le uniche due possibilità sono quindi:

  • per il triennio 2020/2022 un concorso riservato agli interni con procedure che non possono superare il 30 per cento di quelle previste nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per ciascuna categoria (A, B, B3, C, D) come da art. 22 comma 15 del d.lgs. 75/2017;
  • il riscritto art. 52 comma 1-bis del d.lgs. 165/2001 che prevede la più “semplice” procedura comparativa.

lentepubblica.it – Progressioni Verticali negli Enti Locali: alcuni chiarimenti e le ultime novità

Concorsi alla Regione. Sulle riserve per gli interni il bando cita una legge già abrogata

Palermo, 18 gennaio 2022
Quando nel novembre 2020 l’allora assessore alla Funzione Pubblica Bernadette Grasso preannunciò l’apertura dei concorsi alla Regione il COBAS/CODIR chiese un incontro urgente per richiedere che venissero previste le procedure selettive riservate al personale interno ai sensi della legge Madia (art.22, co. 15 del D.lgs. 25 maggio 2017, n.75 come modificato dall’art.1, co. 1 ter, del D.L.30 dicembre 2019, n.162 – Decreto Milleproroghe). Suddetta norma, infatti, al fine di valorizzare e riconoscere le professionalità interne, consente, fino al 31 dicembre 2022, di espletare un concorso interno “vecchia maniera” riservando al personale interno fino al 30% dei post i disponibili in base al piano triennale dei fabbisogni.
La Giunta regionale pro-tempore, invece, con la deliberazione n. 481 del 29 ottobre 2020, inspiegabilmente, decise di avvalersi della facoltà di cui all’art. 52, comma 1-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, destinando al personale interno una riserva di posti, pari al 30 per cento di quelli messi a concorso.

Ma la differenza tra le due riserve è sostanziale!

Con la procedura indicata dalla Giunta ai sensi dell’articolo 52, comma 1-bis del decreto legislativo 165/2001, infatti, i dipendenti e i concorrenti esterni partecipano allo stesso concorso. I dipendenti regionali per accedere alla riserva, devono prima collocarsi tra gli idonei.
Con la procedura prevista ai sensi dell’art. 22 comma 15 del d.lgs. 75/2017, invece, il 30% dei posti è riservato esclusivamente agli interni (ovvero partecipano solo gli interni).

Il problema è che, nel frattempo, la legge è anche cambiata.

L’art. 3 del D.L. 80/2021 ha, infatti, riscritto interamente il comma 1-bis dell’art. 52, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (quello arbitrariamente adottato dalla Giunta di governo il 29 ottobre 2020) eliminando la riserva del 30% dei posti al personale interno. Un bando viziato, quindi, da riferimenti a leggi abrogate non reggerebbe ad un eventuale ricorso presentato da un qualsiasi candidato esterno e rischierebbe di vanificare le aspettative di miglia di dipendenti regionali che da quasi 40 anni attendono l’occasione per una progressione di carriera.
Il COBAS/CODIR chiede, pertanto, all’amministrazione, nell’interesse esclusivo dei dipendenti regionali, il ritiro in autotutela del bando e, se intende realmente procedere alla valorizzazione del personale interno, attivi quanto previsto dalla nuova norma introdotta che ha modificato il comma 1-bis dell’art. 52 del D.lgs 165/01 prevedendo progressioni fra le aree tramite procedura comparativa senza concorso.
Il COBAS/CODIR, a tutela dei lavoratori regionali e della legittimità delle procedure concorsuali, ha comunque già dato mandato ai propri legali per individuare ogni soluzione possibile qualora l’amministrazione non dovesse recedere dalle errate previsioni dei bandi di concorso pubblicati.
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Mancata attivazione dei concorsi interni alla Regione ai sensi della Madia. Il Cobas/Codir chiede un incontro all’assessore alla Funzione Pubblica

Concorsi alla Regione. Ma questo Governo non vuole valorizzare le professionalità interne

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