Relativamente al caso banche dice sì a una commissione d’inchiesta.
“Se si farà, deve essere una commissione d’inchiesta non su una banca ma sul sistema bancario degli ultimi 15 anni dove sono successe cose nel silenzio della politica. E niente processi show”. Così il premier Matteo Renzi sullo scandalo banche, aggiungendo: “Maria Elena Boschi ha detto che se il padre fosse indagato, lei non si dimetterebbe da ministro. Se chi ha il padre indagato deve dimettersi, il primo dovrei essere io”.
Renzi ha poi affrontato il tema del referendum di ottobre.
“Da aprile partirò subito per la campagna referendaria continuando certo a governare il Paese. Io non credo che sarà semplice e ho detto che se perdo non solo vado a casa ma smetto di fare politica. Non è un tentativo di trasformare il referendum in un plebiscito ma l’assunzione del un principio: c’è la responsabilità di chi governa”.
A Montecitorio via libera alla quarta lettura della legge Boschi che riscrive la Costituzione e abolisce il Senato. Costituzionalisti e società civile impegnati nella campagna referendaria. M5S: “Pd manipolo di analfabeti”.
Nelle stesse ore è iniziata di fatto la campagna referendaria del no. In una stanza di Montecitorio si sono riuniti giuristi e costituzionalisti, ma anche parlamentari che hanno spiegato perché va respinto il progetto di riforma costituzionale che il Parlamento approverà, salvo colpi di scena, entro aprile. All’appello hanno aderito anche alcune forze politiche. “Oggi il comitato per il no comincia il suo percorso pedagogico” per evitare “che il 2016 consacri la fine della Repubblica nata 70 anni fa” ha detto il giurista Domenico Gallo.
Una circolare di fine dicembre depotenzia i centri per l’impiego a vantaggio delle agenzie interinali private. Ma elimina anche l’obbligo di iscriversi alle liste di disoccupazione per ottenere i sussidi. Risultato: secondo la ricercatrice Marta Fana “si può ipotizzare che diminuirà la quota di soggetti che cercano lavoro”. Con un impatto positivo sulle rilevazioni ufficiali.
Giuliano Amato e Mario Draghi confessano come il fallimento dell’euro fosse stato ampiamente previsto e di come, nonostante fossero stati avvisati sulle difficoltà del progetto della moneta unica, siano andati avanti ugualmente.